Ma quali "Tecnici", sono solo "Professori"
Gli errori del governo sono la prova della bontà del detto: "Chi sa, fa; chi non sa insegna"
Ma quali tecnici? Nella storia della Repubblica non si sono mai visti tanti errori, refusi e svarioni nei provvedimenti di un governo. La vicenda degli “esodati” è solo un esempio, anche se il più eclatante e drammatico, per nulla isolato. Le traversie che incontrano decreti e disegni di legge messi a punto dall’esecutivo dei “professori” sono una barzelletta. O un incubo, a seconda della gravità delle conseguenze. E disorientano quanti devono poi applicare norme sbagliate, contraddittorie, inefficaci.
Talvolta il governo si è affrettato a correggere errori, imprecisioni e nodi di linguaggio. In altri casi, magistrati e operatori si sono arrangiati, all’italiana, lasciando fare le cose, ingegnandosi a far prevalere l’interpretazione concreta, finanche contraria alla lettera della norma. Assistiamo a una saga dell’incompetenza a ogni livello di governo e ministeriale. Servizi studi e uffici di Camera e Senato, che vantano professionalità e l’esperienza di decenni di attività legislativa, cercano di limitare i danni, svolgono un’opera di pronto soccorso tecnico. Riforme come quella della Sanità muoiono il giorno stesso in cui vengono annunciate, sommerse dalle critiche di chi le cose le sa, perché le fa.
Com’è potuto accadere? Semplice, perché il governo Monti non è tanto un governo di tecnici, quanto di accademici. Andate a consultare il dizionario Sabatini Coletti. L’aggettivo “tecnico” si riferisce a “un’attività specifica”, concerne “una disciplina o un’arte nella loro esecuzione pratica”, riguarda “la realizzazione pratica di progetti, l’esecuzione e il controllo di un lavoro”. Di conseguenza, il sostantivo “tecnico” è fondato sul concetto di conoscenza pratica, non teorica. Tecnico è “chi è esperto e specializzato in un determinato settore; chi ha una particolare competenza in un campo”. E si oppone a “teorico”. Questo governo di professori, ossia di “teorici”, è il contrario di un governo tecnico (con le dovute eccezioni di ministri anche importanti). Il presidente del Consiglio, Mario Monti, è un politico e un accademico (ma senza PhD, salvo smentite, cioè senza dottorato a quanto risulta da Wikipedia, dove siamo costretti a cercare il curriculum perché la sua biografia ufficiale sul sito di governo si limita a dire che Mario Monti è nato ed è stato nominato senatore a vita).
C’è un proverbio, in italiano e un po’ in tutte le lingue, che suona: “Chi sa fa, chi non sa insegna”. Qualcuno lo attribuisce a Lao-Tsu. Ma in America è opinione corrente, là non esiste attività teorica che non abbia necessarie implicazioni pratiche. In Italia, invece, il mondo accademico è considerato spesso avulso dalla realtà, tanto più autorevole quanto più arroccato nella sua torre d’avorio. Quando ne esce, non capisce neppure dove si trova. I professori nel mondo anglosassone (ma anche francese e tedesco) sono divulgatori, usano l’ironia e un linguaggio semplice per farsi capire e farsi “impiegare”. In Italia, invece, i professori parlano un gergo di casta.
In inglese si dice: “Who knows does it. Who doesn’t know teaches”. Motto parafrasato da Alwy Singer, alias Woody Allen, in “Io e Annie”: “Chi non sa fare, insegna. Chi non sa insegnare, insegna ginnastica. Quelli che neanche la ginnastica li mandavano alla mia scuola”. Ecco, quelli che “non sanno fare” (e in qualche caso “quelli che neanche la ginnastica”) li hanno mandati al governo. Ma per carità, non chiamateli tecnici.