M5S: cosa dicono i sondaggi
ANSA - MICHELE NUCCI
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M5S: cosa dicono i sondaggi

Il caso Bugani e i problemi di molte amministrazioni agitano le acque in casa 5Stelle. Ma i numeri spaventano gli avversari. A cominciare dal Pd

Le potenzialità del Movimento 5 Stelle aumentano, a leggere i sondaggi, ogni settimana. Almeno quanto i grattacapi e le beghe interne.

Il processo di trasformazione genetica che il Movimento 5 Stelle sta subendo ormai da molti mesi, comporta anche questo. Da una parte, infatti, si assiste al coagularsi intorno ad esso di fette di elettorato finora distanti (sinistra radicale e Lega) che in caso di ballottaggio alle politiche lo preferirebbero al Pd.

Dall'altra – con il tramontare di quella di Beppe Grillo - all'emergere di nuove leadership, correnti, potentati locali che stanno provocando forti malesseri e talvolta scontri anche molto violenti.

La trasformazione del Movimento 5 Stelle

Tutti i guai in casa 5 Stelle


In Emilia Romagna, per esempio, il caso Bugani sta diventando un problema a livello nazionale. Per la scelta del candidato sindaco di Bologna, i pentastellati avrebbero infatti derogato alle classiche consultazioni on line.

Con ogni probabilità, il prescelto, Massimo Bugani, da sempre fedelissimo dei capi Grillo e Casaleggio, sarà infatti catapultato sull'agone elettorale direttamente dall'alto. L'interessato fa finta che la questione non esista nemmeno, dal momento che lui è in campo già da mesi e che finora nessun'altro si è fatto avanti per proporsi come alternativa.

Ma la realtà è molto diversa e dimostra che il Movimento 5 Stelle sta diventando un partito verticistico e che la regola aurea per cui “uno vale uno” è ormai acqua passata.

Ma dimostra anche che nemmeno alle origini il Movimento 5 Stelle è mai stato davvero tanto selettivo come ha sempre voluto far credere. Se altrove basta aver avuto in tasca la tessera di un altro partito per essere esclusi da qualsiasi selezione, a Bologna, infatti, Max Bugani può passare direttamente dal via nonostante in passato si sia macchiato di una colpa altrettanto grave secondo il rigorosissimo codice deontologico dei 5Stelle: l'aver raccomandato il suo caro amico Nik il Nero (Nicola Virzì) per un posto da videomaker del Movimento a 1500 euro al mese.

A Roma, intanto, è scaduto venerdì scorso il termine per presentare le candidature a sindaco e consigliere comunale e dopo l'Epifania dovrebbe arrivare dalla Rete (qua gli attivisti vengono ancora consultati), il nome finale del prescelto per la poltrona di primo cittadino.

Si sono presentati in 233. Nei prossimi giorni saranno tutti ai raggi x per verificare che tra loro non ci siano “intrusi”. Quindi, secondo i principi grillini, indagati, condannati o esponenti e militanti di altri partiti. Tra tutti, i nomi più famosi sono quelli dei quattro consiglieri uscenti Marcello De Vito, Virginia Raggi, Daniele Frongia ed Enrico Stefàno.

Sempre meglio di Milano dove Patrizia Bedori, prescelta da 47 attivisti un mese fa per scalare Palazzo Marino, resta per la massa una perfetta sconosciuta che nessuno si sta ancora preoccupando di portare in giro per toglierle di dosso un po' d'anonimato.

Ma non c'è solo questo. Come osserva un attivista sul blog di Grillo, nemmeno tutte le verifiche incrociate del mondo possono dare la garanzia che, una volta eletti, sindaci e consiglieri pentastellati non assumano poi posizioni divergenti rispetto a quella del Movimento.

Gli esempi non mancano: da Stefano Pizzarotti, sindaco dissidente per antonomasia, ai tre consiglieri livornesi che hanno votato contro Filippo Nogarin e sono stati sospesi dal Movimento 5 Stelle o all'assessore che è stato direttamente cacciato dalla Giunta.


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Le preoccupazioni in casa Pd

Quel che è certo è che, al di là delle beghe interne, il Movimento 5 Stelle preoccupa eccome gli avversari a cominciare dal Pd. Secondo il politologo Roberto D'Alimonte, anche se è presto per dire cosa accadrà tra due anni quando in teoria si dovrebbe votare per le politiche, i grillini rappresentano oggi la forza più trasversale di tutte, il vero partito della nazione, capace di attrarre i delusi di ogni fronte, di Renzi come di Berlusconi e Salvini.

Ecco perché questa volta il Pd non vuole correre il rischio di sottovalutare gli avversari come accadde nel 2013. Anche se allora nemmeno i sondaggisti erano stati in grado di calcolare l'effettivo potenziale del Movimento sottostimandolo abbondantemente.

Invece quest'anno tutti gli istituti di ricerca demoscopica concordano nel dire che i 5Stelle sono l'unica forza che cresce mentre tutte le altre arretrano o sono stabili.

I banchetti

Così, in vista delle amministrative di giugno, lo scorso fine settimana Matteo Renzi ha sguinzagliato i suoi parlamentari in giro per i 2mila banchetti allestiti in tutta Italia. Un modello di comunicazione, basato sul contatto diretto con i cittadini, caratteristico proprio dei grillini e che, invece, i dem sembravano aver spedito in soffitta salvo riesumarlo qualche volta in concomitanza con le primarie.

È poi partita la campagna contro le amministrazioni pentastellate alle prese con rifiuti, tasse e bilanci che non quadrano. Obbiettivo: convincere gli elettori che nemmeno un sindaco a 5 stelle è in grado di fare miracoli e che, anzi, con loro alla guida le cose rischiano di finire, se possibile, ancora peggio.Intanto però, a parte Torino, Bologna e Cagliari, in nessuna delle altre tre città che contano (Roma, Napoli e Milano), i dem hanno ancora deciso su quale candidato scommettere per sventare il pericolo grillino.

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Claudia Daconto