Lo "scandalo canadese" di Agusta
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Lo "scandalo canadese" di Agusta

Dall'Ontario le ultime sulle presunti tangenti pagate dall'azienda di elicotteri italiana

Fornitura: dodici elicotteri per il servizio di elisoccorso dell’Ontario. Spesa della società canadese Ornge che se li è comprati: 144 milioni di dollari. Fornitore italiano: AgustaWestland, società del gruppo Finmeccanica all’epoca guidata da Giuseppe Orsi, attuale presidente e amministratore delegato del colosso italiano della difesa. Presunte tangenti pagate per facilitare la fornitura: 6,7 milioni di dollari.

La commissione ufficiale d’inchiesta del governo canadese ha sospeso le audizioni mercoledì scorso (i lavori riprenderanno a settembre), ma lo scandalo Agusta-Ornge in Ontario tiene ancora banco. E la frase-simbolo dello scandalo, «Are you freaking nuts?», (Sei completamente matto?), è ancora senza risposta. L’ex amministratore delegato di Ornge, Chris Mazza, fino all’ultimo si è rifiutato infatti di comparire davanti agli inquirenti, presentando certificati su certificati che attestavano "Complicazioni sulla sua salute mentale". Floridissima, invece, secondo il deputato conservatore Frank Klees, la salute delle finanze di Mazza e della sua compagna Kelly Long, che da Agusta avrebbe incassato 6,7 milioni come tangente per propiziare la fornitura di elicotteri italiani alla società di elisoccorso in Canada.

I verbali della commissione, che da mesi furoreggiano sulla stampa dell’Ontario, sono pesantissimi. Secondo l’agenzia italiana Avionews, specializzata in business del settore aeronautico, è stato Rick Potter, ex-membro dell'esecutivo di Ornge, a confermare le supposizioni degli investigatori: «Tutti i sospetti nacquero dalla vendita di 12 elicotteri prodotti dall'industria italiana all'Ornge per un valore di 144 milioni di dollari. In quell'occasione, alcune irregolarità saltarono all'occhio di Rick Potter, che iniziò una piccola indagine per suo conto».
Risultato? Secondo quanto dichiarato dallo stesso Potter alla commissione d’inchiesta, «Il brand italiano ha cercato di aumentare di 10 milioni, sotto la voce tasse addizionali, l'appalto da 144 milioni; queste tasse non erano incluse nei termini del contratto, per cui li convinsi a rinunciarvi».
«Orgogliosamente dissi poi a Mazza di essere riuscito a risparmiare i soldi dell'azienda» ha raccontato Potter agli inquirenti. Eppure, «la sua reazione fu molto fredda e riservata». Addirittura, «la settimana successiva mi disse che quei soldi extra sarebbero dovuti essere pagati lo stesso».

Come mai? Dai verbali di Potter emerge il primo sospetto dello scandalo: «Quello che dissi a Chris (Mazza), e lo parafraso per questa commissione, fu 'Sei forse un maledetto pazzo?' Are you freaking crazy?».
Non avendo risposte, l’ex membro dell’esecutivo di Ornge andò allora da Cynthia Heinz e Maria Renzella, le due responsabili dell’acquisto degli elicotteri, dicendo loro che quella «Era una pazzia (This is nuts)». Nessuna reazione, anche qui.

Potter, secondo la sua deposizione davanti agli inquirenti, a quel punto chiamò Lou Bartolotta, sales vice-president di AgustaWestland con responsabilità per il Nord America, alla sede di Philadelphia. «Cosa cavolo sta succedendo? gli chiesi. Bartolotta mi rispose: "Facciamo sempre così. Gli dissi: 'Il tuo ceo ed il tuo cfo sanno di questo?' Lui mi rispose 'Certo'».

Potter a quel tempo ancora non sapeva i dettagli di quella sospetta tangente da 6,7 milioni di dollari, ma la commissione d’inchiesta ha ormai accertato che a incassarli, insieme alla sua amica e collega Carrie Anne Brunett, è stata proprio la fidanzata di Mazza, Kelly Long. Motivazione? Ufficialmente, la AgustaWestland le avrebbe affidato uno studio di marketing sulle potenzialità del mercato per gli elicotteri da soccorso; allo studio, secondo la signora, avrebbero lavorato almeno «dieci persone per quasi due anni». Secondo il deputato Klees, invece, si tratterebbe di una semplice accozzaglia di informazioni scaricate da Google, in base alle quali AgustaWestland avrebbe avuto buon successo nelle vendite «in Arabia Saudita e in Brasile».

I tabloid canadesi non hanno dubbi: «Il revisore generale ha detto di non aver trovato alcuna evidenza di lavori che certifichino tale pagamento». E l’onorevole Klees ha ancora meno dubbi: quei 6,7 milioni erano un kickback, una spintarella. La Agusta ovviamente smentisce. Bartolotta idem. Quanto a Giuseppe Orsi, ex presidente di Agusta già alle prese in India con una storia di tangenti, avrebbe senz’altro fatto volentieri a meno dello scandalo canadese. Ma soprattutto di quel tragico: «Facciamo sempre così».

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Laura Maragnani