Riflessioni di una (forse) imputata per falsa testimonianza
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Riflessioni di una (forse) imputata per falsa testimonianza

Le considerazioni di Licia Ronzulli (europarlamentare del Pdl) che rischia assieme ad altri 31 testimoni il processo per la sua deposizione al processo Ruby

di Licia Ronzulli per Thinknews.it

L’idea che l’Italia sia in mano ad un nucleo di magistrati tanto imparziali è raccapricciante. La legge esiste per essere accolta e rispettata. Non soltanto da parte di presunti colpevoli, ma anche e soprattutto da quanti si proclamano – e per questo ricevono uno stipendio – difensori della libertà giuridica e civile. E’ evidente che la sentenza sia il frutto di un traballante sistema che non può nemmeno definirsi Legge. Lo è, infatti, una struttura che accoglie al suo interno umori di questa natura? Si può condannare un imputato sulla base di intuizioni e convinzioni? Da quando la Legge è diventata soggettiva?

Ritengo questa circostanza spiacevole per noi vittime dirette e per tutti gli Italiani che si trovano a subire la pressione di alcuni magistrati che agiscono sulla base non del Diritto scritto e riconosciuto, ma in nome di personali pareri. Infondati ed alimentati dall’antipatia umana che il personaggio di indiscusso successo umano, imprenditoriale e politico del Presidente Berlusconi è capace di generare. Questi magistrati dovrebbero imparare a lavare i panni sporchi della frustrazione umana e professionale in casa propria, non infangando la credibilità altrui. Perché è di questo che si tratta.

Quale pena può essere maggiore, più dolorosa, definitiva e perentoria del giudizio dell’opinione pubblica? Questo processo, divenuto soprattutto mediatico nella prassi, ha sostenuto la realizzazione di un pesante pre – giudizio. Ecco la gravità della circostanza. Il discredito ed il fango che ci hanno coscientemente e – sembra di poter dire premeditatamente – gettato addosso si ripercuote su di noi con pesanti conseguenze. Non serve spendere soldi pubblici e tempo per arrivare al terzo grado di giudizio ed ottenere un’ulteriore condanna. La condanna peggiore è nelle mani dell’opinione pubblica, che ci osserva e ci inchioda al muro come indiscussi colpevoli. La nostra immagine è stata compromessa. Anzi, violata e violentata gravemente, procurando ad essa danni irreparabili. Noi, ammanettati dallo sguardo delle persone, siamo quasi inermi. Quanto ci riversano addosso crea una macchia indelebile per i cui danni nessuno pagherà. Nemmeno quando la verità – quella reale, non quella supposta – si affermerà. Loro, i “garanti della giustizia” legittimano, infatti, il loro operato e le loro ipotesi dietro la maschera del diritto, ignorando – nel senso letterale ed umano del termine – le pesanti conseguenze.

Siamo, a questo punto, tutti in pericolo. Tutti intesi in primis come normali cittadini. Questo è l’aspetto che maggiormente mi preoccupa. La mancanza, ovvero, di un ambiente che sia deputato a difendere i diritti degli innocenti. Non servono armi per mietere vittime. Con la sentenza del 25 giugno il cittadino italiano è ancor più realisticamente in pericolo di vita. Perché da quel giorno è evidente che se mai si troverà dinnanzi ad una Corte, non sarà certo di subire un processo giusto. Per parte mia e di molti altri, dunque, è impossibile accettare una sentenza emessa non sulla base di prove concrete e tangibili, inesistenti in quanto il fatto non sussiste, bensì generata da opinioni ed antipatie umane e politiche. Ripeto, gli indizi – che qui sono solo idee isteriche – non sono prove.

E’ giunto il momento di arrivare ad una svolta che sia concreta ed efficace. Non si può più procrastinare la necessaria riforma della Giustizia. Appartiene all’elenco di priorità che il Governo deve porsi. Per garantire a tutti i cittadini un futuro di pace e sicurezza dai reali delinquenti. Si smetta, dunque, di intendere questa evidenza come una via di fuga per chi la propone. Non c’è nessuna volontà di evitare responsabilità, che continueremo a negare perché non esistono. E’ importante che i nemici della Democrazia smettano di nascondersi dietro sentenze mendaci ed inizino a volgersi al bene comune. Questo deve essere il nodo principale. Il bene di noi cittadini.

Mi dolgo per l’Italia, interamente vittima del massacro del 25 giugno, e provo compassione per chi non ha saputo applicare imparzialmente lo Ius, ma si è lasciato travolgere dagli umori. Confido nell’autorevolezza di uno Status che saprà – ne sono certa – considerare i dovuti provvedimenti.

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