Riforma elettorale, Berlusconi spiazza Alfano e (ri)trova l'accordo con Renzi
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Riforma elettorale, Berlusconi spiazza Alfano e (ri)trova l'accordo con Renzi

Di fronte ai veti di minoranza pd e Ndc, il Cav propone la riforma solo per la Camera. E mette all'angolo malpancisti del Pd e alfaniani

Spiazza i tanti malpancisti del Pd, ma soprattutto Angelino Alfano. La sfida lanciata da Silvio Berlusconi nel pomeriggio per evitare che la riforma della legge elettorale si impantanasse mette in difficoltà soprattutto il leader del Nuovo centrodestra che avrebbe tentato, di sponda con la minoranza pd, di non far arrivare proprio la riforma nell’aula di Montecitorio. Questo era il rischio. Il Pd era talmente diviso al proprio interno da non riuscire a fare neppure una riunione dei propri deputati in programma per la mattina. Finché intorno alle 17 è arrivata la nota con la quale Berlusconi, prendendo “atto con grave disappunto delle difficoltà del presidente del Consiglio di garantire il sostegno della sua maggioranza agli accordi pubblicamente realizzati (patto del Nazareno sull’Italicum, ndr)” dichiara la propria disponibilità a “una ragionevole soluzione”. E cioè quella di approvare una riforma elettorale valida solo per la Camera dei deputati, come prevede, dice Berlusconi, “l’emendamento 2.3”.

Si tratta della proposta del bersaniano Alfredo D’Attorre che in sostanza prevede: facciamo intanto la legge con la quale si eleggeranno i deputati, tanto il Senato deve essere abolito. La mossa spiazza il Pd che con Emanuele Fiano, altro bersaniano, si dice subito d’accordo. Ma i mal di pancia aumentano.  Quella parte del Pd che vuol boicottare l’Italicum sa bene che se dietro l’emendamento D’Attorre si scorge una filosofia attendista volta ad impedire il voto finche il Senato non sarà abolito, la proposta del Cav contiene la concreta possibilità che a votare si possa davvero andare. Tecnicamente nulla impedisce infatti che si possa eleggere la Camera con l’Italicum e il Senato a quel punto con il Consultellum, ovvero la legge proporzionale disegnata dalla sentenza della Consulta che ha bocciato il Porcellum. E se alla fine a votare si dovesse andare, magari anche l’autunno prossimo, se Matteo Renzi non resisterà alla tenaglia in cui l’hanno stretto i “centrini” minacciati dall’Italicum, a quel punto Alfano con il suo Ncd al Senato dovrà superare la soglia dell’8 per cento. Questo prevede il Consultellum. Il Nuovo centrodestra è già in affanno per le elezioni europee. Se non avrà un risultato che lo porti vicino al 7 per cento, secondo un’asticella più o meno fissata nei conversari di Palazzo, è chiaro che il suo potere di negoziazione nei confronti di Renzi ne risulterebbe assai indebolito. Certo, come ultima arma potrebbe sempre far cadere il governo. Ma sempre con il proprio consenso elettorale, al momento abbastanza limitato, dovrà fare i conti.       

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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