Le primarie Pd e il suicidio del centrodestra
Mauro Scrobogna /LaPresse
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Le primarie Pd e il suicidio del centrodestra

Dopo la novità rappresentata dal duello in tv tra Bersani e Renzi, il torvo dibattito a Porta a Porta tra Meloni, Santanché e Lupi. Un confronto impari.  I moderati ormai sono senza casa

Il 28 novembre tutti incollati al televisore per vedere il confronto all’americana fra Bersani e Renzi. Dei contenuti si parla dopo, ma resta una sensazione: il PD ha introdotto un enorme, gigantesco elemento di novità e quel fattore “P” come primarie, anche a prescindere dai contenuti, ha un impatto che mai nessun partito o alleanza politica aveva avuto prima.

Poi, subito dopo il duello interno al Pd, RaiUno ha mandato in onda Porta a Porta con alcuni esemplari del centro destra, da Lupi alla Santanché alla Meloni e insomma veniva da piangere, roba da cambiare canale subito e spararsi, anzi sparare, un colpo di pistola.

Altro effetto collaterale, ieri sera l’Italia è stata avvertita che l’unico partito da votare è il PD, ma che bisogna schierarsi con uno dei due dioscuri, il rottamatore e l’usato sicuro.

E dunque questo valore aggiunto delle primarie piddine ha modificato e più ancora modificherà in seguito il fattore comunicazione nella propaganda politica e avrà il suo pesantissimo impatto nelle urne, non c’è dubbio.

A questo punto viene da chiedersi che diavolo succede in quella cosa ormai in disfacimento che era il PdL. La tiritera la conosciamo a memoria: bisogna aspettare che Berlusconi decida che cosa vuol fare lui perché se si candida lui allora non si fanno le primarie e se si fanno le primarie esse servirebbero soltanto a legittimare Alfano visto che non c’è in lizza un concorrente della stazza di Renzi nel Pd. Però non si sa nulla, un giorno sì e l’altro no, forse, vedremo, intanto ci scomponiamo anzi ci spacchettiamo in vare componenti e liste civiche poi un giorno ci ritroveremo a festeggiare la Pasqua con le uova sode e quelle con la sorpresa. Quale sorpresa? Non credo che di questo passo ci siano molte soprese: l’area del centro destra, allo stato attuale, si sta suicidando.

Teniamo presente che l’area elettorale del centro destra è maggioritaria da sempre in Italia. E’ maggioritaria ma non sa edificare la sua casa e se ne edifica una, la butta subito giù come quella dei tre porcellini, senza neanche avere bisogno del lupo cattivo perché a destra fanno tutto da soli: si danno fuoco, si affogano, si gettano nel burrone e a tempo perso si sputano in un occhio, anzi due.

Bene, se fino a ieri sera si poteva ancora concepire un traccheggiamento, un tira a campare e speriamo bene, dalle ore 23:30 del 28 novembre è cambiato tutto. Quando i due contendenti se ne sono andati – Bersani ha fatto una gaffe girando le spalle a Renzi che lo chiamava: “Pierluigi, ciao...” prima di infliggergli uno stritolante abbraccio televisivo – è cambiata la storia della comunicazione politica. Per trovare qualcosa di simile per impatto, ma di natura del tutto diversa, forse si può tornare al giorno in cui Berlusconi firmò da Vespa il patto con gli italiani.

Anche quello fu un colpaccio mediatico di prima grandezza e gli effetti si fecero sentire nelle urne, anche se oggi quella pagina sembra non solo dimenticata, ma dimenticabile perché le diatribe interne fra Forza Italia, AN e Lega paralizzarono subito il meccanismo. Ma la comunicazione c’era ed era molto forte. Poi, il buio quasi permanente. Adesso abbiamo avuto un esempio – e seguito a non parlare qui dei contenuti che hanno visto Bersani e Renzi fortemente contrapposti su temi basilari come la politica in Medio Oriente e l’alleanza con Vendola o con Casini – di scontro politico all’americana con cronometro che non perdona, con Renzi travestito da Obama con la camicia bianca e una cravatta discutibile e Bersani travestito da Bersani che allarga le braccia e invoca sempre il buon senso, una strada la troveremo eccetera.

L’impatto è stato formidabile, l’attenzione di tutti è stata polarizzata, nei telegiornali non si parla d’altro e il PD mette all’incasso una cambiale su cui c’è scritto: la televisione di Stato invita tutti gli italiani a votare PD, salvo decidersi tra Bersani e Renzi.

Naturalmente se non accade la stessa cosa nel centro destra comunque lo si voglia chiamare, la colpa è del centro destra. E’ come la storia dei fondi europei alle regioni italiane: i fondi ci sono, ma bisogna saperseli far dare. Le primarie ci sono ma bisogna saperle fare. E, ripeto, non c’è dubbio che le primarie eventuali – anche se non i crede più nessuno – nel Pdl dovrebbero partire da zero mostrando una mezza dozzina di candidati prima della selezione. Lo faranno? No, che non lo faranno. Il Cavalier Berlusconi non ha ancora sciolto la riserva e sta in riunione continua per decidere che cosa fare, come, quando e perché. E possibile che Berlusconi decida, come molti segnali fanno pensare, di liquidare la sua creatura e tenersi un minipartito come gioiello della sua corona personale. Ciò vorrebbe dire che considera inutile battersi a questo giro e che sceglie un ruolo di pura presenza poco più che simbolica preparandosi forse a rispondere a possibili elezioni anticipate se quelle del 2013 non dovessero generare un Parlamento dalla maggioranza sicura. Può forse essere un calcolo politicamente sensato, bisogna vedere, ma resterebbe il fatto che allo stato attuale il PD ha il bastone di comando nella campagna elettorale, anche perché lo stesso Berlusconi non ha nascosto le sue simpatie per Renzi. E’ come se avesse detto: votate pure Pd, purché rafforziate Renzi che è uno dei nostri.

Questo endorsement (che potrebbe anche diventare il bacio della morte) secondo me dimostra che il Cavaliere non ha voglia di dare battaglia, contando comunque su un ruolo di ago della bilancia. Mi spiego: se Bersani come è probabile vince sia le primarie che le elezioni, è improbabile che trovi in Parlamento una maggioranza sicura dal momento che dovrebbe fare a pugni o con Casini o con Vendola o con tutti e due, senza calcolare l’incognita Grillo. Potrebbe dunque finire con una maggioranza di responsabilità simile a quella attuale, e Monti in posizione di comando, forse presidente del Consiglio della solita “strana maggioranza”.

Tutto questo riguarda la stralunata politica politicante di questa stagione e non azzardiamo pronostici. Ma il fatto storico centrale resta: il duello in televisione fra Renzi e Bersani ha cambiato la politica e chi è dentro è dentro, e chi è fuori è fuori, fine della trasmissione.

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Paolo Guzzanti