Qualche dato, vero, sulla prescrizione
Giacomo Quilici Imagoeconomica
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Qualche dato, vero, sulla prescrizione

Il governo accelera sulla riforma. Ma il fenomeno è in calo da 10 anni. E il 70,7% dei processi si estingue nelle indagini preliminari: per "colpa" dei pm

Come sempre, in campo giudiziario l’Italia legifera sull’onda di una conclamata emergenza e soprattutto delle fibrillazioni instillate nell’opinione pubblica dagli scandali. Negli ultimi tempi, è indubbio, le cronache grondano di corrotti (veri o presunti tali), e quindi che si fa? Si alza qualcuno e comincia a gridare che vanno aumentate le pene e va allungata la prescrizione. Così il governo ha annunciato prossime accelerazioni dell’iter legislativo della prescrizione, e per i reati corruttivi c’è chi punta ad allungarne la durata fino a oltre 20 anni.


Ma aumentare le pene non serve a nulla: quando mai si è frenato un reato colpendolo con una pena più severa, fosse pure la morte sulla sedia elettrica? Quanto all’allungamento della prescrizione, rischia soltanto di squilibrare ancora un sistema già scaleno. Come sempre accade in Italia, ed è questo l’aspetto forse più sgradevole della recita mediatico-giudiziaria degli ultimi giorni, realtà e finzione scenica si mescolano in maniera paradossale. Perché nessuno guarda ai dati. E così si fa soltanto indebita gazzarra.

La prescrizione non è affatto un fenomeno in aumento, come oggi sostengono troppi politici e tanti magistrati sindacalizzati. Al contrario, da una decina d’anni è in netta diminuzione. Nel 2005, infatti, i procedimenti penali estinti per prescrizione erano stati 183.224; nel 2012 erano scesi a 113.057, cioè il 38 per cento in meno. Nel 2014, l’ultimo anno per il quale il ministero della Giustizia abbia cifre aggiornate, è solo parzialmente risalita: 132.296 procedimenti estinti. In totale, negli ultimi dieci anni, i procedimenti penali prescritti sono stati 1.454.296.

Certo, non sono pochi. Si può dire anche che ogni processo penale prescritto è un fallimento per la giustizia: tutto vero. Si può fare anche di meglio, ed è vero pure questo. Ma sta di fatto che la prescrizione è tendenzialmente un dato in calo da dieci anni. E quindi la statistica assolve un presunto colpevole: perché è incontrovertibile che la legge ex Cirielli, varata il 2 dicembre 2005 dal centrodestra e da sempre sul banco degli accusati, non abbia accresciuto le prescrizioni.

Sempre al contrario di quanto sostengono molti politici e pubblici ministeri, inoltre, la prescrizione non è causata soprattutto dalle tecniche dilatorie adottate dalle difese degli imputati. A dimostrarlo è un dato tanto sorprendente quanto misconosciuto: dal 2005 al 2014 la stragrande maggioranza dei decreti di archiviazione dettati dalla prescrizione, il 70,7 per cento dei casi (!) sono stati firmati dai giudici delle indagini preliminari, quindi proprio nella fase iniziale del procedimento. E cioè quando il pm è l’unico attore processuale.

Questo significa che troppi processi penali iniziano quando è già evidente che sono destinati ad abortire ancora prima di arrivare a un rinvio a giudizio e alla successiva discussione di un tribunale. Oppure vengono fatti languire nei cassetti di una Procura della Repubblica.

Insomma, hanno un bel gridare i magistrati: più di due processi prescritti su tre finiscono così nel lungo periodo delle indagini che, di fatto, è posto dal Codice di procedura penale sotto il loro esclusivo governo.

In Italia, invece, si preferisce chiacchierare sul nulla. I magistrati gridano alla lesa indipendenza se qualcuno invoca un po’ di responsabilità civile per i loro errori e anche per i loro ritardi. E l’"obbligatorietà dell’azione penale" viene trattata come un totem. L'imprescindibile precetto costituzionale, in realtà, venne duramente criticato fin dall'inizio dai più avveduti giuristi, a partire da Pietro Calamandrei, che parlò di una "svista dei padri costituenti". E Calamandrei di certo non era un reazionario. 

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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