Lazio-gate: il giornalista è uno che, dopo, sapeva tutto prima
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
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Lazio-gate: il giornalista è uno che, dopo, sapeva tutto prima

C'è un'altra casta, meno potente di quella politica, che però non ha voluto guardare a quello che succedeva in regione: è la casta cui appartengo

Karl Kraus, il grande autore satirico austriaco, diceva "Il giornalista è uno che, dopo, sapeva tutto prima". Questo aforisma è perfetto per spiegare il caso dello scandalo Regione Lazio e i fiumi di inchiostro versati in questi giorni.  In  molti si sono, a buon diritto, chiesti: ma dov'erano i colleghi  giornalisti  che per anni hanno raccontato le vicende della Pisana (il  palazzo dove ha sede la Regione Lazio ndr)? Come mai non si sono accorti  di nulla e non hanno mai avuto la curiosità di spulciare i bilanci  della Regione?

Eppure, da quanto emerge dall inchiesta tutto era scritto nero su bianco, bastava solo andare a leggere  le carte e riportare.  C'è  voluto invece il solito intervento della magistratura e la guerra  civile all'interno del Pdl per far scoppiare il caso, non certo  un'inchiesta giornalistica vecchio stile. Spesso, ma questo forse non  è il caso dei colleghi che hanno raccontato in questi anni la politica  della regione Lazio, c'è un rapporto perverso tra il politico e il  giornalista.  Innumerevoli volte mi è capitato di testare questo  morboso rapporto ad esempio con i viaggi organizzati dalla Regione  Lombardia. Ricordo, perché ne sono un testimone diretto, di simpatiche  trasferte all' estero promosse dalla Regione guidata da Formigoni con  codazzo di giornalisti  al seguito. Viaggi in Australia, America (io  stesso seguii la delegazione della Regione Lombardia  al "Columbus Day"  di New York oramai 10 anni fa) , Giappone ecc... tutto per raccontare le res gestae del Governatore. Cose importanti, per carità, ma forse non  indispensabili.

Altro caso clamoroso di rapporto malato  politica/giornalismo è quello che riguarda i soldi che i partiti  destinano alla cosiddetta "comunicazione istituzionale". Il caso più  recente riguarda la Regione Emilia Romagna e investe anche il movimento 5  stelle di Beppe Grillo. Qualche mese fa, infatti, scoppia lo  scandalo:  per una ora di diretta tv i consiglieri grillini pagavano un  tariffario da 200 a 500 euro.  Tutto regolare, tutto fatturato, tutto  alla luce del sole, nulla quaestio, ma è chiaro che in questo modo si  crea un rapporto malato o   poco sano tra la tv  che ospita la tribuna  politica pagata e il politico di turno.

In questo modo riusciamo ad  arrivare a quella fascia di popolazione che non ha dimestichezza con la  rete – si giustifica Favia – E comunque è tutto fatto nella massima  trasparenza, rendicontato e pubblicato online sulle nostre pagine web”.

Insomma  quando c'è di mezzo denaro, politica e informazione qualche piccolo  dubbio salta sempre fuori. E noi giornalisti, sicuramente appartenenti  ad una casta meno potente di quella dei politici ma pur sempre casta,  siamo bravissimi ad indignarci per l'ingiusto provvedimento del carcere  nei confronti di Sallusti ma poco avvezzi a fare autocritica sul nostro  modo di fare la professione.  Che cosa diremmo se per caso un  giornalista economico fosse anche consulente di un fondo di  investimento? Sicuramente la cosa desterebbe scandalo e qualche  sanzione, nulla invece si dice di quei giornalisti che fanno da  consulenti nelle società pubbliche e flirtano con il potere politico.

Affamare  la bestia, mettere maggiori controlli  anche sui soldi che vengono  investiti nella cosiddetta "comunicazione istituzionale" sarebbe una  delle prime cose da fare.
Infatti, nello scandalo della Regione  Lazio, c'è ancora da scoperchiare il flusso di denaro che in questi anni  e' finito nelle tasche di molte televisioni e giornali locali per  promuovere eventi di interesse forse modesto. Certo, la sagra della  porchetta di Ariccia serve a valorizzare il territorio Laziale, forse  però se la politica non ci mettesse un euro sarebbe cosa buona e giusta.  

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David Parenzo