Lavoratrici in vendita all'asta a 1 euro. Accade alla Champion di Scandicci
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Lavoratrici in vendita all'asta a 1 euro. Accade alla Champion di Scandicci

Le dipendenti del noto marchio di abbigliamento sportivo hanno deciso il gesto per protestare contro il trasferimento a Carpi, programmato dalla multinazionale.

Una chiara provocazione, ma che lascia spazio anche all'ironia. Si sono infatti definite "Usate, ma in ottime condizioni" le lavoratrici della Champion di Scandicci, in provincia di Firenze, che hanno deciso di mettersi in vendita all'asta su eBay. E lo hanno fatto ad un prezzo simbolico: appena 1 euro. Si tratta soprattutto di donne, madri di bambini, per le quali l'azienda, nota per il suo marchio di abbigliamento sportivo, ha deciso il trasferimento a Carpi, nel modenese, dove la Champion ha deciso di insediarsi con un nuovo centro logistico. Una decisione, quella della multinazionale, che pero' mal si coniuga con le esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici della multinazionale. Da qui l'idea di un gesto eclatante e simbolico, come quello di mettersi all'asta.

L'asta e' valida fino al 19 luglio, ma con le "credenziali" delle dipendenti c'e' da giurare che in piu' di uno si sia gia' fatto avanti. Nell'insolito annuncio si legge, infatti, che la lavoratrici vantano "un'esperienza pluriennale, maturata presso primarie aziende del settore moda e sportswear, nell'ideazione, progettazione, design, prototipazione e realizzazione del prodotto finito". Naturalmente non manca la raccomandazione di rito: "Astenersi affaristi senza scrupoli, imprenditori privi di etica e morale, carrieristi tirapiedi e faccendieri". Parole dure, che la dicono lunga sulla situazione vissuta dalle dipendenti della multinazionale. "Qui in azienda lavoravamo in 60, ma dopo le decisioni unilaterali della proprieta', in 19 hanno deciso di dare le dimissioni e tra loro ci sono anche 8 madri e 2 padri" spiega una delle lavoratrici "in vendita", che preferisce rimanere anonima. In 7, invece, sono si sono gia' trasferiti a Carpi, dove la Champion ha deciso di accorpare le attivita' per ottimizzare i costi. "Noi pero' non ci stiamo a farci considerare come "costi". Abbiamo cercato di trovare una soluzione con i proprietari dell'azienda, ma non ci hanno ascoltato" aggiunge. "Siamo disperate - aggiunge una collega - Altri 20 lavoratori come noi dovranno trasferirsi a Modena tra meno di 10 giorni, a luglio, mentre per 30 e' stato deciso il licenziamento".

Una situazione difficile, dunque, che ha portato le dipendenti della Champion a mettersi all'asta, con la speranza (forse un po' remota) di trovare qualche altra azienda disposta a dare loro un lavoro a Firenze e dintorni, senza obbligarle e a fare i bagagli, con bambini e mutuo della casa al seguito.

"Ad aggravare la situazione c'e' il fatto che l'azienda non ha voluto sedersi ad un tavolo per discutere dei trasferimenti "coatti" - dice il marito di una delle dipendenti, che sta seguendo con angoscia le sorti della vicenda - tanto che per mia moglie e per le altre lavoratrici non sono stati previsti ammortizzatori sociali di sorta". Per questo i sindacati sono sul piede di guerra e si sono offerti di dare pieno sostegno a lavoratori e lavoratrici che vogliano fare causa all'azienda, che avrebbe detto no a dimissioni consensuali che permetterebbero, invece, di accedere all'indennizzo di disoccupazione. Un'eventualita' che Champion "si riserva di concedere a sua totale discrezione" spiega Chiara Liberati della Filcams Cgil, chiarendo che in questo modo le persone saranno scelte dall'azienda per accedere ad ammortizzatori sociali eventuali. Comune di Scandicci, Provincia e Regione Toscana hanno inviato una lettera aperta ai vertici della Champion per chiedere un passo indietro. Ma fino ad ora l'azienda non ha mostrato l'intenzione di dialogare o recedere dalle proprie posizioni, perche' la scelta del trasferimento - fanno sapere fonti vicine alla proprieta' - e' motivata dalla crisi che ha colpito anche il noto marchio di abbigliamento sportivo, che dunque dovrebbe scegliere se chiudere definitivamente la produzione in Italia o se concentrarla nel polo di Carpi. Certo, ora la situazione e' complicata dal terremoto, che ha reso inagibile lo stabilimento emiliano. "Quello che mi spaventa - confessa una lavoratrice della multinazionale - e' che l'azienda possa decidere o sia costretta a decidere un fermo della produzione temporaneo, fino a che la situazione post sisma non sia risolta. Il che per noi potrebbe significare stare a casa, senza sapere se n' con quali garanzie di ripresa del lavoro".

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Eleonora Lorusso