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Las Vegas: il mezzo suicidio di Donald Trump

Parlare di frode e non riconoscere una eventuale vittoria di Hillary è stato, per la stampa americana, un clamoroso autogoal del miliardario di NY

Anche nel terzo ed ultimo dibattito televisivo andato in scena ieri sera  alla University of Las Vegas, Donald Trump ha provato a fare quello che si era proposto di fare alla vigilia: trasformare il faccia a faccia in un ring, innalzando una cortina fumogena dove  contavano soltanto relativamente i contenuti specifici, e contava molto lo «show», il confronto muscolare ad uso di telecamere.

Al cittadino americano che si era piazzato davanti all'apparecchio nella speranza di capire qualcosa dei più dei programmi dei due candidati, non è rimasta che una alternativa: spegnere il tv oppure godersi uno spettacolo dove è stato persino possibile, da parte di The Donald, mettere in dubbio la correttezza della democrazia americana, candidandosi al contempo a guidarla. Una contraddizione che la stampa americana, quasi senza eccezioni, non ha mancato di sottolineare.


Mai nessun candidato si era spinto, nella storia americana, a sostenere che "Se vinco io il voto è legittimo ma se perdo è perché il sistema è truccato"

«Mai nessun candidato si era spinto, nella storia americana, a sostenere che "Se vinco io il voto è legittimo ma se perdo è perché il sistema è truccato". Era già sufficientemente riprovevole che Trump mettesse se stesso davanti al partito, ora si è spinto a mettere il suo Ego davanti alla Nazione» ha sintetizzato David Gergen, decano degli analisti della Cnn nonché storico advsor presidenziale di Nixon, Reagan e Bill Clinton.

Alla fine, secondo una rilevazione a caldo della Cnn, l'ex First Lady ha prevalso anche questa volta per il 52% degli interpellati contro il 39% del miliardario repubblicano. Un vantaggio di tredici punti, che le dovrebbe consentire di consolidare il netto vantaggio accumulato nel corso della campagna elettorale. Mettendola al contempo al riparo da sorprese e rimonte che appaiono comunque, al momento, molto difficili. Anche perché i dati sulla registrazione al voto in Florida, uno degli Swinging States già decisivo per la prima elezione di George Bush nel 2001, parlano chiaro: quando mancava solo un giorno alla chiusura delle registrazioni al voto, si erano iscritti a votare molti più elettori democratici ed indipendenti rispetto ai repubblicani. Anche se Hillary non è molto amata dal popolo americano, il voto ABT - Anything but Trump - sta, a quanto pare, funzionando.

I primi dieci minuti hanno messo in scena, inizialmente, un Trump inedito, voce bassa,  toni cauti, abito presidenziale. Gli scambi iniziali sono scivolati senza interruzioni. Dalla nomina di un giudice alla Corte suprema, dove è vacante da mesi un seggio dopo la morte di Scalia, fino al dibattito sul Secondo Emendamento, cioè il diritto alle armi, lo scontro è scivolato via senza quei picchi che invece hanno segnato l'ultima mezz'ora del faccia a faccia.


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Il punto di svolta è stato il botta e risposta sul diritto all'aborto, un tema sul quale - nel tentativo di conquistare la (diffidente) destra religiosa del GOP e accreditarsi come autentico conservatore - Trump ha assunto posizioni estreme, arrivando a sostenere che - qualora fosse eletto - cancellerebbe tutte quelle normative proabortiste approvate dai singoli Stati americani. I fendenti hanno incominciati a volare quando Trump ha promesso di «restuire i soldi dati alla criminale Fondazione Clinton da Paesi come l'Arabia Saudita e il Qatar che abusano delle donne e uccidono le donne e gli omosessuali».

Da quel momento è stato un crescendo. Su tutto. Sul muro che Trump intenderebbe costruire al confine con il Messico fino alle accuse di molestie sessuali mosse da nove donne nei confronti del miliardario, il quale ha parlato di  «macchinazione democratica» in combutta con «donne in cerca di fama». Passando per la simpatia, rivendicata da Trump, nei confronti di Vladimir Putin, accusato dall'amministrazione Obama di aver ispirato la cyberwar contro gli Stati Uniti.

I veri fuochi d'artificio - conclusi anche questa volta senza la consueta stretta di mano tra i due candidati  presidenziali - sono iniziati quando Trump ha ripetuto le accuse ai democratici di voler realizzare una frode su larga scala per impedirgli di salire alla Casa Bianca. Accuse rinverdite dalla minaccia («Ci penserò!») di non riconoscere la vittoria del suo avversario se dovesse risultare eletta. Per il Washington Post Trump ha scelto, mettendo in discussione la correttezza della democrazia, di suicidarsi. Magari ha eccitato i suoi fan. Ma negli Stati Uniti dire che le elezioni sono truccate è un inedito assoluto. Un insulto, per molti cittadini americani, alle istituzioni  alla storia americane. Per Hillary Trump è il «candidato presidenziale più pericoloso della storia degli Stati Uniti d'America»

 

EPA/RICK WILKING
Il primo dibattito fra Hillary Clinton e Donald Trump, 26 settembre 2016

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Redazione Panorama