Il nuovo corso del pontefice
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Il nuovo corso del pontefice

Principi saldi e dialogo con tutti, accoglienza per i divorziati e irregolari ma chiusura ad unione gay, aborto e eutanasia. Così sarà la Chiesa di Francesco. Lo speciale Bergoglio

Un po’ Albino Luciani («Dio è papà, più ancora è madre»), un po’ Ernesto Che Guevara («Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza »): la Chiesa della tenerezza di papa Francesco rischia di scivolare in un’icona pop. In realtà il nuovo Pontefice ha le idee molto chiare e scavando nella sua lunga carriera pastorale, da provinciale dei gesuiti ad arcivescovo di Buenos Aires, si può già prevedere come cambierà il volto della Chiesa e quali saranno le prime riforme.

In primo luogo ci sarà una grande attenzione ai sacramenti. Cresce l’indifferenza religiosa e diminuiscono, soprattutto in Europa e Nord America ma anche in America Latina, i cattolici. Di fronte a coppie irregolari, madri single, figli di genitori non battezzati, molti parroci negano i sacramenti.

Il nuovo Pontefice invece è favorevole: il «Vademecum per l’accesso ai sacramenti» che aveva predisposto quando era arcivescovo di Buenos Aires allarga le maglie. Per Bergoglio la priorità deve essere favorire la possibilità di accostarsi alla grazia di Dio da parte di chiunque la chieda. Prima viene la misericordia, poi il giudizio. Un’impostazione che potrebbe, in prospettiva, promuovere l’accoglienza dei divorziati risposati nella Chiesa, fino a concedere addirittura la possibilità, in alcune circostanze, di accostarsi alla comunione.

Non c’è da farsi illusioni invece per quanto riguarda progressi su unioni gay, aborto, contraccezione, eutanasia. Proprio su questi fronti si è consumato lo scontro tra l’ex
arcivescovo di Buenos Aires e la presidente dell’Argentina, Cristina Kirchner.

Apertura pastorale e rigore morale, fino a sfidare il potere politico, sono i due tratti caratteristici della personalità di Francesco. E non è un caso se per l’anello pescatorio abbia scelto un bozzetto preparato per Paolo VI. Papa Montini è infatti la sua figura di riferimento. In particolare l’esortazione apostolica di Paolo VI, «Evangelii nuntiandi» del 1975 che denuncia il «dramma» della nostra epoca: «La rottura tra Vangelo e cultura».

Ecco allora il programma di Francesco, ispirato alle parole di Papa Montini:
«Non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a
popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vitadell’umanità, che sono in contrasto con la parola di Dio e con il disegno della salvezza».

Il richiamo alla Chiesa dei poveri, l’appello alla custodia del Creato, il coraggio della bontà e della tenerezza, il valore della misericordia, la fratellanza: non sono solo parole a effetto, bensì concetti con i quali Francesco si prepara a scardinare un sistema di valori e di stili di vita anche ecclesiali.

La Chiesa di Jorge Mario Bergoglio sarà in dialogo permanente: non solo con i non credenti ma anche con gli altri cristiani e i fedeli di tutte le religioni. In particolare, grazie all’esperienza maturata con i cattolici di rito orientale in Argentina, Bergoglio potrebbe compiere il passo decisivo per un incontro con il patriarca ortodosso di Mosca, Kirill. Un gesto storico che, approfittando della comune devozione mariana dei due leader religiosi, potrebbe avvenire in un grande santuario mariano d’Europa, per esempio Fatima. Nel
frattempo Francesco alimenta una nuova attenzione per la religiosità popolare.

Una curia romana più snella, più trasparenza nella gestione delle finanze, un crescente coinvolgimento delle conferenze episcopali nazionali, una maggiore collegialità nelle decisioni, una lotta spietata al carrierismo: queste saranno le caratteristiche della Chiesa di Bergoglio dal punto di vista organizzativo.

Con un occhio attento al coinvolgimento dei laici e delle donne. Francesco ha in mente una Chiesa sempre più sinodale, secondo il Concilio Vaticano II, dove vescovi, sacerdoti e laici decidono insieme.
Nonostante il ritorno a una liturgia sobria ed essenziale, contestata da tradizionalisti e lefebvriani, Francesco si mette in una linea di grande continuità con Benedetto XVI. «Deus caritas est» («Dio è carità») fu la prima enciclica di Joseph Ratzinger. Bergoglio raccoglie il testimone del Papa emerito per edificare la Chiesa della carità e della misericordia. Senza temere di criticare consumismo e liberalismo selvaggio. Una Chiesa povera, insomma, ma non pauperista: rivendica la giustizia sociale ma non dimentica che l’unica vera salvezza viene da Cristo.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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