Ilva
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L'improvvisazione al potere

Dall'Ilva di Taranto alle banche, alle nomine in Rai: lo smarrimento davanti alle cronache reali del nostro Paese

Se riduciamo ogni problema di questo Paese a un derby stracittadino o, peggio, a una tenzone tra fantini che rappresentano contrade diverse, allora sì che abbiamo di che preoccuparci. Pur libero di pensarla come vuole e senza obbligo di scegliere l'uno o l'altro cavaliere, un cittadino che avesse avuto modo e tempo di leggere le ultime cronache sull'Ilva di Taranto avrebbe comunque una sensazione di smarrimento. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che è anche un importante esponente del Partito democratico, è persona abituata a non mandarle a dire.

La questione che riguarda i problemi di Taranto è una ferita aperta perché ci sono decine di persone morte, altre sono gravemente malate ed è in corso un processo in Corte d'assise per disastro ambientale con 47 imputati, oltre mille parti civilie richieste di risarcimento superioria 20 miliardi contemporaneamente a un altro procedimento avviato a Strasburgo dalla Corte europea dei diritti umani contro lo Stato italiano. Emiliano lamenta un fatto di eccezionale gravità: non aver avuto alcuna risposta dal "suo" governo. Il 29 luglio, allorché Matteo Renzi si è recato nella città pugliese con una delegazione di ministri (accolto da una durissima contestazione popolare, cioè di popolo, che dovrebbe farlo riflettere), il governatore ha affermato che "è la prima volta che riesco a parlare di Taranto alla presenza di un pezzo del governo, non c'ero mai riuscito prima".

Se a questo si aggiunge l'auspicio che ci siano da parte dell'esecutivo garbo, educazione e rispetto sull'Ilva con annesso invito a parlare la lingua della verità perché "la credibilità del governo qui non è stata del tutto stabilita", allora chiunque ha diritto di precipitare, come dire, in un angoscioso disappunto. Non bastasse tutto ciò, Emiliano ha anche avanzato un'accusa che se fosse ancora un pubblico ministero sarebbe a vostra scelta di falso, truffa, o abuso della credulità popolare: il presunto pacchetto di investimenti per 850 milioni, portato in dote dal governo a Taranto, sarebbe farlocco trattandosi di denari già annunciati e stanziati molto tempo addietro. Mi fermo qui. E sottolineo come la Corte dei conti, che ha avuto l'ardire di avanzare dubbi sul ruolo della Cassa depositi e prestiti nella vicenda Ilva, sia stata trattata come un fastidioso interlocutore dal premier con una battuta non proprio elegante (da taverna, stavo per dire). E cioè: "Cosa fa la Cassa lo decidono i soci e le leggi, non la Corte dei conti".

Potrei a questo punto affondare il coltello nella vicenda delle banche. Sappiamo tutti dei disastri in serie legati al modo come il governo ha gestito la crisi degli istituti di crediti, con l'imbarazzante balletto, ad esempio, su chi deve essere risarcito e chi no. Dopo gli stress test abbiamo appreso dal premier che il problema degli istituti di credito era stato risolto e che il governo ne menava vanto. I mercati e gli analisti (per tacere degli ultimi sviluppi giudiziari) si sono incaricati di sbugiardare l'incauto dichiaratore seriale. Altro che smarrimento, qui siamo alla neurodeliri.

Ps: tralascio volutamente di tediarvi con la vicenda Rai. Il caso degli stipendi, la letterabavaglio del direttore generale Antonio Campo Dall'Orto ai dipendenti, il vergognoso bimbum-bam sulle nomine nell'informazione, l'epurazione dei non graditi dai talk... Renzi non perde occasione per ribadire che non vuole mettere il naso nelle nomine e che ha dato carta bianca al manager. M'è venuto in mente un film di Totò (I due colonnelli) nel quale il Principe nelle vesti di un soldato italiano manda a quel paese l'ufficiale tedesco che gli ricorda di "avere carta bianca", con una battuta fulminante: "E ci si pulisca il culo!". La Rai potrebbe mandare in onda quel film. È perfetto.

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Giorgio Mulè