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ANSA/MAURIZIO DEGL INNOCENTI
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Il cappio di lei, la faccina di lui

Il caso Boschi-Etruria è un gigantesco problema politico davanti al quale Matteo Renzi ha messo in atto la "teologia della faccina"

Sgombriamo il campo da un equivoco: nel caso Maria Elena Boschi-Banca Etruria il garantismo non c'entra propriamente nulla. Giusto per mettere in fila alcune fetide espressioni tratte dal campionario utilizzato negli anni da manettari e tagliagole di sinistra per chiedere al malcapiato di farsi da parte: il nome del ministro non è citato "nelle carte" di alcuna inchiesta; la medesima non fa capolino in alcuna intercettazione; non ci sono neppure terze persone che parlano di lei al telefono attribuendole comportamenti disdicevoli.

Nel caso Boschi c'è piuttosto un gigantesco problema politico legato all'opportunità che il ministro rimanga al suo posto nel pieno di una bufera politico-giudiziaria le cui raffiche investono il padre in quanto ex alto dirigente della banca Etruria e lei stessa perché rappresentante del governo "salvatore" dell'istituto di credito, con corollario ancora irrisolto dei disastri finanziari in capo ai risparmiatori.

Se il ministro Boschi dovesse applicare coerentemente su di sé la severità che lei e Matteo Renzi ritennero di invocare in passato con forza in casi analoghi (quello degli ex ministri Annamaria Cancellierie Maurizio Lupi) sarebbe di fronte a una scelta obbligata: dimettersi. Senza se e senza ma. Per comunicarlo basterebbe un tweet di quelli che piacciono tanto a questa generazione di fenomeni: "Mi dimetto da ministro per garantire serenità e serietà al governo, grazie per la solidarietà #italiariparte #lavoltabuona".

Serenità, serietà, fiducia verso le istituzioni, principi eticomorali: scelga il ministro dove pescare tra le locuzioni usate da lei e dal premier quando costrinsero due ministri senza colpa a farsi da parte. A rinfrescare la memoria al duo Renzi-Boschi ci ha pensato Francesco Boccia, lucida e libera mente del Pd, quando ha riconosciuto che il suo partito (proprio nel caso Cancellieri) applicò lo "sciacallaggio" che oggi rimprovera alle opposizioni: "Vorrei che questo modello di sciacallaggio non tornasse più neppure nel mio partito che l'ha utilizzato col ministro Cancellieri".

Su Libero Maurizio Belpietro ha ripescato una dichiarazione di Boschi riferita ad Anna Maria Cancellieri del 16 novembre 2013: "Questa vicenda mi lascia un senso di tristezza addosso. Il problema non sono le dimissioni del ministro, è in gioco la fiducia verso le istituzioni. Io al suo posto mi sarei dimessa". Il ministro Boschi, questa è la verità, ha costruito da sola il cappio al quale vuole sottrarsi. Cerca di allontanarlo cullandosi nell'illusione che l'eccesso di prostrazione di giornali e commentatori amici possa spingere in là la bufera.

Illusa. Riguardi il video con la sua performance alla Leopolda di Firenze che, sia detto per inciso, fosse stata organizzata da un qualsiasi altro partito sarebbe stata paragonata per l'atteggiamento odioso nei confronti dei giornali che osano criticare Renzi a una Reichsparteitag e cioè a una di quelle "giornate nazionali del partito" celebrate dai nazisti a Norimberga.

La Leopolda, dunque. Il ministro Boschi era da sola sul palco. Il suo premier e padrone di casa non s'è fatto vedere accanto a lei, ha evitato con cura foto o inquadrature per i tg: nessun abbraccio pubblico, nessuna pacca sulle spalle, nessuna mano alzata al cielo. Renzi, ancora una volta, si è dimostrato il più spietato e crudele applicatore della "teologia della faccina", quella che lo fa essere presente unicamente dove non mette a rischio la sua popolarità e che gli fa sacrificare cinicamente chiunque possa fargli ombra. E infatti non ci ha messo la faccia. Ci pensi su, ministro Boschi. Poi si dimetta.

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Giorgio Mulè