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Quel che i terroristi non dicono

Imparare dagli errori del passato significa anche capire come quell'estremismo abbia portato a tragedie che non dovrebbero mai ripetersi

Sabato scorso un tratto di viale Tibaldi a Milano era in tilt per un centinaio di persone che manifestavano. Camionette della polizia, agenti in tenuta antisommossa, caschi, scudi, manganelli, traffico deviato.

Ero in auto con le mie figlie e ho abbassato il finestrino per capire che cosa stesse succedendo quando ho sentito questo slogan: "Camerata, basco nero, il tuo posto è al cimitero".

Lo si gridava nei cortei che da liceale cominciai a frequentare più di quarant'anni fa, quando ormai si era passati dall'impegno politico all'ubriacatura ideologica della rivoluzione imminente.

Ne ricordo un altro che mi fa venire i brividi quando ci penso: "Se vedi un punto nero spara a vista, o è un carabiniere o è un fascista". E va bene che c'è l'attenuante della giovane età, e va bene che da ragazzi si può essere incendiari, ma mi chiedo come fosse possibile scandire imbecillità tali senza pensare a quel che si stava dicendo.

Così dalla mia auto, mentre spiegavo questi concetti alle mie figlie di dodici e nove anni, sono stato tentato di gridare anch'io: "Ehi voi, svegliatevi". Mi ha fermato la più grande, rimproverandomi così: "Se erano gli slogan dei tuoi cortei, perché non lo possono essere di altri ragazzi oggi?". Perché il tempo non può passare invano, le ho risposto, perché bisogna imparare dagli errori del passato per far sì che non si ripetano, perché quell'estremismo ha portato a tragedie irreparabili.

Racconto questo episodio perché nei giorni scorsi in vista del quarantennale del sequestro di Aldo Moro, mi sono mosso per contattare ex brigatisti irriducibili. Ho mandato questo messaggio: c'è qualcuno di voi che finalmente riesca a dire alle nuove generazioni, in modo netto e definitivo, quanto sia sbagliata la lotta armata? Nei vostri discorsi ammettete la sconfitta con una tesi falsa e fuorviante ("c'era una guerra e noi abbiamo perso") ma non ho mai sentito alcuno arrivare a dire: "Ragazzi attenti, non fate come noi, perché le ideologie estreme possono portare a gesti estremi inaccettabili; guardateci, abbiamo buttato le nostre vite e quel che è più grave abbiamo buttato le vite di altri senza averne alcun diritto; se in una democrazia si vuole imporre il proprio punto di vista sparando si diventa semplicemente degli assassini".

Mi è stato risposto che molte autocritiche erano state fatte, che avrei dovuto leggere l'intervista di Rossana Rossanda a Mario Moretti (cosa che ho fatto), che avrei dovuto consultare alcuni libri sulla storia delle Br molto istruttivi (ho fatto anche questo) ma che nessun irriducibile era disposto a dire in modo così netto le cose che chiedevo io. Così ho deciso di non far parlare gli ex brigatisti.

Sentendo poi la terrorista Barbara Balzerani dire le bestialità che ha detto mi sono ricordato che cosa spinse definitivamente me ventenne a risvegliarmi dal sonno della ragione.

Fu un libriccino sulla impossibile trasformazione della democrazia, uno di quei testi iperideologici che andavano per la maggiore allora. In sostanza si sosteneva che per abbattere lo Stato e prendere il potere, ogni strada alternativa a quella della distruzione completa del sistema democratico andava combattuta con la stessa determinazione e con la stessa violenza; ogni mediazione, ogni idea meno radicale doveva essere eliminata.

La strada era una e una soltanto: l'annientamento del nemico con tutti i mezzi e l'annientamento di chi ostacolava questo obiettivo. Mi mancò l'aria. Per la prima volta capii lucidamente in che imbuto si voleva infilare la militanza politica, in quale vicolo cieco si spingevano migliaia di ragazzi, patetici partigiani fuori tempo massimo.

Quelle poche pagine che dovevano servire a indottrinare, ebbero su di me l'effetto opposto: mi resero ripugnanti le ideologie, mi allontanarono improvvisamente e per sempre da quel mondo, mi fecero vergognare di tante stupidaggini che ero andato dicendo, mi convinsero di come si possono sprecare la propria intelligenza e le proprie qualità.

E penso che se in auto sabato non ci fossero state le mie figlie impaurite, il grido "svegliatevi", mi sarebbe scappato.

(Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Panorama in edicola il 22 marzo)

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Raffaele Leone