Decadenza, si avvicina il voto (palese) e torna aria di crisi
La quadra di Bossi. L'indignazione della Gelmini e degli altri lealisti. La debolezza di Alfano. I dubbi sulla tenuta del governo Letta.
La quadra di Umberto Bossi (inventore peraltro del termine ormai comunemente usato nel gergo politico) sul Pdl e su Silvio Berlusconi è la seguente: “Sì, io penso che se Silvio decadrà si potrebbe aprire la crisi sul serio stavolta”. E il gruppo degli “scissionisti”, in Senato, già conteggiati in 23, non la potrebbe impedire? Gli chiede Panorama.it nel cortile di Montecitorio, in una pausa dei lavori in aula, pausa sigaro-relax.
Bossi prima fa un eloquente gesto della mano come a dire: ma chi se ne importa... e poi lapidario afferma: “Ma quanti sono poi effettivamente questi qua...gli scissionisti? E comunque Angelino Alfano poi dove va? Io so solo una cosa che i voti, quelli veri, quelli che contano, che stanno sul territorio, li ha Silvio Berlusconi”.
Parola del Senatùr che ha sempre misurato i suoi interlocutori, alleati e oavversari, sottoponendoli all’analisi “del sangue” che in politica vale di più: dimmi quanti voti hai ( non nelle aule parlamentari, ma quelli veri sul territorio, intende il presidente fondatore della Lega Nord) e ti dirò quanto conti. Bossi e non solo lui, ma anche nel Pdl l’ala considerata più vicina all’ex premier, più si avvicina il voto in aula a Palazzo Madama sulla decadenza di Berlusconi più avverte l’avvicinarsi di venti di crisi. Chiare le dichiarazioni di Sandro Bondi: se decade, basta con l’alleanza con il Pd, se Berlusconi decade, parole ripetute fino a sgolarsi a tutte le agenzie e ai giornali, a cominciare da Panorama, nel numero in edicola. E’ scattata un’altra volta l’ora della conta: “Noi vogliamo la crisi se Berlusconi decade, ma bisogna vedere quanti saranno quegli altri, insomma dobbiamo capire se sono diminuiti o meno da quei 23 che erano”, confida a Panorama,it un esponente dei lealisti.
Intanto, per il Pdl quella di martedì 15 ottobre è stata una giornata non solo di fibrillazioni interne, ma anche di una sorta di ricompattamento, almeno apparente, tra lealisti di Raffele Fitto e “scissionisti” governisti, contro la scelta del voto palese in aula da parte del Pd sulla decadenza da senatore del Cavaliere. Almeno questa è l’opinione del capogruppo del Pd Luigi Zanda, secondo il quale addirittura per Berlusconi potrebbe essere avviato un ritocco del regolamento. Sarebbe questo: se fino ad ora prevedeva il voto segreto nei voti sulle singole persone, nel caso del Cav si potrebbe istituire la formula del voto palese perché quello sul tre volte presidente del Consiglio diventerebbe un voto su tutto il Senato, se non addirittura sulla Costituzione.
“Barbarie”, si ribella il falco di rango Daniele Capezzone, presidente della commissione Finanze della Camera e capo dei diartimenti del Pdl; “Abietto”, reagisce un altro pezzo da novanta (area lealisti) come la vicecapogruppo vicario alla Camera, Mariastella Gelmini. Sulla stessa scia una sfilza di lealisti di peso come Francesco Nitto Palma, responsabile commissione Giustizia al Senato, Renata Polverini, ex governatore del Lazio e deputata, Deborah Bergamini, deputata anche lei da sempre fedelissima al Cav, e via proseguendo. Fabrizio Cicchitto, secondo il quale, se non si può andare avanti insieme è meglio che Pdl e Forza Italia si dividano, si ribella anche lui, in coerenza con le sue posizioni sull’uso della giustizia, al voto palese: “Scelta infondata”. Ma a difendere Berlusconi dalla riforma definita “contra personam” almeno fino al tardo pomeriggio, a giudicare dalla quantità di dichiarazioni battute dalle agenzie di stampa, sono soprattutto lealisti e falchi.
Il 29 ottobre il nodo se voto palese o segreto dovrà essere sciolto da una commissione ad hoc bipartisan. E il voto in aula dovrebbe slittare a questo punto a novembre. Se non come prevedono alcuni addirittura a dicembre. Quando il dibattito sulla legge di stabilità (ex Finanziaria) arriverà a un giro di boa. Ecco, secondo alcuni osservatori, quello potrebbe essere anche il giro di boa per la crisi. Che potrebbe essere aperta se nella legge Bilancio dello Stato quelle scelte contro la pressione fiscale e per la crescita ancora una volta mancheranno all’appello delle richieste di Berlusconi, e cioè colui che è il vero azionista dell’altra metà del governo di larghe intese guidato dal premier pd Enrico Letta. E’ chiaro che se crisi sarà, la ex Finanziaria verrebbe approvata comunque anche da un governo dimissionario e quindi niente esercizio provvissorio. Se gli eventuali “scissionisti” torneranno alla carica ad impedirla non si sa. Ma è chiaro pure che, come dice il Senatùr, comunque finirà “i voti li ha Berlusconi”. I sondaggi stanno a dimostrarlo.
Che riprendano a spirare venti di crisi lo conferma a sera il capogruppo Pdl al Senato, Renato Schifani: "Se il Pd continua a trattare Berlusconi così la maggioranza è a rischio".
Felicissimo sarebbe, in caso di caudta dell'esecutivo, il segretario della Lega Nord e Governatore della Lombardia, Roberto Maroni, che però disincantato a panorama.it dice: "Noi siamo all'opposizione, cosa devo dire... La caduta del governo è quello che chiediamo da mesi; ma questo per me è tutto un bluff ed alla fine, purtroppo, il governo non cadrà come è già accaduto due settimane fa..."