L'Arizona mette il veto sulla legge anti-gay
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L'Arizona mette il veto sulla legge anti-gay

La governatrice repubblicana Jan Brewer ha posto il veto ad una controversa legge che avrebbe consentito agli esercizi commerciali di rifiutarsi di fornire servizi ai gay e lesbiche, appellandosi al Primo Emendamento

La governatrice repubblicana dell’Arizona, Jan Brewer, ha infine deciso di mettere il veto su una legge che avrebbe permesso ai titolari di esercizi commerciali di rifiutare certe prestazioni che violano le loro convinzioni religiose, ad esempio guarnire una torta nuziale per un matrimonio fra persone dello stesso sesso. Le legge è stata bollata come omofoba e discriminatoria dalle associazioni per i diritti civili e da un  coro unanime di democratici e repubblicani, strano connubio in questi tempi di polarizzazione politica. Che la decisione della governatrice abbia suscitato l’entusiasmo congiunto di Hillary Clinton e John McCain e abbia strappato l’applauso convinto di Mitt Romney dovrebbe testimoniare l’assoluta irragionevolezza di una legge che avrebbe sancito la libertà di discriminare gli omosessuali.

Problema: la legge già in vigore (dal 1999) permette a negozianti e professionisti di non servire persone omosessuali o di qualunque altra categoria di persone che, con la loro condotta, violino i dettami della coscienza del negoziante in questione. L’America ha tirato un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo di discriminazione, ma in realtà nulla vieta, ad esempio, a un fotografo dell’Arizona di rifiutare un servizio fotografico a  una coppia gay, invocando il diritto all’obiezione di coscienza. Perché allora tanto rumore? Per capirlo bisogna risalire all’origine della legge sulla libertà religiosa, il Religious Freedom Restoriation Act (Rfra), firmato da Bill Clinton nel 1993 e che nel tempo è stato recepito dalla maggior parte degli stati americani.

La legge approvata serviva per fare chiarezza sul rapporto fra la libertà religiosa dei singoli e le leggi dello stato dopo una controversa sentenza della Corte suprema di qualche anno prima. Un membro di una chiesa di nativi americani era stato condannato per possesso di sostanze allucinogene illegali, e aveva denunciato il governo perché quelle sostanze, a suo dire, servivano per una funziona religiosa. Il giudice conservatore Antonin Scalia aveva decretato invalida la motivazione religiosa invocata dall’imputato: in quel caso la legge vinceva sulla libertà religiosa. Per regolamentare in modo più chiaro la questione il Congresso ne ha fatto una legge federale, il Rfra, poi recepita da molti stati, fra cui l’Arizona, e questa legge non vieta di discriminare invocando motivi religiosi. La nuova legge, quella su cui Brewer ha posto il veto, avrebbe specificato più chiaramente i confini fra legge e coscienza ora che diverse sentenze e controversie legali in giro per gli Stati Uniti rendono più labili i confini. La sentenza della Corte suprema sul matrimonio gay dell’anno scorso e l’introduzione  dell’Obamacare hanno moltiplicato i casi di conflitto, e per risolvere la questione si può procedere per via legislativa oppure lasciare che le sentenze facciano scuola. La prima via spetta ai rappresentanti del popolo, la seconda alla discrezione dei giudici, ed è proprio in virtù di questa discrezionalità che i sostenitori del matrimonio gay considerano il veto di Brewer come una vittoria: una legge precisa e inequivocabile avrebbe azzerato quella zona grigia giuridica in cui prolifera la battaglia per i nuovi diritti.

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Mattia Ferraresi