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Terra Santa: se la pace non fosse possibile?

Israele è un bellissimo Paese e Gerusalemme è meravigliosa. Ma è difficile immaginare la pace. Almeno quella che intende Papa Francesco

l'inviata de "Il Mio Papa"

Il Papa è ripartito da un solo giorno ma qui a Gerusalemme sembra non essere neanche passato. E non è solo di lui che stiamo parlando, ma soprattutto del suo messaggio di pace gridato più volte a gran voce durante i numerosi incontri con il presidente israeliano Shimon Peres e l'Autorità palestinese Benjamin Netanyahu. Abbiamo sentito con le nostre orecchie supplicare e pregare Papa Francesco per una pace duratura e serenità per le generazioni future.

 Ma forse questo può essere valido solo per ebrei e cristiani. Magari e' davvero solo questione di tempo, come spera il Santo Padre. Ma ci siamo accorti che invece con i "fratelli" musulmani il dialogo non è affatto possibile. E a nulla è valso l'abbraccio davanti al Muro Occidentale, quello che noi chiamiamo più comunemente Muro del pianto, tra Papa Bergoglio, il rabbino Abraham Skorka e lo sceicco Ombar Abboud, ex segretario generale del Centro Islamico d'Argentina.

Passando per il quartiere ebraico, a maggioranza musulmana - gli stessi che hanno fatto della Via Dolorosa che ricorda le 14 stazioni della Via Crucis, un esteso mercato all'aria aperta - la tensione è palpabile. Chiedi informazioni per recarti alla Chiesa del Santo Sepolcro, uno dei luoghi più importanti per un cristiano che si reca in pellegrinaggio in Terra Santa, e ti rispondono che è chiusa a causa delle visita del "vostro Papa": noi però sappiamo che non è affatto così visto che il Santo Padre è già ripartito per Roma.

Ma spiegarglielo serve a poco perché in ogni caso "non vale la pena di perdere tempo per quello", piuttosto, meglio visitare la moschea di Al Aqsa che è molto più imponente. Va bene. Seguiamo il consiglio del commerciante e ci rechiamo verso la spianata delle moschee: onestamente un luogo maestoso che domina dall'alto la vecchia Gerusalemme e la vista è da mozzare il fiato. Prima di accedervi però occorre svuotare le tasche da qualsiasi simbolo religioso: i rosari in legno d'ulivo acquistati come souvenir vanno lasciati fuori, per non parlare delle guide recanti simboli sacri cristiani; di Vangeli o Bibbie neanche a parlarne. Alla faccia del "dialogo" tra le religioni. L'infinito numero di poliziotti, che non abbiamo visto neanche nella residenza del presidente Peres per l'incontro con il Papa, ci fa immediatamente capire quanto sia sensibile il luogo: ad ogni angolo, sotto gli alberi d'ulivo, intorno alla moschea ci sono schieramenti di mitra, pistole automatiche, elmetti e giubbotti antiproiettile. Il tutto a "vegliare" sui numerosi gruppi di donne e uomini, rigorosamente separati, che discutendo a gran voce gridano "Allah è grande". E per capirlo non c'è bisogni di conoscere l'arabo o di avere una guida turistica al tuo fianco. Difficile pensare che mentalità così diverse possano un giorno, fors'anche lontano, coincidere.

La strada per scendere dalla spianata delle moschee ci porta di nuovo a percorrere le viuzze stracolme di negozi di souvenir e qui la differenza tra la parte ebraica e quella araba è imbarazzante: da una parte magliette dedicate al Mossad o al Krav Maga, la tecnica di difesa israeliana, dall'altra scritte con 'Free Palestine' o addirittura T-shirt che riportano il logo del motore di ricerca Google che non trova lo Stato di Israele ma solo la Palestina. Per quanto possa tutto ciò sembrare un tantino surreale, questa è invece realtà tangibile. E lo diventa ancora di più quando decidiamo di sederci a bere una bibita in uno di questi "locali" sulla strada: il proprietario, capita la nostra nazionalità, ci mostra un quotidiano in cui si dice (ma dobbiamo fidarci essendo scritto in arabo) che a causa dell'arrivo del "nostro amato Papa" in città ci sono stati scontri violenti tra musulmani e polizia. Ci mostra anche un video sul telefonino e ci dice con aria di sfida: "È tutta colpa di voi cristiani!"

Israele è un bellissimo Paese e Gerusalemme una città meravigliosa che tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita. Ma è difficile immaginare la pace. Almeno quella che intende Papa Francesco. E che vorremmo tutti noi.

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Alessia Sironi