Mohammed Dahlan: "Contro l'Isis la guerra sarà lunghissima"
JAMAL ARURI/AFP/Getty Images
News

Mohammed Dahlan: "Contro l'Isis la guerra sarà lunghissima"

Gaza e terrorismo: parla il responsabile per la sicurezza dell'Anp e delfino di Abu Mazen

"Il terrorismo vive grazie alla protezione di tanti Paesi, ma chi protegge i terroristi va punito senza esitazione". Durante la prima edizione del Mediterranean-Gulf Forum che si è tenuto a Cagliari e di fronte a decine di alti rappresentanti del mondo arabo e di quello occidentale, Mohammed Dahlan sul palco fa la parte del leone. Già ministro e consigliere per la Sicurezza dell'Autorità palestinese, Dahlan è un esperto di lotta al terrorismo e si vocifera sia in pole position per succedere al presidente Abu Mazen quando ci saranno le nuove elezioni. 

Panorama.it l'ha intervistato a margine della prima iniziativa di questo genere, che ha messo insieme esperti Nato e arabi con l'intenzione di trovare una soluzione comune a sfide globali. Inevitabilmente lo spettro dell'Isis incombe, ma non si può non parlare del caos che regna in Libia, della guerra in Siria e di quella a Kobane. Oltre all' "antica" questione israelo-palestinese, che tuttora contribuisce a incendiare l'intera area mediorientale.

Mohammed Dahlan, a che punto siete voi di Fatah nei rapporti con Hamas? 

Finora il rapporto tra Abu Mazen e Hamas ha portato alla firma di cinque accordi, ma c'è ancora molto da fare. Soprattutto dopo l'ultima guerra, Hamas ha la necessità di raggiungere un accordo con Fatah, ma quello che in realtà Hamas vuole è che qualcuno paghi i suoi dipendenti. Vogliono un governo di unità nazionale, ma, allo stesso tempo, vogliono continuare a essere responsabili della sicurezza di Gaza. Per questo non vedo la situazione ancora risolta, ma è pur sempre meglio di niente. 

Hamas ha bisogno dei soldi per pagare i suoi dipendenti, ma poi i suoi leader abitano tra Qatar e Dubai in hotel extra-lusso. Perché l'ANP dovrebbe pagare per i dipendenti di Hamas, non hanno fondi a disposizione?

E' questo il punto. Finché non ci sarà un serio governo di unità nazionale continueremo a vivere in una condizione di incertezza. La soluzione della questione palestinese ha bisogno di un governo che sia il responsabile di tutto, soprattutto della sicurezza, eliminando le brigate armate fuorilegge che attualmente ci sono a Gaza. Ci stiamo preparando alle elezioni, però se Fatah deve pagare gli stipendi di Hamas e Hamas continua a voler controllare tutto, allora non ci siamo. Credo che Hamas desideri sfruttare il rapporto di Fatah e Abu Mazen con l'Unione europe e con gli altri Paesi che sostengono la Palestina.

Il Mediterranean-Gulf Forum ha scelto di dedicare la sua prima iniziaiva alla lotta contro il terrorismo, e Hamas è un'organizzazione terroristica secondo gli Usa e l'Europa...

Non so se in Europa Hamas è considerata un'organizzazione terroristica. Sono a conoscenza di molti contatti tra gli europei e Hamas. Storicamente, nel conflitto israelo-palestinese il concetto di terrorismo è stato sempre molto labile. Ma oggi la Palestina è matura per il processo di pace e i palestinesi sono pronti per la pace, con l'intenzione di includere anche Hamas in futuro. Tuttavia, non credo che nel breve periodo il conflitto israelo-palestinese possa essere risolto senza tenere conto degli equilibri dell'intera regione.

Lei ha detto che il terrorismo oggi vive grazie a Paesi che lo proteggono e ha aggiunto che chi aiuta i terroristi deve essere punito. A quali Paesi si riferisce? 

Non sono io che posso indicare i Paesi, ma le posso dire che tante fonti in Occidente e in America indicano determinati Paesi. Facciamo un esempio: la Libia. Esiste oggi un modello di fallimento più grave di quello libico? Lì c'è Al Qaeda, ci sono brigate persino peggiori dell'Isis, ci sono i Salafiti e i Fratelli Musulmani. Tanti Paesi sono in contatto con queste organizzazioni. Se continuiamo così, come facciamo a eliminare il terrorismo? 

Parla di Paesi o di privati? 

Parlo di Paesi, che sono politicamente legittimi e che elargiscono fondi e finanziamenti ai terroristi. Vede, per natura agli arabi piace dare la colpa agli altri. Per questo solitamente diciamo: "non siamo noi, è colpa di quell'altro". Però adesso diciamo che noi siamo parte del problema e che nei paesi occidentali abbiamo trovato un partner. Anche se è una questione di categorie. Per un Paese occidentale un gruppo è terrrorista, mentre altri Paesi arabi non la pensano nello stesso modo. Basti pensare all'Iraq. L'alleanza che combatte contro il terrorismo è in disaccordo sulla Siria. Ma come si fa ad affrontare in modo efficace e unitario il terrorismo in questo modo?. Insomma, non esiste una posizione araba e internazionale chiara su cosa vogliamo. E' questo che trovo preoccupante. Le uniche unite su intenzioni e strategie sono le organizzazioni teroristiche. Quelle sono unite su tutto.

I terroristi sono uniti e hanno soldi. Dobbiamo quindi prendere atto che stanno vincendo? 

No, non stanno vincendo. La vittoria è legata all'obiettivo e loro non hanno ancora raggiunto i loro obiettivi. Personalmente, però, prevedo una lunghissima guerra, soprattutto perché non c'è una vera strategia della comunità internazionale. Il vero rischio è rappresentato da migliaia di occidentali che in questo momento sono nei campi di addestramento dei terroristi a Niraq, in Siria. Parlano lingue occidentali, hanno i vostri passaporti, vanno ad addestrarsi militarmente e poi tornano a casa. Per me è solo una questione di tempo. La comunità internazionale deve rifiutare nettamente un altro fallimento nella guerra al terrorismo, come quello che stiamo vivendo in Siria, in Iraq e in Libia. Non possiamo più permetterci di fallire. È necessario un intervento immediato.

Cosa intende per "intervento"? 

I media sono al primo posto. Ho incontrato una signora che scrive per il Guardian che abita a Londra e che difende Daash, l'Isis. Questa cosa non sta né in cielo né in terra. 

Però per la prima volta assistiamo a una unione dei paesi arabi come non si era mai vista, basti pensare all'Iran che si trova sulla stessa linea dell'Arabia Saudita...

Vero. E aggiungo che per me l'Egitto deve essere l'epicentro di tutto. Bisogna ricostruire il nazionalismo arabo sulla base della cooperazione per combattere il terrorismo. E l'Egitto è il Paese che oggi può avere un impatto sulla Libia e riuscire a far uscire uno Stato nazionale dal caos in cui è sprofondato, con un esercito nazionale a sua protezione e non alla mercé di brigate terroristiche. 

Ma in Egitto i Fratelli musulmani continuano a essere presenti, alcuni dicono anche nell'esercito

No, non nell'esercito. I Fratelli musulmani in Egitto sono dappertutto ma non nell'esercito, perché se avessero questa influenza Al Sisi non sarebbe presidente. L'esercito in Egitto ha protetto lo Stato. Certo, non rappresenta un modello brillante, però in questa situazione di caos totale in tutta l'area è necessario sancire una vera alleanza araba tra  Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Giordania. La comunità internazionale deve fortificare questi Paesi con l'obiettivo di combattere il terrorismo. L'Occidente e gli Usa non potranno  mai avere successo sulle brigate del terrorismo che sono in Libia o in Siria e in Iraq se prima non verranno fortificati gli Stati nazionali. Arabia Saudita, Emirati, Egitto e Giordania sono pronti a creare uno Stato nazionale in Libia. Ma, una guerra da lontano contro questi movimenti islamisti non serve proprio a niente. Si sa che l'Egitto combatte il terrorismo nel Sinai. E cosa fanno gli Usa? Non gli vendono più né elicotteri né aerei. Qual è la filosofia alla base di questa decisione? 

Questo discorso l'abbiamo già sentito in Iraq. Poi è stato concordato di mettere a capo del Paese Al Maliki e oggi assistiamo all'avanzata dell'Isis. Così facendo, non rischiamo di avere un Al Maliki 2 in Libia o altrove con le medesime conseguenze irachene?

Maliki ha distrutto il concetto del Paese. Gli Usa hanno sbagliato in Iraq, imponendo il loro modello senza confrontarsi con la gente del posto. Maliki è la causa della guerra etnica in Iraq, peché ha costituito un esercito etnico e non nazionale. Non è la forza di Daash che fa tremare Baghdad, ma i sunniti nel suo esercito. Gli sciiti hanno avuto paura dei loro colleghi sunniti. 

I terroristi incassano 3 milioni di dollari al giorno vendendo petrolio illegalmente. Chi lo compra? 

Per rispondere a questa importante domanda basta seguire il denaro, come si suol dire.

Non fa nomi, ma provo a leggerle nel pensiero. Sta pensando alla Turchia? 

Erdogan è la causa del problema dunque non può essere la sua soluzione. Ha la testa troppo piena di impero ottomano...

L'Isis ha cercato di reclutare membri tra i palestinesi?

Non credo. Tenga presente che Hamas è nemico dell'Isis. E la stessa cosa vale per Al Qaeda, che teme di veder cadere i suoi leader in Maghreb. E' una guerra di potere tra criminali, è una guerra per la spartizione del territorio. Isis a Gaza non c'è, lì governa Hamas.  

I più letti

avatar-icon

Anna Mazzone