Di Maio: "Renzi scenda a patti con noi. E rompa con Berlusconi"
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Di Maio: "Renzi scenda a patti con noi. E rompa con Berlusconi"

Il vicepresidente alla Camera e stella emergente del M5s, pone le sue condizioni al premier: "Fuori dal Parlamento i condannati in via definitiva e non un Senato composto dalla peggior casta"

"Il patto che proponiamo a Renzi sulla legge elettorale è semplice. Lui vuole che ci sia subito un governo che governi e noi glielo concediamo accettando la legge in funzione per i sindaci: primo turno proporzionale e ballottaggio tra i primi due classificati. In cambio chiediamo l’introduzione delle preferenze e l’esclusione dal Parlamento dei condannati con sentenza definitiva, tranne che per reati di opinione".

Luigi Di Maio, 28 anni appena compiuti, vicepresidente della Camera per il Movimento 5 stelle, è uscito trionfatore dall’incontro di Beppe Grillo con i suoi parlamentari lunedì 28 luglio.  Di Maio è il leader della ristretta ala dialogante del Movimento e si temeva fortemente un suo ridimensionamento, visto che dopo le elezioni europee il capo non ha ancora riacquistato il buonumore. Grillo l’ha invece definito "straordinario" mettendo di colpo la sordina alla ribellione che avrebbe fatto a pezzi Di Maio al primo refolo di sconfessione. "Anche noi" riconosce Di Maio "commettiamo errori e determiniamo fraintendimenti e opinioni sbagliate. Ma non è mai venuto meno il sostegno di Grillo e di Gianroberto Casaleggio. Il percorso su riforme e legge elettorale è partito insieme con loro e sarà concluso insieme".

Non c’è stata nessuna telefonata di chiarimento tra voi prima dell’incontro del 28 luglio?
No e non ce n’era bisogno. Abbiamo scritto insieme le domande a Renzi. Grillo è una persona di cui il Movimento ha grande bisogno. Non mi sarei mai buttato in questa avventura senza la convinzione di marciare insieme con quelli che hanno creato il Movimento. Quanto è successo il 28 luglio è la naturale continuazione di quello che è accaduto nell’ultimo mese e negli ultimi anni.

Non negherà che la vostra base e molti dei vostri parlamentari fossero un po’ nervosi.
Un certo nervosismo è comprensibile. Ma è dipeso in larga parte dalla lentezza di Renzi. È chiaro che se tra un "tavolo" e l’altro passano 25 giorni, qualcuno si arrabbia.

Il dialogo con la maggioranza quindi va avanti?
La lettera che il 28 luglio Renzi ha scritto a tutti i parlamentari è un segnale positivo. Ma dobbiamo vedere come intende procedere.

Il primo contrasto è sui tempi...
Noi proponiamo che la nuova legge elettorale, prima di entrare in vigore, abbia il conforto della Corte costituzionale. È evidente che se la maggioranza intende approvarla tra la prima coppia di letture e la seconda, la nostra richiesta cade.

Sono anche altri, tuttavia, i punti simbolici ai quali il M5s lega la sua battaglia.
È nota la nostra preferenza per un Senato elettivo, ma Renzi non ci sente.

Forse teme che si uccida in culla il nuovo sistema fondato su una sola Camera che fa quasi tutte le leggi.
Paura infondata. Noi abbiamo espresso più volte l’orientamento a superare il bicameralismo perfetto escludendo che il Senato voti la fiducia al governo, ma è una fissazione mediocre quella di voler portare a Palazzo Madama la classe politica più indagata d’Italia.

Lei sa che qui non si passa e reagite con l’ostruzionismo.
Ma quale ostruzionismo? Noi abbiamo presentato 200 emendamenti e sono stati respinti tutti in commissione. Possibile che non ce ne fosse uno buono? Renzi deve guardare piuttosto in casa e a chi, come Sel, è in giunta con il Pd in tutta Italia e ha presentato migliaia di emendamenti. A questo punto il problema non è se il Senato è o no elettivo, ma quello che deve o non deve fare.

Che cosa dovrebbe fare?
Rappresentare una camera di sicurezza per le questioni importanti. Per esempio dovrebbe vagliare le leggi sui diritti, oltre alle leggi di bilancio e ai trattati internazionali. E poi senza il Senato elettivo si rischia di avere una maggioranza diversa rispetto a quella della Camera.

Ma se il centrodestra accusa Renzi di volere un monocolore rosso nelle due Camere...
Adesso forse sarebbe così. Ma tra dieci anni? La verità è che la maggioranza vuole togliere troppe prerogative al Senato. Su questo punto loro sono sordi e il dialogo non si fa con i sordi.

C’è qualche proposta sulla quale la sordità di Renzi possa attenuarsi?
Cominciamo con l’abolizione dell’immunità, tranne che per le opinioni espresse in virtù del mandato parlamentare.

Non c’è il rischio di consegnare il Parlamento alla magistratura?
Oggi l’orientamento delle Camere è di non ravvisare il fumus persecutionis, perché i reati contestati sono quelli legati alla corruzione. Ma tra l’arrivo della richiesta dei magistrati e le votazioni passano un paio di mesi. Largamente sufficienti per scappare o inquinare le prove. Non capisco perché i parlamentari debbano sottrarsi alle regole valide per qualunque cittadino.

Altri punti per un possibile accordo?
Ridurre le firme per indire i referendum e le leggi di iniziativa popolare. Attivare la sfiducia successiva all’elezione come strumento di controllo. E poi c’è il problema dell’elezione del presidente della Repubblica.

Voi temete che la maggioranza se lo elegga da solo...
Se si fanno leggi elettorali molto maggioritarie, questo rischio è scontato. Noi proponiamo che si proceda sempre con la maggioranza dei due terzi.

Non si rischia la paralisi?
Sandro Pertini fu eletto al sedicesimo scrutinio. Questo significa che si possono fare salutari opere di mediazione e favorire un’intesa larga. Oggi purtroppo non è così.

Lei dice che con la vostra proposta Giorgio Napolitano non sarebbe stato eletto? (Di Maio è uomo di mediazione. Non gli va di sparare contro il capo dello Stato come quasi tutti i suoi. Deve parlare per allusioni).
Non lo so. Ma avrebbe potuto esserci un presidente che facesse sintesi dinanzi al muro contro muro che vediamo. Un presidente che avesse una certa visione di governo...

Se aveste eletto Romano Prodi lo scenario sarebbe stato diverso e voi occupereste sulle riforme il posto che oggi occupa Silvio Berlusconi.
Mi permetto di ricordare che Prodi l’ha bocciato il suo partito, il Pd. Noi avremmo voluto una figura che non appartenesse troppo alla storia politica di questo Paese. Un po’ più super partes. (Di Maio vuole ragionare, ma approfitta dell’occasione per mandare al presidente del Consiglio un paio di avvertimenti). Renzi è abituato alla legge dei sindaci. Prende il 60 per cento e minaccia: se cado io, andate tutti a casa. Adesso deve confrontarsi con la democrazia parlamentare. Modificare la Costituzione richiede passaggi delicati, stabiliti da quei padri costituenti che la sinistra invocava ripetutamente quando era Berlusconi a voler cambiare la Carta. Stiamo anche attenti a un altro passaggio: se le riforme costituzionali passano a maggioranza, c’è il rischio che vengano bocciate dal referendum confermativo che non prevede il quorum. E allora si dovrebbe ricominciare tutto daccapo.

A proposito di Berlusconi, se Renzi accettasse la vostra proposta sulle preferenze, romperebbe il Patto del Nazareno.
Francamente certe volte non capisco Forza Italia. Prima qualche apertura, poi una rigida chiusura. Eppoi, per dirla tutta, ho la sensazione che le preferenze e in genere la legge elettorale vengano usate da Berlusconi come contrappesi per altre cose.

Per esempio?
La riforma della giustizia.

Voi non la volete?
Abbiamo aperto un tavolo con il ministro Andrea Orlando per parlare del ripristino del falso in bilancio nella sua interezza. In ogni caso, la nostra legge elettorale è migliore di quella concordata al Nazareno. Noi vorremmo il doppio turno di lista, non quello delle macrocoalizioni che si mettono insieme soltanto per prendere un voto in più. Il Pd si è detto d’accordo, staremo a vedere. Non dobbiamo più consentire che si ripresentino i casi come quelli di Clemente Mastella e dello stesso Gianfranco Fini...

Lei parla di mediazioni, di tavoli, di streaming e Grillo annuncia la "guerriglia democratica" che non è esattamente un salotto di conversazione. Dunque?
Guerriglia democratica significa semplicemente far arrivare ai cittadini il massimo possibile di quel che sta succedendo in Parlamento. Far capire la contraddizione di Renzi che da un lato dice: le riforme non si sbattono in faccia all’opposizione e poi fa bocciare tutti i nostri 200 emendamenti. Questo muro contro muro ci ha fatto perdere soltanto del tempo.

Grande campagna di comunicazione e al tempo stesso volete disintossicarvi dalla televisione?
La televisione non è tossica in sé, ma rischia di diventarlo per quello che riproduce di noi. Nell’ultima campagna elettorale siamo stati troppo presenti in tv con il risultato di determinare un tifo da stadio a nostro favore o contro, senza peraltro la possibilità di approfondire i temi più seri. D’ora in poi utilizzeremo la televisione in modo chirurgico. Ci confronteremo con i cittadini sul territorio e decideremo come e quando utilizzare la televisione: per esempio, trovo molto utile che ci segua quando, come è accaduto a me in Campania, andiamo a visitare aziende in difficoltà.

A questo proposito, alcuni dicono che il governo, e il Paese, avranno un autunno difficile.
Lo penso anch’io. Renzi sta perdendo troppo tempo sulle riforme, mentre ci sono 10 milioni di poveri e 6 milioni di cittadini in povertà assoluta. A fine anno il governo dovrà fare una manovra correttiva di almeno 20-30 miliardi di euro. Il debito pubblico ha toccato il record sotto Renzi, la legge di stabilità di Enrico Letta è stata applicata soltanto al 50 per cento e non ha portato a maggiori entrate. L’aumento delle accise è stato inutile perché azzerato dalla caduta dei consumi. Meglio impegnarsi tutti insieme per superare al più presto lo scoglio delle riforme e distendere gli animi. A settembre ne avremo un gran bisogno.

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Bruno Vespa