Internet sempre più controllato in India, Brasile e Stati Uniti
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Internet sempre più controllato in India, Brasile e Stati Uniti

I peggiori dal punto di vista della tutela della libertà in rete restano Cina, Cuba, Pakistan, Iran e Siria

A dire il vero anche Uzbekistan, Vietnam ed Etiopia danno pochissime garanzie dal punto di vista della trasparenza e dell'accessibilità del traffico online, ma quello che stupisce, nel rapporto Freedom on the Net (libertà in rete) pubblicato da Freedom House, è constatare che tante democrazie occidentali, le stesse che un tempo si battevano come paladini della tutela della libertà di informazione e di espressione, abbiano fatto così tanti passi indietro. A partire dagli Stati Uniti, che tra i paesi "liberi" ha perso ben cinque punti.

In realtà, a prima vista la classifica generale non lascia sospettare che, negli ultimi dodici mesi, si siano verificati così tanti cambiamenti. Questo perché ai primi posti si sono piazzati, come al solito, Islanda, Estonia, Germania, Stati Uniti, Australia, Francia, Giappone, Ungheria, Italia e Regno Unito. Tuttavia, basta osservare i dati con un po' di attenzione in più per notare quanto, tra le nazioni indicate come "libere", la performance di Stati Uniti, Ungheria, Germania e Australia sia peggiorata. Meno cinque punti per Washington, meno quattro per Budapest, meno due per Berlino e meno uno per Canberra.  

Anche per i paesi considerati come "mediamente liberi" le cose non vanno particolarmente bene. L'India ha perso ben otto punti, Brasile e Venezuela cinque, Turchia e Sri Lanka tre, Azerbaijan, Libia e Russia due, Egitto e Messico una. Sempre peggio i fanalini di coda, con il -4 di Etiopia e Pakistan, seguito dal -2 di Siria e Vietnam, e il -1 registrato da quasi tutti gli altri.

Cosa vuol dire tutto questo? Possibile che la libertà in rete sia venuta meno un po' ovunque? Ebbene, secondo gli analisti di Freedom House l'andamento generale è, purtroppo, proprio questo. Il livello complessivo di sorveglianza è aumentato da quando la maggior parte dei paesi ha potenziato le tecnologie utilizzate per monitorare i contenuti che circolano in rete. La censura è diventata più frequente da quando sempre più nazioni sono state costrette ad approvare nuove leggi per tenere meglio sotto controllo i dibattiti che si innescano online, ed è aumentato molto anche il numero di cittadini arrestati per commenti più o meno irriverenti lasciati sui social network.

L'India, ad esempio, ha perso ben otto punti proprio perché nel 2012 sono stati registrati una serie di arresti "ingiustificati" di persone colpevoli di aver reso pubblica la loro opinione, in maniera nemmeno così sfacciata, su Twitter o Facebook. Il Brasile, invece, ne ha persi cinque per aver iniziato a cancellare una serie di video e pubblicità considerate ironiche, quindi offensive, nei confronti di alcuni leader politici. Gli Stati Uniti altri cinque a causa di Edward Snowden e il Datagate , che molti sperano resti un caso isolato. 

 

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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