Gli interessi strategici ed economici dietro la crisi in Ucraina
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Gli interessi strategici ed economici dietro la crisi in Ucraina

La "svolta" di Kiev potrebbe portare la Nato a pochi chilometri da Mosca

La rapidità con cui la Nato ha concesso al governo ucraino il pieno sostegno e  l’incremento della cooperazione militare la dice lunga su quali interessi strategici si celino dietro la crisi con Mosca con cui invece l’Alleanza Atlantica ha annunciato la “revisione” delle relazioni.  Un ulteriore elemento che induce a sospettare ampie convergenze internazionali dietro  la “rivoluzione” di piazza Maidan è rappresentato dalla notizia che il partito Patria di Yulia Timoshenko ha depositato in parlamento un disegno di legge per l’adesione dell’Ucraina alla Nato. Un’operazione singolare tenuto conto che i partiti che compongono il governo ad interim non rappresentano certo tutto il Paese ma solo le regioni occidentali.

E’ evidente che strappare l’Ucraina dall’orbita russa porterebbe ancora più a est i confini dell’Alleanza Atlantica consentendo di riposizionare armi e sensori statunitensi (come lo “scudo antimissile”) alle porte di Mosca. Uno sviluppo dall’enorme impatto geopolitico che da un lato potrebbe veder vacillare anche la Bielorussia, il cui regime è oggi l’ultimo alleato di Mosca in Europa e dall’altro minerebbe il varo dell’Unione Euroasiatica, un’area economica di libero scambio comprendente la Russia e molte repubbliche ex sovietiche che con i suoi 230 milioni di abitanti e le immense riserve di materie prime rappresenterebbe un robusto interlocutore e rivale per l’Unione europea e gli emirati del Golfo Persico.

Sul fronte economico l’Ucraina “de-russificata” diverrebbe terreno di facile conquista per Germania e Polonia, unici due Paesi della Ue con l’economia che “tira”, interessati a mettere le mani a prezzi di saldo gli importanti distretti industriali ucraini, certo obsoleti ma aggiornabili con investimenti compensati dal basso costo della manodopera qualificata. Non va inoltre dimenticato che, nonostante le difficoltà economiche del Paese, l’Ucraina costituisce un mercato di quasi 50 milioni di consumatori.  

Sul piano militare inoltre Mosca rischia di perdere le basi aeree e navali della Flotta del Mar Nero situate in Crimea e utilizzate oggi per rifornire il regime siriano di Bashar Assad e per alimentare la proiezione strategica delle forze russe nel Mediterraneo e nell’Oceano Indiano dove la Marina russa dispone di una base a Tartus (Siria) e di un approdo concesso recentemente dal governo delle Seychelles. Senza la Crimea Mosca avrebbe difficoltà a sostenere il regime siriano facilitando così il compito dei ribelli sostenuti da Stati Uniti e Arabia Saudita.

Certo nuove infrastrutture militari per rimpiazzare Sebastopoli potrebbero essere costruite nei porti russi sul Mar Nero di Sochi o Novorossysk ma questo richiederebbe anni e molti miliardi mentre il passaggio della munita base russa in Crimea alle forze della Nato porterebbe la Sesta Flotta statunitense a spadroneggiare nel “giardino di casa” della Russia.

Il “riposizionamento” politico e strategico di Kiev costituisce quindi un colpo durissimo per Mosca che, per questa ragione, cerca di ostacolarlo con tutti i mezzi inclusi la mobilitazione della comunità russa e filo-russa e con il presidio militare della Penisola di Crimea dove il referendum del 16 marzo costituirà con ogni probabilità la base per la  secessione dall’Ucraina e la successiva adesione alla Federazione Russa.    

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Gianandrea Gaiani