Intercettazioni: Berlusconi "Io penso che..."
Intervistato dal "Foglio" Silvio Berlusconi rigetta le accuse di manovre contro Napolitano: "sono uomo di stato e patriota" e difende Panorama
“Ho un rapporto consolidato e leale con il presidente Napolitano. Lo sanno tutti. Al mio primo discorso parlamentare da premier, nel 1994, la sua replica di capogruppo alla Camera fu tanto civile, in mezzo a quelle simulazioni di guerra che caratterizzavano la faziosità della sinistra, che mi alzai dal banco del governo e lo raggiunsi in aula per una stretta di mano. Considero il capo dello stato un impeccabile servitore della Repubblica. Ed è per questo, aggiungo, che in questi mesi tormentati il Quirinale è stato oggetto di attenzioni speciali e tentativi di condizionamento impropri, e brutali, ai quali sono completamente estraneo, dei quali sono un avversario deciso. La frittata non è rovesciabile”.
Poi, parlando delle accuse a Panorama per l’inchiesta sulle intercettazioni a Napolitano: “Viene da ridere, e anche un po’ da piangere. Mondadori è un grande editore, Panorama è il primo newsmagazine italiano, è tutta gente che fa il suo mestiere. Il bue che avvilisce sistematicamente l’informazione a strumento di una malagiustizia e di una malapolitica dà del cornuto all’asino. La giusta decisione di sollevare conflitto di attribuzione presso la Corte costituzionale non riguarda il settimanale mondadoriano, ma i comportamenti di una procura della Repubblica e i suoi portavoce a mezzo stampa, che oltre tutto per evidenti ragioni di piccola politica adesso litigano tra loro. I cittadini non sono stupidi, certe cose le capiscono al volo”.
E ancora: “Non gioisco per il fatto che questo metodo è arrivato, per calcoli politici precisi e direi di bassa lega, a lambire la massima istituzione dello stato. Anzi, proprio per evitare manovre torbide e destabilizzanti, italiane e internazionali, nell’interesse di un’Italia che amo e ho sempre amato, ho contribuito in modo determinante, nello scorso mese di novembre, al varo di un’operazione di emergenza imperniata sul governo del senatore Mario Monti e della sua compagine tecnica. Ritengo di essermi comportato da uomo di stato e da patriota”.
Infine, sulle rivelazioni uscite sulla Stampa per bocca dell’ambasciatore di carriera appena scomparso, Reginald Bartholomew sui rapporti tra Antonio Di Pietro e gli Stati Uniti negli anni di Tangentopoli: “La democrazia dei processi politicamente e faziosamente orientati è il principale ostacolo, e da molti anni, al libero dispiegarsi di una democrazia civile, fattiva, capace di affrontare i veri problemi della Repubblica. Senza una radicale riforma della giustizia l’Italia non si salva, questo lo sanno bene sia gli americani sia gli italiani nella loro assoluta maggioranza. . Quanto alle piccole trame consolari di un magistrato voglioso di riconoscimento politico, niente mi può sorprendere”.