Strage di Bologna
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E se la strage di Bologna non fosse "nera"?

L'ex giudice Priore rilancia la pista palestinese per gli 85 morti del 2 agosto 1981. L'ipotesi: una vendetta del Fplp per la violazione del "Lodo Moro"

E se la strage di Bologna del 2 agosto 1980, con i suoi 85 morti la peggiore nella storia d’Italia, non fosse "nera"?

L’interrogativo, a 22 anni dalla condanna definitiva dei due neofascisti romani Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, parrà ozioso a chi crede che giustizia sia stata fatta.


I dubbi irrisolti

Eppure molti dubbi sono e restano evidentemente irrisolti. Il principale riguarda un retroscena sempre negato dai magistrati bolognesi, ma ogni giorno più esplorato e concreto: la possibilità che la strage sia nata come ritorsione del terrorismo palestinese per la violazione di un accordo segreto da parte dello Stato italiano.

Soprattutto di quell’accordo e delle sue oscene propaggini tratta un libro interessantissimo e documentato all'inverosimile: I segreti di Bologna (Chiarelettere, 274 pagine, 16 euro), scritto dall’ex giudice Rosario Priore e dall'avvocato Valerio Cutonilli.

L'accordo ha un nome, "Lodo Moro", e consiste in un patto di non belligeranza stretto nel 1973 fra il governo di Mariano Rumor, il cui ministro degli Esteri era Aldo Moro, e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), attraverso gli uffici di Stefano Giovannone, importante funzionario dei nostri servizi segreti di stanza a Beirut, e grande esperto del Medio Oriente.

Il lodo Moro prevedeva che nessun attentato da parte palestinese potesse aver luogo in Italia, in cambio della piena libertà di movimento (armato) per quei sanguinari terroristi islamici ante-litteram.

- LEGGI QUI: Il lodo Moro, i misteri

Perché Bologna

E Bologna che cosa c'entra? Secondo Priore, la causa scatenante della strage potrebbe essere proprio l’arresto di tre militanti della sinistra eversiva a Ortona, in Abruzzo, fermati nel dicembre 1979 dai carabinieri insieme con un alto rappresentante del Fplp in Italia, Saleh Abu Anzeh (significativamente residente a Bologna).

I quattro finiscono in manette perché trasportano con un furgoncino alcuni missili terra-aria made in Urss.

Bisogna anche ricordare che in Italia, alla fine del 1979, un’era politica è appena finita: ai governi della "solidarietà nazionale" Dc-Pci, filopalestinesi, è succeduto il primo esecutivo di Francesco Cossiga, filoamericano. Così anche il Lodo Moro scricchiola.

Priore e Cutonilli ipotizzano che in quel momento gli stessi servizi segreti italiani si dividano in due: i filopalestinesi da una parte, con Giovannone; e i "legalitari" filo-occidentali dall'altra (sostenuti dai carabinieri del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, non per nulla autori dell'arresto di Ortona).

A Chieti, nel gennaio 1980, i quattro presunti terroristi vengono processati per direttissima e condannati a 7 anni di reclusione. Il 2 luglio inizia il processo d’appello. Gli imputati si aspettano di uscire subito di cella, approfittando della maggiore visibilità tipica di un processo di secondo grado, esattamente com'è già accaduto in passato per molti loro colleghi, ma invece l’udienza viene rinviata a ottobre.

È il segno del tradimento del Lodo Moro. Esattamente un mese dopo arriva la bomba in stazione.

La situazione, oggi

In un’appendice più recente del processo, nel 2014, la Procura di Bologna ha negato l’esistenza del Lodo.

Oggi, invece, anche il generale Mario Mori, dal 2001 al 2008 capo del Sisde, scrive nel suo libro Oltre il terrorismo (editore Servizi e segreti, 255 pagine, 19,90 euro) di essere certo che l’accordo sia esistito. "Io mi stupisco lo si possa ancora mettere in dubbio" dice a PanoramaGuido Salvini, giudice istruttore di tanti processi sull’eversione nera, a partire da Piazza Fontana.

Il Senato, all’unanimità, il 6 aprile 2017 ha chiesto al governo di abolire il segreto di Stato dalle carte relative al rapimento Moro. Lì dentro del Lodo segreto del 1973 si parla, eccome. Ma nessuno finora ha reagito. Qualcuno risponderà mai alla richiesta di verità?

ANSA

I fiori portati dai cittadini davanti alla carrozza dell'Adria Express dopo la strage di Bologna del 2 agosto 1980

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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