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Sentenza Olivetti: tutti assolti in appello

Scagonati i 13 imputati, tra cui Carlo e Franco De Benedetti, nel processo penale per le morti da cancro fra gli ex dipendenti tra 2008 e 2016

Tutti assolti, a sorpresa. Carlo e Franco De Benedetti, insieme ad altri 11 imputati nel processo penale per le morti da cancro registrate tra 2008 e 2016 fra gli ex dipendenti della Olivetti di Ivrea e Scarmagno, sono stati tutti scagionati dalla Corte d'appello di Torino. La giuria li ha assolti con formula piena: ?perché il fatto non sussiste?.

Nel 2016, in primo grado, il Tribunale di Ivrea aveva pronunciato 13 condanne, le più alte delle quali (5 anni e 2 mesi di reclusione) proprio per i fratelli De Benedetti, in quanto erano stati rispettivamente presidente e vicepresidente del gruppo con le funzioni di amministratori delegati. Corrado Passera, l'ex ministro del governo Monti che in Olivetti era stato amministratore delegato, era stato condannato in primo grado a 1 anno e 11 mesi.
Altri dieci imputati, tutti ex dirigenti dell'azienda fondata da Camillo Olivetti, erano stati condannati a pene più leggere.

Bisognerà attendere le motivazioni della sentenza per capire che cosa abbia fatto cadere il castello accusatorio. La Procura generale di Torino si dice attendista: ?Se c'è il modo di impugnare la sentenza, lo faremo?, ha annunciato il sostituto procuratore Carlo Maria Pellicano.

Cosa può aver motivato l'appello

Il 21 febbraio scorso, al termine delle udienze del procedimento di secondo grado, i pubblici ministeri avevano chiesto la conferma della sentenza del Tribunale, sia pure con riduzioni nelle pene per i due principali imputati, Franco e Carlo De Benedetti: per due casi di morte contestati loro, infatti, era nel frattempo scattata la prescrizione del reato. Nessuna richiesta di variazione, invece, era stata avanzata per Passera.

?Aspettiamo con ansia di poter leggere la sentenza che, secondo noi, merita di essere radicalmente rivista dalla Cassazione?, ha dichiarato Laura D'Amico, legale della Fiom-Cgil e dell'Associazione familiari delle vittime dell'amianto, che si erano costituiti come parti civili nel processo.

È possibile che, anche in questo caso, siano stati considerati insormontabili gli stessi ostacoli incontrati negli ultimi anni da una serie di procedimenti penali in materia di morti da amianto. Gli ostacoli sono sempre stati due: i dirigenti delle aziende incriminate sostenevano (creduti) di nulla sapere sugli effetti devastanti della sostanza, e i medici legali non riuscivano a collocare nel tempo il preciso momento dell'insorgenza del cancro nei dipendenti deceduti. Così, nel ricambio spesso intenso dei manager, non si è riuscito spesso a individuare i responsabili diretti delle morti.

Per l'Olivetti, sembrava che il giudizio di primo grado fosse scaturito dalla certezza che tutti e due gli ostacoli erano stati superati dai risultati delle indagini. Il giudice si era convinto che i fratelli De Benedetti sapessero dell'amianto, perché l'Olivetti dei De Benedetti aveva commissionato uno studio specifico al Politecnico di Torino, che aveva rilevato la presenza di fibre inquinanti in percentuale decine di volte superiori alla soglia di rischio.

Inoltre, la lunga permanenza dell'Ingegnere e di suo fratello al vertice dell'Olivetti (rispettivamente, 18 e 11 anni di regno) erano stati considerati sufficienti per la sentenza di primo grado a inchiodarli alle loro responsabilità.

Cosa è successo

Il procedimento era cominciato nel novembre 2013, quando la Procura di Ivrea aveva aperto un'inchiesta su oltre 20 morti sospette negli stabilimenti Olivetti, causate dall'amianto presente nei muri dei reparti in cui si fabbricavano telescriventi e pc, e nel talco utilizzato in alcune lavorazioni.

Le indagini si erano subito concentrate sui decessi per cancro di una ventina di lavoratori, tutti morti tra il 2008 e i primi mesi del 2013. Si trattava di ex addetti che tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Novanta avevano lavorato nei reparti contaminati dall'amianto ?" il silicato di cui già all'epoca era ben nota la pericolosità ?" e che successivamente si erano ammalati di mesotelioma pleurico, un raro tumore maligno riconducibile alla prolungata esposizione all'amianto.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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