Raffaele Cantone
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I superpoteri di Raffaele Cantone

L’Autorità anticorruzione guidata dal magistrato ha enormi poteri. Può intervenire anche se non è stata avviata un’indagine. Con buona pace della presunzione d’innocenza e della libertà d’impresa.

"Questa legge è una vera follia da Stato di polizia. Nemmeno Domenico il Corazzato, mille anni fa, aveva tanto potere". Scherza Valerio Spigarelli, avvocato romano e presidente dell’Unione delle camere penali: ma in realtà non ha nessuna voglia di giocare. La legge di cui parla è il decreto 90 del 24 giugno, con cui il governo Renzi ha rilanciato l’Autorità nazionale anticorruzione, affidata in marzo al magistrato-presidente Raffaele Cantone. Ma le ha attribuito poteri, a dire di Spigarelli, superiori addirittura a quelli del mitico "Corazzato", teologo e santo medievale (il nome deriva dalla pesante corazza che indossava come cilicio) che fu la massima autorità della Chiesa in materia d’indulgenze e stabilì con un personalissimo bilancino il rapporto tra penitenze e anni di Purgatorio abbuonati.

In effetti il decreto dà all’Anac strumenti intrusivi e smisurati, capaci d’incidere a fondo nella vita delle imprese appaltatrici. Come ha già mostrato il caso della Maltauro, da maggio coinvolta prima nelle indagini sull’Expo milanese e sul Mose di Venezia, e per questo commissariata lo scorso 16 luglio, l’Autorità può chiedere ai prefetti la requisizione di un’azienda nel caso in cui un suo amministratore o azionista venga soltanto iscritto al registro degli indagati per corruzione, concussione o turbativa d’asta.

Già questo è rischioso: perché in teoria può bastare una denuncia anche strumentale, ispirata magari da un concorrente escluso, e automaticamente scatta il commissariamento. Ma c’è di più: nel decreto si legge (all’art. 32) che l’Anac può agire anche "in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali". Quindi perfino prima che l’autorità giudiziaria avvii un’indagine formale.
L’avvocato Spigarelli sbotta: "È un potere praticamente illimitato. Mi domando perché mai la magistratura, che grida alla lesione della sua autonomia a ogni minimo e più banale tentativo di riforma, non s’inalberi per questa che invece è una vera invasione di campo".
L’unica a lanciare un allarme finora è stata Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria. Ascoltata il 10 luglio dalla commissione Affari costituzionali della Camera, che sta lentamente esaminando il decreto, Panucci è stata netta: ha detto che "presidente dell’Anac e prefetti non sono né pm né giudici, e non offrono le giuste garanzie in termini di difesa dei soggetti coinvolti". E ha aggiunto che il decreto "rischia di avere effetti dirompenti sulla libertà d’impresa e di disincentivare imprenditori e investitori stranieri".

Con Panorama Panucci usa parole anche più dure: "Queste sono norme che scassano l’ordinamento giuridico" protesta. "Anche perché non danno all’impresa alcun mezzo per difendersi, se non quello di rivolgersi a un Tar che risponderebbe nei soliti tempi biblici. Ma il decreto pone problemi ancora più gravi, di rango costituzionale, che afferiscono al tema della presunzione d’innocenza. Non si può continuare a legiferare con norme generali su casi particolari: per questo sarebbe bene che il governo limitasse questo tipo d’interventi e di sanzioni agli appalti per l’Expo".
A Confindustria dà una prima risposta negativa Cosimo Ferri, sottosegretario tecnico alla Giustizia: "Confinare l’ambito dell’Autorità all’Expo" dice a Panorama "la priverebbe di un innovativo potere di contrasto alla corruzione, che è un obiettivo fondamentale per il governo. Si potranno però precisare meglio i presupposti per l’adozione dei provvedimenti individuati nell’articolo 32 del decreto. Così si potrà anche ridurre il rischio di un nuovo contenzioso, in grado di rallentare l’esecuzione degli appalti".

Il decreto dovrà essere convertito in legge entro il 24 agosto, pena la decadenza. L’esame avanza con grande lentezza perché gli articoli relativi all’Anac sono contenuti nella più ampia riforma della pubblica amministrazione. Gli emendamenti depositati sono già 1.500. Mariastella Gelmini, deputato di Forza Italia in commissione Affari costituzionali, è convinta che le critiche di Confindustria sull’Anac siano "legittime" e per questo ha presentato emendamenti specifici: "Contro lo strapotere dei prefetti" annuncia "e contro il fatto che le sanzioni dell’Anac vengano decise e applicate senza alcuna possibilità di contraddittorio da parte dell’impresa".

Che il decreto non sia proprio confezionato alla perfezione, del resto, lo ha messo nero su bianco lo stesso Cantone nella sua richiesta di commissariamento della Maltauro. In quelle pagine il presidente dell’Anac scrive di "una terminologia non chiarissima", manifesta "dubbi ermeneutici" e si dice più volte perplesso, per esempio là dove la legge fa riferimento al "prefetto competente": è quello dove ha sede l’impresa, si chiede Cantone, o quello del luogo dove si è aggiudicata l’appalto? Il Parlamento farà bene a risolvere questo dubbio. Ma dovrebbe porsene altri, fondamentali, sul futuro della libertà d’impresa.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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