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ANSA/ALESSANDRO DI MEO
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È guerra sul referendum senza quorum dei grillini

Il M5S propone una riforma costituzionale che fa intervenire gli elettori sulle leggi d’iniziativa popolare non ratificate in 18 mesi dal Parlamento. Forza Italia è sulle barricate. Che cosa farà la Lega?

Il prossimo campo di battaglia tra il Movimento 5 stelle e Forza Italia, ma probabilmente tra i grillini e tutto il centrodestra allargato alla Lega, da oggi ha un nome: referendum senza quorum. Il presidente del Senato, l’azzurra Elisabetta Alberti Casellati, ha infilato il tema sotto forma di una specie dichiarazione di guerra in una risposta seminascosta nella lunga intervista rilasciata il 6 gennaio al Corriere della Sera: “Un referendum senza quorum” ha detto Casellati “potrebbe mettere in discussione il futuro della democrazia”. Ma sull’ipotesi di riforma costituzionale, proposta dal M5s, gli scontri sono già partiti in Parlamento.
Ad annunciare un progetto complessivo di riforma costituzionale, nel quale ha un posto del tutto particolare la modifica degli articoli 71 e 75 della nostra Carta, è stato lo scorso luglio il ministro grillino per le riforme Riccardo Fraccaro nel corso di una audizione dinanzi alla commissione Affari costituzionali della Camera. “L’abolizione del quorum nel referendum abrogativo e in quello propositivo sarà una delle riforme che il governo porterà in Parlamento”, aveva detto allora Fraccaro, sostenendo che il quorum “premia chi non partecipa e disincentiva la partecipazione”.
La riforma, secondo il ministro, dovrà intervenire anche sulla legge di attuazione del referendum (la 352 del 1970) e sui meccanismi di raccolta delle firme che lo stesso Fraccaro ha definito “arcaici”.
Un’organica proposta grillina è stata poi presentata in ottobre alla Camera dal deputato Francesco D’Uva (il suo numero è 1173) e risponde in toto alle tesi di democrazia diretta propugnate dal Movimento, oltre che dalla Casaleggio & associati. Secondo la riforma D’Uva, tutte le proposte di legge d’iniziativa popolare sottoscritte da almeno 500.000 elettori dovranno essere approvate dalle due Camere entro 18 mesi; nel caso in cui questo non avvenga, o se le Camere dovessero approvare un testo diverso, si passerà direttamente a una consultazione referendaria sulla materia.
Al contrario di quanto prevede oggi l’articolo 75 della Costituzione, che esclude il referendum abrogativo per le leggi tributarie, di bilancio, di amnistia e indulto, oltre che per le leggi che autorizzano la ratifica di trattati internazionali, la proposta D’Uva non pone limiti di materia né per l’iniziativa legislativa “rinforzata” dalla volontà popolare, né per il testo oggetto di votazione referendaria. Quindi ogni proposta di legge popolare e il conseguente referendum potrebbero avere come oggetto una legge penale o fiscale, ma in teoria anche l’adesione all’Unione europea o i diritti delle minoranze.
Non è nemmeno previsto un numero massimo di proposte di legge che possano essere presentate con questa procedura: quindi, in teoria, il Parlamento potrebbe trovarsi obbligato a legiferare esclusivamente su una raffica di proposte di legge d’iniziativa popolare. Uno degli aspetti più delicati riguarda il quorum del referendum. Secondo la proposta D’Uva, nel caso in cui le Camere, nel termine dei 18 mesi, non abbiano approvato la proposta di legge e sia stato indetto il referendum, la proposta è approvata se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi: quindi, perché un referendum sia valido, non occorre alcun quorum.
È evidente che la riforma grillina comporta una serie di problemi estremamente gravi sul tema, fondamentale per la democrazia, della rappresentatività e della formazione legislativa. E infatti Francesco Paolo Sisto, parlamentare di Forza Italia e presidente della Commissione affari costituzionali della Camera, è da due mesi sulle barricate: “La proposta D’Uva” dichiara Sisto “alimenterebbe una competizione tra il testo della proposta di legge popolare e quello elaborato in sede parlamentare che rischia di distruggere i fondamenti stessi del sistema costituzionale”.
Secondo Sisto, inoltre, “c’è il rischio che siano posti al corpo elettorale quesiti ingannevoli” e per questo ritiene che lo strumento non possa essere applicato al processo di formazione delle leggi.
Quanto all’assenza di un quorum, i rischi se possibile sono ancora più gravi ed evidenti. Il referendum potrebbe paralizzare e delegittimare totalmente le istituzioni parlamentari, introducendo meccanismi di estremizzazione e di sovrapposizione normativa, mirati a delegittimare ogni futura maggioranza e a favorire il prevalere di una minoranza. “Per questo” dichiara Sisto “su questo da parte nostra non potrà esserci alcun dialogo”. Forza Italia annuncia quindi “un’opposizione radicale” e chiede alla Lega di “guardare in faccia la realtà del disegno riformatore proposto dal M5s, per arrivare a un serio ripensamento sull'impianto del testo”.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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