Anticrimine, parte la Banca dati del Dna
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Anticrimine, parte la Banca dati del Dna

A sette anni dal varo della legge, inizia la raccolta di campioni genetici sui 54 mila detenuti e su chiunque venga arrestato

Evidentemente è proprio nei codici genetici della giustizia italiana che si annida la sua tendenza alla lungaggine: sono serviti sette anni per varare la Banca dati del Dna. Il Parlamento aveva approvato la legge 85 il 30 giugno 2009, sotto l’ultimo governo Berlusconi, ma ci sono voluti 2.535 giorni per i decreti attuativi e per farla partire davvero.

Ora, finalmente, la Banca dati è attiva presso il ministero dell’Interno. E, pur se tardivo, il risultato è importante. Venerdì 10 giugno, nel carcere di Regina Coeli (ma anche quello di Crotone reclama il primato), due tecnici hanno eseguito il primo prelievo di saliva su un detenuto. "In una settimana siamo arrivati a mille" calcola Donato Capece, a capo del Sindacato autonomo della Polizia penitenziaria "e adesso si stima serviranno sei mesi per mappare i circa 54 mila reclusi".

In tutta Europa, da decenni, la Banca dati del Dna è uno strumento fondamentale contro il crimine. Nel Regno unito, che ha inaugurato la sua nel 1995, la quota d’identificazione degli autori di reato (che in quell’anno era bassissima, al 6 per cento) nel 2011 era già salita al 60.

I risultati dovrebbero essere anche migliori in Italia, visto che da noi il "tasso di recidiva", cioè la propensione a deliquere di chi è stato almeno una volta dietro le sbarre, è purtroppo il più alto del continente: il 68 per cento.

Anche per questo la gestione tecnica della Banca dati è stata affidata alla Polizia penitenziaria: vicino al carcere di Rebibbia è stato creato un ufficio centrale con 12 biologi e 24 agenti. E in ognuno dei 206 carceri italiani sono stati formati almeno due uomini.

Per legge, nessun detenuto può sottrarsi all’operazione: nei prossimi mesi a ognuno di loro verrà passato un tampone sulle gengive e la saliva prelevata sarà analizzata dai biologi, poi i dati elaborati saranno trasferiti alla Banca dati e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Da oggi, anche chiunque venga arrestato o fermato perché indiziato di un reato sarà sottoposto alla stessa procedura.

È utile, la Banca dati del Dna. Però costa. La legge del 2009 stanziava risorse per 15,8 milioni fino al 2010. Tra manutenzione di strutture, stipendi e scambi con gli altri Paesi, s’ipotizza una spesa annua di 1,8 milioni per il Viminale e di quasi 1 milione per il ministero della Giustizia.


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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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