Basta morti, fermiamo i barconi alla partenza
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Basta morti, fermiamo i barconi alla partenza

Dopo la strage di Lampedusa Napolitano rompe il tabù e chiede il blocco navale, e l'Europa che fa? - Foto (1) - (2) - Video (1) - (2) - (3) - Le tragedie del mare - Sondaggio: quale soluzione?

La bontà non rende. E non rende soprattutto ai buoni. I profughi che hanno fatto naufragio e sono morti a centinaia nel mare di Lampedusa avevano in testa, lungo il viaggio che era cominciato molto lontano, l’Italia, l’Europa, come approdo di una vita. Scappavano da terre senza pace, si sono esposti al taglieggiamento di trafficanti (dis)umani, e sono finiti dritti a schiantarsi e annegare con tutte le loro speranze.

È così sbagliato immaginare,per mettere fine al business, azioni di forza? Blocchi, catenacci, sbarramenti?

“È indispensabile – afferma il presidente Napolitano – stroncare il traffico criminale di esseri umani in cooperazione con i paesi di provenienza dei flussi di emigranti e richiedenti asilo. Sono pertanto indispensabili presidi adeguati lungo le coste da cui partono questi viaggi di disperazione e di morte”. E cade quasi un tabù.

Dice “presidiare”, il capo dello Stato. Presidiare le coste. Si tratta di una indicazione di blocco navale (così si chiama a casa mia). Il presidio serve a evitare che i barconi della morte prendano il largo. E, ovvio, il presidente “presidiante” Napolitano immagina che questo catenaccio sia messo in campo, in acqua, con accordi tra l’Italia e i Paesi coinvolti.

Anche perché il trattato internazionale bilaterale è l’unico modo per realizzare i presidi e restare al contempo nei binari del diritto internazionale. Non potremmo mai presidiare coi nostri mezzi (guardia costiera e navi militari) acque territoriali di paesi terzi. Un accordo del genere fu fatto (e portò all’epoca al prosciugamento dei flussi di boat people) nel 1992 con l’Albania. Ricordate? C’erano gli esodi verso la Puglia. Conseguenze drammatiche. E beffe ignobili. Molti albanesi riuscirono a restare in Italia o a raggiungere in treno il Nord Europa, ma la gran parte dovette rientrare in Albania dopo un’odissea devastante.

Un altro esempio sono gli accordi firmati da diversi governi, in particolare da Berlusconi, con la Libia del ritrovato amico/alleato Gheddafi. Con lui si fece esattamente quello che chiede oggi Napolitano: un accordo grazie al quale l’Italia forniva mezzi e risorse (per esempio attrezzature e natanti per la guardia costiera libica) in cambio del permesso di co-pattugliare le coste da cui partivano i profughi. Che a lungo non partirono più.

Roberto Maroni sottoscrive le parole di Napolitano e le interpreta nel modo più forte, come un avallo ai respingimenti in mare: “È quello che facevo da ministro dell’Interno”. E in fondo, il presidio che altro è se non un modo per respingere indietro barconi della morte appena salpati?

Ma respingere, ovviamente, non significa ributtare e mare o non soccorrere i boat people: significa indurre i barconi a rientrare nei porti o negli approdi da cui son partiti.

Forse, la linea dura non è sempre la meno pietosa. Certo non è la meno efficace contro la tratta di uomini e donne e bambini verso l’Europa.

Risulta davvero paradossale che la UE sistematicamente abbia bocciato le misure prese dall’Italia per contrastare i viaggi della morte, da un lato rimproverandoci di non accogliere tutti i profughi e immigrati che si presentano alle nostre frontiere di terra e di mare, dall’altro evitando di mettere mai all’ordine del giorno l’emergenza umanitaria degli esodi e dei flussi migratori. Perché il Nord Europa considera i confini dell’Italia solo nostri e non anche europei. E non intende sborsare un euro per concorrere a risolvere il problema.

Le parole di Napolitano, nell’interpretazione più dura o anche nella più morbida, servono a smascherare la doppia ipocrisia: quella dell’Europa moralista ma miope e taccagna, e quella del buonismo dell’accoglienza che di fatto favorisce il mercato umano dei nuovi schiavi.  

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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