Il "perentorio ultimatum" di Napolitano e i rischi per la democrazia
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Il "perentorio ultimatum" di Napolitano e i rischi per la democrazia

Se la maggioranza parlamentare toglie l'appoggio al governo Monti, il capo dello Stato non ha alternative: deve sciogliere le Camere.

“Elezioni? Le decido io”. Entra dritto nel dibattito politico il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. I partiti dialogano (e si scontrano) sulle ipotesi di riforma elettorale, discutono anche dell’eventualità di andare al voto anticipato. E il presidente della Repubblica che cosa fa? Invece di assistere silenzioso alla dialettica democratica, interviene con un altolà che tradotto in lingue diverse suona come un “Ghe pensi mi!”, o per dirla con uno dei padri della Chiesa, Sant’Agostino: “Roma locuta est: causa finita est”. Roma ha parlato, il caso è chiuso. O, ancora: “Basta chiacchiere, decido io”.

Ora, ci sono due interpretazioni possibili dell’uscita sopra le righe del capo dello Stato. La prima è quella del quirinalista per eccellenza, Marzio Breda del “Corriere della Sera”, esegeta fedele delle esternazioni presidenziali. “Ha necessariamente il marchio perentorio dell’ultimatum il messaggio con il quale Giorgio Napolitano si è rivolto ieri ai leader della maggioranza (ma non solo a loro) per richiamarli alle proprie responsabilità davanti al Paese. E davanti a lui stesso”. Il Colle preme per la riforma elettorale e non vuole il voto anticipato. Non si limita a trarre le conseguenze istituzionali delle libere scelte dei partiti, ma le indirizza attraverso “perentori” aut-aut. Il dibattito sulla legge elettorale non arriva alla quadra? Ohibò, possibile? Napolitano l’aveva chiesta e i partiti ancora non gliel’hanno confezionata? Non sarà vagamente dispotico questo rapporto tra padre e figli degeneri? “Eppure – si rammarica Breda-Napolitano – era chiara e percorribile, la strada maestra indicata dal capo dello Stato”. Il Colle vuole la riforma e si oppone alla crisi pilotata. E non le manda a dire, anzi. Napolitano invita tutti “alla ‘massima cautela e responsabilità’ in rapporto a quel potere di ‘consultazione e decisione’ che spetta a lui e a lui solo”. La parolina che con insistenza ci viene all’orecchio per esemplificare questo atteggiamento è “assolutismo”. Lui e solo lui... Ma c’è di più. Breda deve ammettere che è possibile l’autoscioglimento: scatta “quando la maggioranza dei partiti si schiera per chiudere la legislatura e non offre alternative ai capi dello Stato”. Già, è il gioco della democrazia. “Ciò però – ci spiega Breda-Napolitano – vale in tempi normali, se mai ce ne sono stati, da noi. Ma oggi, con il bisogno di tregua che ha il Paese (e Monti), chi si prenderebbe la responsabilità di sfasciare tutto?”. Cioè, se non abbiamo capito male, questi non sono tempi normali. Quindi le regole sono sospese?

In effetti, questo non è un paese normale. Non lo è più. In nessun Paese dell’Occidente esiste un capo di governo che non sia passato di persona attraverso il vaglio popolare in libere elezioni. Ma è possibile mai che il capo dello Stato lanci ultimatum ai partiti su temi squisitamente politici e rivendichi un “Ghe pensi mi” pieno di fastidio perché i partiti non sono stati pronti a obbedire alle sue istruzioni? Possibile che oltre a scegliere il presidente del Consiglio, debba rivendicare esclusivamente a se stesso la decisione sullo scioglimento delle Camere? La democrazia liberale è basata sull’equilibrio dei poteri, di cui proprio il capo dello Stato è il più alto garante. No, non è un Paese normale. Resta una speranza. Che sia giusta la seconda interpretazione delle parole di Napolitano. E cioè che il Presidente sia perfettamente consapevole che il potere presidenziale di scioglimento anticipato deve attivarsi quando non vi sia più maggioranza a sostegno di qualsiasi governo. Quindi il suo messaggio dev’essere inteso come un monito, più che un ultimatum, nell’interesse del Paese. Ma se i partiti vogliono tenersi il Porcellum e non intendono mantenere l’appoggio in Parlamento all’esecutivo Monti, buona o cattiva che sia la decisione, il Colle non potrà che inchinarsi alle regole e al volere del Parlamento. Altro che “Roma ha parlato. Il caso è chiuso”. E se così non fosse, questa non sarebbe più una democrazia parlamentare.  

PS:Le agenzie di stampa battono una precisazione: “In relazione ad alcune inter pretazioni di stampa, negli ambienti del Quirinale si osserva che il Presidente  Napolitano non si è pronunciato su ipotesi di scioglimento anticipato delle Camere. Ha ribadito che occorre la massima cautela e responsabilità nell’affrontare  una materia così delicata, che non può piegarsi a posizioni di parte e a manovre politiche, richiedendo valutazioni e decisioni che spettano solo al Presidente  della Repubblica”. Se ne deduce che quelle dei partiti ed esponenti politici in  Parlamento sono “posizioni di parte e manovre politiche”, e non legittime espressioni di libere opinioni, mentre “valutazioni e decisioni” sui temi più delicati “spettano solo” al Capo (dello Stato). Roma ha parlato, il caso è chiuso.  

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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