Il Papa sui migranti: "Non dobbiamo volere una società che escluda"
ANSA/ US/ ESERCITO ITALIANO
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Il Papa sui migranti: "Non dobbiamo volere una società che escluda"

Sono vittime dell'inequità, delle guerre e dell'economia: "Non vediamoli come scomodi concorrenti in una competizione per il lavoro"

Seconda giornata oggi a Torino per papa Francesco, con la prima visita di un pontefice a un tempio valdese. Poi il pranzo con la sua famiglia di origine, in arcivescovado. Bergoglio ripartirà per il Vaticano nel pomeriggio. Ieri il bagno di folla in piazza Vittorio e la preghiera davanti alla sindone. L'appello al mondo dell'economia: "Non si può aspettare la ripresa, serve coraggio"

Ieri, nel corso della visita, il Papa è stato ancora una volta assai chiaro a proposito dei migranti e ha avuto parole dure per le scene di questi giorni, a Ventimiglia, nella stazione di Milano e in quella di Roma: "Fa piangere vedere lo spettacolo di questi giorni, in cui esseri umani vengono trattati come merci", ha detto parlando a Torino dove il tema torna più volte nella giornata.

Figlio di migranti
D'altronde quella dell'immigrazione è una storia scritta sulla stessa pelle del Papa, a sua volta figlio di migranti. E allora, nella Torino che fatica, come tutto il Paese, ad uscire dalla crisi, chiede a chi è precario o alla ricerca di un lavoro di non guardare i migranti come degli scomodi concorrenti.

"L'immigrazione aumenta la competizione" nel mondo del lavoro "ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime della inequità, di questa economia che scarta e delle guerre". Anche nella Messa a Piazza Vittorio torna la questione.

Il pranzo con immigrati, rom, detenuti
Nelle preghiere dei fedeli un giovane della Liberia, nei suoi colorati vestiti, dice dall'ambone: "Preghiamo perché sia eliminata ogni forma di discriminazione tra uomo e uomo e tra nazione e nazione". È però il pranzo il momento in cui il Papa li vuole accanto a sé. Sono in tutto trentacinque, tra giovani detenuti, rom, senza fissa dimora e soprattutto immigrati. Un pranzo in cui il clima - racconta chi è stato presente - è stato rilassato, cordiale, con i ragazzi che hanno regalato a Francesco quello che potevano. Piccole cose, magliette, foto, doni carichi però d'affetto.

Non lasciamoci paralizzare dalle paure del futuro
"Anche noi cristiani - dice il Papa nell'omelia - corriamo il rischio di lasciarci paralizzare dalle paure del futuro e cercare sicurezze in un modello di società chiusa che tende ad escludere più che a includere".

Infine l'omaggio a quel popolo che ha vissuto tanti anni fa il dramma di dover lasciare la propria terra. Sono gli italiani, e tra loro i piemontesi, che partivano con le navi verso il nuovo mondo. Come accadde anche alla famiglia Bergoglio. La poesia letta davanti alle 50 mila persone presenti alla Messa di questa mattina, "Razza nostrana", era proprio il canto dei migranti. Quello che gli aveva insegnato l'amata nonna Rosa quando era bambino e che ora custodisce nel suo breviario.

(ANSA)

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