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ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
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Il moralismo dei tifosi

Troppe volte chi fa politica, in Italia, si comporta come gli ultrà del calcio, che hanno la coscienza offuscata dal credo sportivo

Che poi, in cuor loro, manco i tifosi della Juventus credono fino in fondo alla filastrocca che canticchiano dopo ogni vittoria: "Siamo noi, siamo noi...i migliori dell'Italia siamo noi. Perché va bene il quinto scudetto consecutivo e il sano sfottò ai rosiconi, però loro per primi sanno che Calciopoli non si cancella, che gli "aiutini" e le "sviste" degli arbitri hanno influito sul corso dell'ultimo campionato. Però sono tifosi, appunto. E per loro stessa natura i tifosi sono fanatici, spesso hanno la coscienza offuscata dal credo sportivo e sanno ben nascondere la realtà che non gli piace.

Ma chi fa politica può essere tifoso? Chi ha l'onere di amministrare un Comune, una Regione o il Paese può davvero essere credibile se ripete in modo stucchevole "Siamo noi, siamo noi...i migliori dell'Italia siamo noi"? E se mentre lo ripete l'ipocrisia lo seppellisce? E se i comportamenti che lui rimprovera all'avversario sono esattamente gli stessi che lui perdona o fa finta di non vedere tra chi "gioca" nella sua squadra?

Non parlo di falli di reazione, di sfoghi improvvisi. Ma di una incultura politica purtroppo radicata. A Roma il Pd si è scatenato contro la candidata a sindaco dei 5 stelle. Lasciamo perdere il video farlocco dell' Unità che la voleva tra i sostenitori di Berlusconi ("Non è informazione, ma una vergogna" ha correttamente detto il presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti, anche a fronte delle mancate scuse del quotidiano) e dedichiamoci agli attacchi recenti del partito di Renzi: prima hanno accusato la Raggi di aver "nascosto" il suo praticantato legale presso lo studio Previti, poi di essere stata, sempre in veste professionale, cooptata nel cda di una società legata al braccio destro dell'ex sindaco Gianni Alemanno. Senatori e deputati del Pd hanno scatenato una tempesta di critiche ferocissime al grido di #omertàomertà o #raggiri, con dichiarazioni di fuoco su giornali e televisioni.

Spostiamoci di 600 chilometri a nord. A Milano il candidato del Pd Beppe Sala è stato finora inchiodatoa una serie di omissioni ben più gravi rispetto a quelle della Raggi per non parlare delle spericolate arrampicature sui conti Expo: ha dichiarato "sul mio onore" di non avere una casa in Svizzera e ha pure dimenticato di specificare di non aver solo un "terreno sito nel Comune di Zoagli" ma anche una bella villa. Avete per caso letto non dico un tweet al vetriolo, ma un felpato rimbrotto dei compagni di partito? Ovviamente no.

La doppiezza del tifoso vale anche per gli indagati: si pretendono e ottengono le dimissioni del ministro Maurizio Lupi non indagato e si tiene al suo posto il sottosegretario Vito De Filippo che, a parte essere indagato nell'inchiesta Tempa rossa, è politicamente indifendibile al pari di un nugolo di amministratori lucani neppure sfiorati da un provvedimento di sospensione temporaneo dal partito. Vedremo adesso l'atteggiamento di lorsignori dopo l'inchiesta che vede il presidente del Pd campano, Stefano Graziano, sotto inchiesta per concorso esterno in associazione camorristica. Vedremo come sarà declinata stavolta l'arte dei "migliori", l'antica supponenza che accomuna Renzi oggi, D'Alema ieri e Prodi l'altro ieri: cambia la specie nei secoli, ma la trasmissione del Dna è identica. Eccoli lì tutti e tre a riempirsi la bocca, quando conviene loro, di presunzione di innocenza. La presunzione abbonda, quanto all'innocenza meglio lasciar perdere.

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Giorgio Mulè