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Il doppio gioco di Erdogan contro l'Isis e contro il Pkk

Perché il sì turco all'uso della base Nato di Incerlink e alla zona cuscinetto tra Siria e Turchia non sciolgono i dubbi sulle ambiguità di Ankara

I nemici dei miei nemici sono miei...nemici. L'ambiguità della politica mediorientale di Tayip Erdogan sta tutta nel rovesciamento della celebre massima di Karl Schmitt: contro le postazioni dell'Isis al confine tra Turchia e Siria, per bombardare le quali Erdogan ha concesso agli americani l'utilizzo della grande base aerea della Nato di Incirlik, ma anche contro il Pkk curdo nel nord dell'Iraq, che dell'Isis è  nemico mortale e che ha sempre offerto uomini ed equipaggiamenti ai combattenti curdi siriani dell'YPG, i più stretti alleati degli americani nel nord della Siria.


L'idea - vaga e carica di insidie - è quella di assegnare il compito di controllare da terra la zona cuscinetto Isis-free agli uomini dell'Esercito libero siriano, una delle più antiche e laiche formazioni guerrigliere siriane in lotta contro il regime di Assad

Di questa strutturale «ambiguità» della politica estera della Turchia - con i suoi disegni neoegemonici nel Medioriente dilaniato dalle guerre - ci hanno provato in molti a chiedere conto, non ultimi l'Unione europea e  dieci Paesi dell'Alleanza Atlantina  che soltanto nella giornata di ieri hanno chiesto a Erdogan di fare un uso «proporzionato» della forza per rispondere alle offensive del Pkk in territorio turco.

Quanto Erdogan intenda realmente bombardare le postazioni del Pkk nel nord dell'Iraq con «parsimonia» è argomento dibattuto, ma i primi segnali lanciati dal Califfo Erdogan - come la richiesta al parlamento turco di togliere l'immunità ai deputati del partito filocurdo HDP (che ha preso il 13% alle recenti elezioni legislative) - lasciano intendere che, anche questa volta, la Turchia continuerà a giocare su più tavoli. Che proseguirà a rovsciare la massima di Karl Schmitt. Nemica dell'Isis - nonostante abbia in passato sempre chiuso un occhio di fronte agli enormi flussi di foreign fighters in transito attraverso il confine turco-siriano  - ma anche nemica di chi, l'Isis, ha sempre combattuto armi in pugno, sin dalla prima ora, come il Pkk curdo e lo stesso YPG.

Certo, non va sottovaluta l'importanza dell'accordo turco-americano per creare una sorta di zona cuscinetto «Isis-free»  di qualche decina di chilometri al confine tra Siria e Turchia, ma anche in questo caso rimangono molti dubbi sull'efficacia di un accordo dove nessuno dei due partner, né gli Stati Uniti né la Turchia, intendono scendere con gli scarponi sul terreno. L'idea - vaga e carica di insidie - è quella di assegnare il compito di controllare la zona cuscinetto Isis-free agli uomini dell'Esercito libero siriano, una delle più antiche e laiche formazioni guerrigliere siriane in lotta contro il regime di Assad che già in passato ricevette valanghe di soldi sia da Ankara che da Washington. Ma non è chiaro né se siano preparati militarmente dopo le diserzioni di massa avvenute negli ultimi due anni, nonostante potranno godere dell'appoggio aereo americano. Né è chiaro come potranno essere accolti da una popolazione, in maggioranza curda, che ha sempre considerato i sunniti talvolta come nemici, talvolta come corpi estranei. I dubbi sulla tenuta dell'accordo turco-americano sono ancora molti (PP).

 

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Jawdat Ahmad/Pacific Press/Olycom
Governatorato di al-Sulaymaniyya, Kurdistan iracheno.

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