Il boeing malese e il silenzio di Putin
Hannah Peters
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Il boeing malese e il silenzio di Putin

I ministri degli Esteri Ue vareranno un embargo delle armi contro Mosca come ha auspicato il ministro inglese Hammond? O prevarranno prudenza e veti incrociati?

La consegna delle scatole nere è avvenuta attorno alla mezzanotte, a Donesk, la capitale della Repubblica popolare filorussa sorta in Ucraina dopo il colpo di Stato che ha abbattuto il regime di Yanukovich. Una cerimonia (cui hanno preso parte il leader separatista Alexander Borodai da un lato e gli esperti malesi dall'altro) che secondo Washington e anche Londra ha sciolto gli ultimi dubbi su quello che è realmente avvenuto venerdì scorso, quando il boeing MH17 della Malaysia Airlines con a bordo 288 persone, la maggior parte delle quali olandesi, è stato abbattuto dai ribelli al confine tra Ucraina e Russia.

Ma a tenere banco, mentre viene proclamato un fragile cessate il fuoco attorno all'area dell'incidente, sono però due questioni che coinvolgono vari attori, nazionali e internazionali: il trasporto nelle celle frigorifere dei cadaveri, 247 sui 282 già recuperati, giunti su un treno a Kharhiv, città fedele a Kiev dell'Ucraina orientale, sotto la supervisione degli ispettoriOSCE, e l'accrescersi delle tensioni diplomatiche tra Paesi europei e degli Stati Uniti relative all'atteggiamento da tenere nei confronti di Putin, grande sponsor dei ribelli che dopo l'incidente ha scelto la linea del silenzio e dell'attesa. 

Le prove contro i ribelli, del resto, sono schiaccianti e non consentono allo zar del Cremlino di fare la voce grossa. Che Igor Strelkov, il capo dei servizi dei ribelli, ex colonnello dei servizi russi con due guerre di Cecenia alle spalle, sia dentro fino al collo in questa storiaccia appare chiaro grazie a un’intercettazione diffusa dai servizi ucraini poco l'incidente. Insomma: Putin non può vincere, almeno per ora, la guerra della propaganda. I «suoi» in Ucraina, del resto,  in un colpo solo hanno ucciso tanti civili quasi quanti Israele a Gaza. Per lo più sono europei ed è chiaro nel borsino internazionale dei morti pesano molto di più dei palestinesi, schiacciando Putin in un angolo. 

In vista della seduta del Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, che si tiene stamane a Bruxelles, il nuovo ministro britannico Philip Hammond è stato il primo a puntare in Europa l'indice contro Mosca, parlando esplicitamente di «un set equilibrato di misure» contro la Russia e dell'ipotesi di varare subito «un embargo delle armi» che colpirebbe tra l'altro il contratto di fornitura delle due navi lanciamissili francesi della classe Mistral: «Da giovedì il mondo è cambiato» ha dichiarato, spalleggiato  subito dal ministro degli Esteri lituano Linas Linkevicius, convinto che si debba «dare lo status di terroristi alle cosiddette repubbliche di Lugansk e Donetsk». 

Un'ipotesi però - quella di sanzioni che non siano solo di facciata contro Mosca - che necessita di un vasto accordo intraeuropeo che al momento appare difficile, tenuta anche conto della dipendenza energetica di molti Paesi Ue dal gas russo. Sono molti a chiedersi che cosa farà Vladimir Putin. Approfitterà di questa occasione per scaricare i ribelli, sedendosi magari attorno a un tavolo con i nuovi governanti di Kiev? O alzerà il tiro? La partita si gioca anche qui, nelle stanze del Cremlino. Che, nonostante l'apparente isolamento, può contare ancora molti amici in Europa.

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