I capitali non vanno all'inferno, vanno all'estero
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I capitali non vanno all'inferno, vanno all'estero

L'allarme lanciato dalla Bce ha una spiegazione: la borghesia teme una nuova patrimoniale targata Vendola

Gira ancora un chiacchiericcio sulla questione dei punti in più che il Cavaliere avrebbe accumulato con la sua presenza televisiva, specialmente da Santoro.

Dico chiacchiericcio perché mi sembra che ci sia un dato da considerare: la coalizione di centrodestra starebbe oggi a poco più di quattro punti da quella di centrosinistra. Ma è tutto merito della presenza in televisione? La presenza in televisione può portare grossi frutti, non c’è dubbio: basta pensare all’impennata di ascolti e consensi per le primarie del Pd che sono state un grande e civile spettacolo.

Ma poi sappiamo anche che, passata la sbornia, i dati si sgonfiano e si assestano. Il PD è sempre primo in classifica, ma perde briciole e pezzi, il PDL è sempre secondo, ma guadagna punti. L’effetto Cavaliere in tv c’è stato e c’è certamente, ma la consistenza dell’incremento fa pensare che ci sia qualcos’altro oltre l’indubbia capacità comunicativa e persino spettacolare di Silvio Berlusconi il quale com’è noto fa campagna per riacciuffare il voto dei delusi fra i suoi elettori, quelli che hanno annunciato di non voler più andare a votare ma che comunque non voterebbero mai per il PD.

Contemporaneamente, e secondo noi non per caso, arriva un grido d’allarme dalla Bce, che dice: “Attenzione, voi laggiù in Italia, a causa dell’incerta situazione politica c’è una fuga di capitali dalla penisola che emigrano verso porti più sicuri”.

Come sono legate le due cose, la costante crescita del centrodestra e la fuga dei capitali?

Proviamo a ragionare: se i capitali fuggono, vuol dire che i loro proprietari hanno paura. Hanno paura adesso: una nuova paura che non avevano fino a qualche mese fa. Da che cosa potrà dipendere?

Io credo, ma è sotto gli occhi di tutti, che a seminare panico e a far scegliere la fuga, siano state sia le parole di Vendola (“I ricchi vadano all’inferno”) sia i continui accenni ad una nuova patrimoniale mascherata da parte di Bersani. Bersani nega di voler mettere una patrimoniale, riconosce che l’Imu è una patrimoniale di fatto, ma ritiene che sia una patrimoniale ingiusta perché non è progressiva. Cioè non colpisce abbastanza i cosiddetti ricchi. Dunque un suo governo porterebbe all’introduzione della gradualità, cioè nuove tasse per chi ha un patrimonio.

E qui apriamo una parentesi sull’invettiva savonaroliana di Nichi Vendola contro i ricchi. Quelle parole così cattoliche di un cattolicesimo ormai polveroso (“il denaro è sterco del diavolo, i ricchi sono sostanzialmente malvagi e i poveri sostanzialmente buoni”) hanno fatto un danno gravissimo al partito di Bersani perché dimostrano che il suo alleato determinante e indispensabile, cioè Vendola, non capisce o finge di non capire la differenza fra ricco e ricco. Ci sono ricchi che hanno denaro ricevuto in sorte senza muovere un dito, ci sono ricchi parassiti, ricchi speculatori, come ci sono coloro che sono ricchi, ed anche molto ricchi, perché producono ricchezza e distribuiscono ricchezza.

Vendola è un entusiasta fanatico dell’articolo primo della Costituzione che purtroppo è anche quello più equivoco perché afferma che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, dimenticando di dire – se il lavoro è un diritto – chi è che ha il dovere di fornire questo lavoro. Ma chi nella realtà produce posti di lavoro è quella borghesia imprenditoriale, spesso composta dalla piccola, piccolissima e media impresa che, udite le parole di Vendola e poi quelle di Bersani sulla necessità di una patrimoniale “proporzionale” reagisce dicendo: sapete che c’è di nuovo? Io porto i miei soldi altrove e voto Berlusconi.

Se non fosse così, non si spiegherebbe il doppio fenomeno della costante crescita del PDL e della accelerata fuga di denaro. Si potrebbe obiettare: ma perché dovrebbero costoro per forza votare per Berlusconi? In fondo se sono berlusconiani delusi, potrebbero votare Monti il quale sta proprio ricostruendo la propria immagine come quella del “vero Berlusconi” (e Ingroia ne fa il proprio cavallo di battaglia) allo scopo di sedurre gli ex berlusconiani indecisi e portarli dalla sua parte.

Ma, guardiamo i dati delle proiezioni, che danno il PDL in crescita lenta ma costante, e scopriamo che Monti non cresce. Eppure Monti sta in televisione costantemente da un anno, fino a far scattare un allarme ufficiale per eccesso di presenza. Monti sa parlare benissimo ed usa ormai un linguaggio da politico politicante molto sferzante, molto spettacolare – la puntata da Vespa in cui ha picchiato durissimo sul Cavaliere – fa ascolto, fa fremere di piacere tutti coloro che detestano Berlusconi. Il suo dovrebbe essere un piccolo trionfo. E invece, un flop. Tutto quello che può sperare Monti è di essere determinante al Senato e giocarsi la partita del voto di scambio con Bersani, anche perché Bersani prima o poi romperà con Vendola e dovrà scegliere un’alleanza sempre più stretta con Monti.

Di qui la percezione netta degli elettori/spettatori, del fatto che Monti è davvero una propaggine del PD e la sua stampella. Tutto perfettamente legittimo, ci mancherebbe. Ma si dà il caso – l’abbiamo ricordato più volte – che l’Italia sia un Paese a maggioranza conservatrice anche quando non è di destra. Una larghissima parte della borghesia italiana aveva realmente valutato la possibilità di votare un PD guidato da Matteo Renzi o in cui Renzi fosse il cardine del programma e dell’identità del partito. Invece Renzi è stato battuto e Bersani ha scelto Vendola che odia i ricchi e odia Monti. Quindi la gente percepisce tutto ciò come un pasticcio e anche come uno spettacolo grottesco.

Ci fu in America fra il 1913 (un secolo fa) e il 1944 un fumetto creato da un genio che si chiamava George Herriman il cui protagonista era una gatta lunare e strampalata che si chiamava Krazy Kat (col kappa) perdutamente innamorata del topo Ignazio, Ignatz Mouse il quale però non la ricambiava, mentre ad amare la gatta era il cane poliziotto Bull Pupp che odiava il topo che la gatta amava ma che lo respingeva. Se Herriman fosse vivo forse potrebbe disegnare una storia in cui Monti ama Bersani che ama Vendola che odia Monti, mentre Bersani ama di nascosto Vendola fingendo di voler coabitare con Monti. Un pasticcio comico, o meglio comics.

Ci sembra dunque molto probabile che, a prescindere dalle performances di Silvio Berlusconi in televisione certamente molto efficaci e molto propulsive, la solidità della crescita del Pdl e la fuga dei capitali dall’Italia abbiano un’unica causa: l’apprensione, per non dire il discreto terrore che una parte della borghesia produttiva sta provando, nel vedere che il possibile campione del liberismo conservatore Monti è, per la proprietà transitiva, sullo stesso carro di Vendola che manda all’inferno chi crea ricchezza e di Bersani che insiste sulla gradualità della patrimoniale, quindi sulla linea di una nuova patrimoniale comunque ribattezzata.  

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Paolo Guzzanti