Hong Kong, la rivoluzione degli ombrelli sfida il regime cinese
Nicolò Bellotto
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Hong Kong, la rivoluzione degli ombrelli sfida il regime cinese

Il governatore chiede ai manifestanti di sgomberare la piazza, mentre Pechino osserva in silenzio le evoluzioni della protesta

La resistenza pacifica dei manifestanti di Hong Kong sta già dando i suoi frutti. E' ancora molto difficile capire come potrà evolversi la Rivoluzione degli Ombrelli, ma di certo due importantissimi obiettivi sono già stati raggiunti. Spaventare, o quanto meno far preoccupare, il regime, e conquistarsi la simpatia della comunità internazionale.

Nonostante Pechino abbia chiesto agli stranieri di non mettere becco in questo "piccolo" problema di natura esclusivamente interna, arrivando al punto di raggiungere tutti i Consolati dell'ex colonia con una lettera (decisamente inopportuna) che intima al personale di non lasciarsi coinvolgere in nessun modo dal movimento di Occupy Central per non violare l'articolo 55 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari, senza naturalmente dimenticare di sottolineare l'opportunità di suggerire ai connazionali di fare altrettanto, non solo tanti stranieri residenti a Hong Kong si sono uniti ai manifestanti, ma una decina di città occidentali, da Parigi a Berlino, da Sydney a Vancouver, si sono già organizzate per rendere quello degli ombrelli un movimento universale. Infine, il Segretario Generale delle Nazioni Unite si è espresso a favore del rispetto dei principi base della democrazia a Hong Kong. 


Non è certo questo il modo in cui sia Pechino che Hong Kong avevano pianificato di celebrare, oggi, l'ennesimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese. Mentre i fedelissimi del Partito cantavano le loro canzoni patriottiche, in piazza come parola d'ordine del giorno è stata scelta "banchetto". Dal punto di vista dei manifestanti, infatti, questa giornata di festa meritava di essere festeggiata a dovere. Vale a dire accogliendo in piazza tutte quelle persone che, fino a ieri, non hanno potuto partecipare alla manifestazine perché i loro impegni di lavoro non lo permettevano.  

Dal punto di vista del successo della protesta, quella di oggi è una giornata molto importante per capire fino a che punto la popolazione di Hong Kong condivide il punto di vista degli studenti. Il regime lo sa, e forse è anche per questo se proprio ieri il Governatore CY Leung ha usato toni particolarmente duri contro i seguaci di Occupy Central. Dopo aver ammesso che questa protesta sarebbe potuta durare più a lungo del previsto, è in qualche modo tornato sui suoi passi per ribadire anzitutto che, da parte delle autorità, non esiste nessuno spiraglio per riaprire il dialogo sui temi di democrazia e suffragio universale. In secondo luogo, Leung ha esortato i manifestanti a sgomberare la città "al più presto", definendo poche ore dopo il sit-in degli studenti come "fuori controllo" e ribadendo l'urgenza di "interrompere la manifestazione immediatamente".

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E' probabile che queste parole siano state usate per spaventare coloro che non hanno ancora preso parte alla manfestazione inducendoli così a non farlo nemmeno oggi. Tuttavia, quello che preoccupa di più è il silenzio di Pechino, che non ha commentato in nessun modo la vicenda. Solo oggi, e solo perché costretto dal cerimoniale del Giorno Nazionale Cinese, Xi Jinping ha ricordato quanto il Partito debba continuare a ispirarsi al pensiero di Mao se vuole rimanere compatto, si è fatto fotografare al fianco di leader storici del calibro di Jiang Zemin, Hu Jintao, Li Peng, Wen Jiabao e Zhu Rongji per ribadire che la leadership del regime è al suo fianco, e ha sottolineato come unità e armonia sociale dipendano dal grado di identificazione del popolo con i principi confuciani. 

Venticinque anni fa nei giorni in cui la tensione a Tiananmen raggiunse il suo apice la voce di Deng Xiaoping si sentì solo il 9 giugno quando, in televisione, circondato da tutti i membri del Politburo per metterne in evidenza la compattezza, il Piccolo Timoniere annunciò che grazie all'efficienza e al coraggio dell'esercito il tentativo di un gruppo isolato di ribelli di rovesciare il regime era stato bloccato con successo, e che l'ordine a Pechino era stato finalmente ristabilito. E' impossibile credere che il Partito non abbia imparato nulla dagli errori del passato e non si renda conto di quanto potrebbe essere controproducente frenare lo slancio democratico di Hong Kong con le armi. Eppure, fino a quando dialogo e compromesso continueranno a non essere presi in considerazione da nessuna delle due parti, il rischio che la situazione da un momento all'altro precipiti rimarrà alto.

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Le immagini della manifestazione a Hong Kong

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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