Hollande attacca l'Italia; da che pulpito...
News

Hollande attacca l'Italia; da che pulpito...

In crisi politica, economica, in calo nei sondaggi, al "Bersani d'Oltralpe" non resta che criticarci. Che tristezza...

E se anche François Hollande fosse il frutto di una deriva populista? E se anche la Francia fosse “fragile”? Dubbi che apparentemente non turbano il presidente francese che ieri ancora una volta (sulla linea sciovinista del suo predecessore Nicolas Sarkozy e di svariati secoli di storia all’insegna della grandeur) ha puntato l’indice su di noi, sullo Stivale, come se l’Esagono, al contrario, stesse granché meglio.

Il pretesto è la lotta contro l’austerità, che Hollande non ha saputo condurre in Europa ma vorrebbe promuovere in tv. “L’austerità significa condannare l’Europa all’esplosione, a veder montare i populismi, gli egoismi nazionali. Avete visto ciò che è successo in Italia”. E ancora: “Abbiamo risolto la crisi, ma alcuni paesi sono sempre fragili: Italia, Spagna, Portogallo, Belgio sono in recessione”.

Vecchio vizio, quello francese. La realtà è che Hollande ha potuto battere Sarkozy solo cavalcando il populismo demagogico della gauche, ma ora, esattamente come Sarkozy, deve difendersi da sondaggi che lo quotano ai livelli più bassi di sempre (solo Chirac riuscì a fare peggio). Appena un francese su cinque, il 22%, ritiene che Hollande sia “un buon presidente”, solo il 27% si ritiene “soddisfatto” contro il 68% di “insoddisfatti” (quasi sette francesi su dieci, una proporzione da dimissioni). Dopo dieci mesi all’Eliseo, il presidente socialista riesce a tenere botta solo sulla politica estera, grazie alla guerra in Mali che poi altro non è se non la conseguenza dell’avventurismo di Sarkozy in Libia. Una guerra tira l’altra, e i presidenti francesi tentano di rimettersi in sella sul cavallo napoleonico dell’eterna grandeur.

Ma basta, ma per favore. In Libia, proprio ieri, si è saputo che due attiviste britanniche di un convoglio destinato a Gaza sono state stuprate a Bengasi davanti agli occhi del padre. E sempre a Bengasi a malapena si sono spenti gli echi dell’uccisione dell’ambasciatore statunitense e della sparatoria contro il nostro console, vivo grazie alla blindatura dell’auto. La Libia è tuttora preda di una pericolosa confusione che sfocia in anarchia tribale armata in diverse aree del paese. E le lontane distruzioni a Timboctù in Mali e la minaccia integralista nel Deserto sono l’effetto dell’emigrazione dei mercenari di Gheddafi alleatisi coi guerriglieri islamici. Hollande ha dovuto inviare 4mila militari francesi per riportare un po’ di ordine.

Il presidente socialista che aveva promesso di ribaltare la politica europea in chiave non più di austerità ma di crescita, non è riuscito a imporre la sua linea, anzi si trova sotto botta, non è riuscito ad affermare una leadership neppure di facciata. Un presidente della Francia privo di carisma (quasi un Bersani d’Oltralpe) è di statura addirittura inferiore a quella di Sarkozy, il predecessore gollista considerato troppo kitch per incarnare un’eleganza imperiale.

Non solo. Sarkozy è impelagato in vicende giudiziarie relative alla sua prima campagna presidenziale, esattamente come altri presidenti prima di lui (solo che in Francia esiste un’immunità che sospende i processi per l’inquilino dell’Eliseo finché è in carica, a differenza che in Italia). E la politica economica populista di Hollande, fondata sulla penalizzazione dei redditi più alti e delle imprese con l’annuncio di una tassa del 75% sui guadagni superiori al milione di euro, oltre che controproducente per l’economia, non è servita e non servirà a farne crescere in patria stima e consenso. I più insoddisfatti sono i manager, i lavoratori autonomi e i pensionati.

E allora con quale faccia, coraggio e credibilità Hollande, a capo di un paese a crescita zero ribassato anch’esso dalle agenzie di rating, con la prospettiva di dover aumentare l’età pensionabile e una popolazione del tutto insoddisfatta della sua leadership, invita i concittadini a guardare nel giardino del vicino sostenendo che l’erba è meno verde?  

I più letti

avatar-icon

Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

Read More