Ecco perché Grillo ha mandato Renzi al tappeto
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Ecco perché Grillo ha mandato Renzi al tappeto

Le ragioni di un ko annunciato - Il video dell'incontro  - Toto-ministri

Chiunque dica che ha vinto Renzi su Grillo deve aver prima convinto se stesso, e per farlo dev’essersi dato tante e tali ragioni politicamente forti da oscurargli il cervello. Perché difficilmente un combattimento sul ring, con tanto di secondi alle spalle e telecamere di taglio, ha avuto un vincitore così netto. E c’è stato pure il knock out.

Perché se è vero che un bel gancio l’ha rifilato Matteo a Beppe quando ha detto “esci dal blog”, è pur vero che Beppe ha dettato a Matteo modi, tempi, linguaggi. Lo ha fatto ballare. Nel braccio di ferro, il dorso della mano di Matteo ha toccato di piatto il tavolo di noce.

Ha prevalso la personalità di Grillo, certo ingombrante, certo arrogante, certo antipatica, certo maleducata (ma non cafona), certo iperbolica, assurda, paradossale, inconcludente, persino offensiva e quasi minacciosa (quando ha parlato di “nemici fisici”). Ma nel botta e risposta non c’è dubbio che la scena sia stata conquistata (il centro del ring) da uno solo dei due. E che, soprattutto, Beppe sia riuscito alla fine, o subito dopo l’inizio, a cambiare i connotati di Renzi. Matteo si è ritrovato nei panni di quelli che fino a oggi aveva malmenato da rottamatore, che ha combattuto con successo e astuzia: i sedicenti “uomini delle istituzioni”. Grigi. Poco sexy. Parolai. Un miracolo di Beppe.  

Il guaio è che nello streaming vince Grillo, se il menu è la consultazione per il governo. Perché in fondo Grillo gioca a carte scoperte e tratta lo streaming per quello che è: una formidabile finzione scenica. “Non sono venuto qui per ascoltare”. Il rifiuto di dialogare, l’esibizione muscolare, la chiusura senz’appello, hanno posto immediatamente Grillo dalla parte della “gente”. Che è estremista perché soffre. Renzi, che è un mago della comunicazione, è stato (a torto o a ragione) smascherato da un attore più bravo di lui, che conosce tutti i trucchi della retorica. Renzi è un battutista alla Woody Allen, alla “Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano”. Troppo raffinato. Beppe ha invece la prosopopea del bullo e la comicità sferzante e irriguardosa di chi impiega tre secondi a metterti a nudo e a farti sanguinare il naso. 

La cosa peggiore che poteva fare Renzi, purtroppo, l’ha fatta: non saper più come interromperlo, non riuscire a dargli sulla voce, cambiare timbro e linguaggio. Non ha saputo fare quello che tanti analisti, dopo, gli hanno detto che avrebbe dovuto fare: “Grillo è un teppista, coi teppisti non si dialoga, dovevi mandarlo affanculo”. Sarebbe stato meglio. Invece Renzi è rimasto basito, naso all’insù, a frenare i secondi, nel tentativo di tirare il fiato sotto la gragnola di colpi: “Beppe… Be… ppe… Beppe…”. Il “tu” col quale aveva pensato (anche giustamente) di irretirlo si è trasformato nella patetica arrendevolezza dello scolaretto che deve bere ancora tanto latte e mangiare spinaci. A vincere è il più forte. Sempre. 

Peccato, Matteo. Vai che la prossima volta andrà meglio. 

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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