Il governo Renzi e l'altra metà della palude
ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Il governo Renzi e l'altra metà della palude

Le difficoltà che incontrerà il segretario del Pd ora a Palazzo Chigi - Retroscena: lo scontro Renzi-Napolitano  - Sondaggio  - I Ministri, foto  - Mogherini, il ritratto

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La copertina di Panorama che ritrae Matteo Renzi in versione «Pierino il fichissimo» dovrebbe servire al nascituro presidente del Consiglio come monito. E' l'invito, e insieme l'auspicio che molto sommessamente gli rivolgiamo affinché al principio di piacere, proprio dei neonati, egli possa affiancare il principio di realtà che sviluppano gli adulti, compresi quelli che meritoriamente nutrono «ambizioni smisurate». Quest’ultimo non necessariamente esclude l’altro, ma è assolutamente necessario che sia ben presente nell’evoluzione del politico toscano da sindaco a premier in quanto lo costringe a tener conto delle condizioni reali di azione del suo governo (se bastasse il principio di piacere, caro Matteo, non avresti incassato la dozzina di no dai tuoi amici per fare il ministro...).

Spieghiamoci ancora più chiaramente. 

Indicare quattro riforme essenziali per il futuro del Paese appena ricevuto il mandato dal capo dello Stato è meritorio; stabilire un cronoprogramma per la loro attuazione degno del miglior Beep Beep che sfugge a Wile Coyote è ammirevole. Peccato, però, che tutto questo mal si concilia con il principio di realtà. Per alcune banalissime considerazioni.

- La prima: Renzi non è stato eletto, non ha quindi una maggioranza solida e legittimata da un’elezione popolare che gli consenta di tirare dritto con il programma sottoscritto dai cittadini. Al contrario, la sua sarà una maggioranza in pieno «stile Prima repubblica», composta da trasformisti impauriti di perdere la poltrona e da partiti nati in laboratorio e mai votati (vedi Nuovo centrodestra o Popolari per l’Italia) che vivono l'esperienza parlamentare con quella di un mercato nero dove i si ed i no si barattano con posti di potere.

- Seconda considerazione: l’avvio del Renzi I non azzera l’attività parlamentare già incardinata in corso, né equivale a un reset per i ministeri. Non può esserci, in pratica, una corsia preferenziale per le riforme che ha indicato Renzi perché ci sono da convertire in legge numerosi decreti (5 entro il 28 febbraio) mentre restano da varare centinaia di decreti attuativi per provvedimenti approvati sotto i governi Monti e Letta.

- Terza considerazione: l’Europa non sta a guardare. Il Financial Times ci ricorda, per esempio, qualcosa che spesso si finge di ignorare e cioè che gli investimenti italiani per il futuro sono decisi fuori dall’Italia: da Berlino e dalla Banca centrale europea, per capirci. Come potrà Renzi battere i pugni contro l’austerità catastrofica sposata da Monti e Letta non avendo dietro una solida maggioranza?

Fermiamoci qui. Chi vuol bene all’Italia non spera nel fallimento di Renzi: significherebbe riconsegnarsi al commissariamento della Troika e abbiamo già abbondantemente dato. Che fare dunque? 

Il premier ha indicato la riforma elettorale come prima e prioritaria su tutte le altre: si voti quella, al più presto, dando seguito al patto Pd-Forza Italia. Poi Renzi faccia il vero gesto rivoluzionario: prima di finire inghiottito dall’altra metà della palude, quella insidiosa e pericolosa che traffica sott’acqua, si consegni al corpo elettorale. E a quel punto vinca, davvero, il migliore.

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Giorgio Mulè