Ma che tristezza: il governo ci spegne la luce (e la speranza)
Invece di tagliare pensioni d'oro e privilegi, varato il risparmio energetico nelle città senza curarsi delle conseguenze su sicurezza, turismo... e umore
Ma che tristezza. Ci spengono i lampioni nelle strade, gli edifici pubblici, i monumenti. Siamo all’economia di guerra, al buio dell’anima. A “l’ultimo spenga la luce”. All’oscuramento. All’oscurantismo economico. L’unica nota luminosa è il ritorno ai divertimenti del buon tempo antico: mosca cieca, il gioco del buio, contare le stelle, lanterne di lucciole (senza più lucciole).
Stiamo sul malinconico spinto. In fondo al tunnel non c’è luce, al massimo ce n’è una “affievolita”, secondo l’urticante eufemismo degli estensori dell’ultima "manovra" del governo. Ci stiamo dentro, al buio. Che poi a cosa servirà, se il risparmio energetico sarà neutralizzato dalle spese per incidenti stradali e aggressioni. Una delle prime misure adottate a New York da Rudy Giuliani fu il potenziamento della pubblica illuminazione: sparare la luce sulle strade, specie quelle deserte. Quelle defilate. La luce sulle facciate delle case, per inquadrare gli arrampicatori delle colonne del gas e delle scale antincendio. La luce nei quartieri residenziali e in quelli degradati. E ora, invece del biblico Fiat Lux, il depressivo Fiat tenebra. E l’Isaia dei salmi penitenziali (“Il diritto si è allontanato da noi e non ci raggiunge la giustizia. Speravamo la luce e ecco le tenebre, lo splendore, ma dobbiamo camminare nel buio”).
Ci dicono che i risparmi saranno fino a un miliardo di euro l’anno. Una quisquilia rispetto a quello che ci vorrebbe. Prima di spegnere le luci, forse, sarebbe stato meglio intervenire sui privilegi, portare alla luce la condizione intollerabile (per noi, non per loro) di quanti ancora possono contare su doppie e triple pensioni, su baby pensioni e pensioni d’oro che nessuno nel governo ha voluto “affievolire”, o sulle indennità maturate all’ombra del potere politico. C’è una forma d’insensibilità “filosofica” che rende ciechi i tecnici davanti al rischio del ripiegamento nel buio di una sfiducia totale, della cupa rinuncia. Il coprifuoco c’è in guerra, c’era piuttosto di recente nella ex Jugoslavia, c’era nella miseranda Romania di Ceausescu, c’era nel Kuwait appena liberato dagli americani ma invaso dal fumo dei pozzi in fiamme.
Una sana economia di risparmio energetico passa attraverso l’educazione, che nessuno ci ha mai dato a scuola né dopo, né adesso né mai. Passa attraverso il senso della comunità e del rispetto per gli altri, che in Italia non si è mai acceso. Passa per la ricerca, l’innovazione tecnologica, la competizione dei progetti in base al valore intrinseco, quindi al merito (questo sconosciuto).
Qualche Comune ha già cominciato a “affievolire” i suoi lampioni, a diminuire le ore di luce (artificiale). Le vittime di questo risparmio (a fronte di nessuna parsimonia su consulenze d’oro, assunzioni e appalti clientelari) sanno bene che cosa significhi tornare la notte a casa lungo strade oscurate, attraversare su strisce invisibili, tremare all’idea che nessuno ti potrà vedere se “col favore del buio” sarai aggredito, derubato, stuprato. E poi, che cosa diranno i turisti davanti alle facciate in ombra del Duomo di Milano, di Palazzo Ducale, di Ponte Vecchio o della Fontana di Trevi?
Ma questi tecnici lo sanno che cos’è una strada buia in una città a rischio? Va bene che l’Italia è nel cono d’ombra di un’Europa spenta, ma ci sarà pur qualcuno a tenere accesa una fiammella di speranza che non sia la candelina cimiteriale delle sagrestie tecniche?