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ANSA/ANGELO CARCONI
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Gli affari privati e i problemi di tutti

Nulla in contrario alle nozze gay. Ma l'attenzione alle unioni civili rischia di distrarre chi ci governa dai veri problemi del Paese

Sul tema delle unioni civili, sul riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali e sulle adozioni questo giornale ha preso una posizione chiara oramai tre anni fa con una copertina il cui titolo era "Nozze gay: questo matrimonio s'ha da fare". Scrivemmo che era giunto il momento in cui l'Italia avrebbe dovuto emanare "finalmente una legge" nella quale fossero equiparati i diritti di una coppia convivente non sposata a quelli di una legata dal matrimonio. Con la stessa chiarezza aggiungemmo che sulle adozioni ci sembrava difficile accettare il diritto di una coppia gay ad adottare un figlio "non per pregiudizio, ma soltanto perché in questo caso deve prevalere il diritto di un minore (in quanto totalmente indifeso) che non è libero di scegliere a chi essere affidato. Per questo, soltanto per tutelarlo,è meglio privilegiare l'adozione di una famiglia tradizionale fatta da madre e padre: con due sensibilità diverse che completano a vicenda la crescita di un figlio".

Questo pensava Panorama nel 2013 e questo pensiamo oggi quando, con colpevole ritardo, la legge è arrivata al voto.

Ciò che però colpisce è la constatazione che il livello di attenzione dedicato alle unioni civili abbia sostanzialmente oscurato alcune questioni urgenti e centrali per il nostro Paese. Prendiamo il caso delle banche e della riforma del credito cooperativo che, ancora una volta, viene deviata da palazzo Chigi sui binari del tornaconto di amici e famigli. In questa nebbia si è inoltre smarrito l'andamento del prodotto interno lordo. È stato certificato che nell'ultimo trimestre del 2015 il Pil è cresciuto dello 0,1 per cento con un risultato finale dello 0,6, meno rispetto alle aspettative del governo che aveva baldanzosamente previsto un +0,8 per cento. In soldoni significa una mancata crescita di circa 3 miliardi di euro. E sono denari che bisognerà far saltare fuori da qualche parte per far quadrare i conti dello Stato. Sono così iniziate le danze per le nuove tasse con il goffo tentativo di aprire un dibattito sulle pensioni di reversibilità o con il solito "fioretto" sul contenimento della spesa pubblica (spending review). Sulla reversibilità è stata fatta marcia indietro, sulla spending è dimostrata negli anni la totale incapacità dell'esecutivo di dare concretezza ai buoni propositi (nel 2015 Renzi si impegnò per 20 miliardi, ne sono arrivati 6...).

Nel frattempo l'economia ha tirato il freno e la Borsa italiana in particolare ha registrato un tracollo del 25 per cento da inizio d'anno. All'orizzonte non c'è nulla di buono, considerato anche che la nostra manovra economica poggia sulla concessione da parte dell'Unione europea di accumulare altro deficit. Un ultimo dato, alla luce dello tsunami finanziario ed economico, dovrebbe far riflettere e spingere tutti a concentrarsi sul tema della crescita. Oggi sappiamo che nel 2015 il pil ha avuto nei quattro trimestri questo andamento: +0,4, +0,3, +0,2, +0,1. Con il 2016 cominciato come sappiamo e con questo andamento decrescente davvero sono ancora valide le previsioni sul pil? Piuttosto che pensare a farsi gli affari propri, a palazzo Chigi farebbero bene a preoccuparsi per i problemi di tutti noi. Prima che sia troppo tardi.

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Giorgio Mulè