Gemellaggio Milano-San Pietroburgo: Pisapia, che aspetti?
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Gemellaggio Milano-San Pietroburgo: Pisapia, che aspetti?

Vi ricordate quando il presidente Ford nel 1976 in un confronto televisivo con lo sfidante democratico Jimmy Carterebbe a dire che polacchi, iugoslavi e rumeni non si sentivano in alcun modo assoggettati all’URSS? “Non c’è alcuna dominazione dell’URSS sull’Europa …Leggi tutto

Vi ricordate quando il presidente Ford nel 1976 in un confronto televisivo con lo sfidante democratico Jimmy Carterebbe a dire che polacchi, iugoslavi e rumeni non si sentivano in alcun modo assoggettati all’URSS? “Non c’è alcuna dominazione dell’URSS sull’Europa orientale, e non ci sarà mai sotto un’amministrazione Ford”, sentenziò. Bene, quella uscita infelice gli costò la rielezione. Noi italiani invece siamo notoriamente più indulgenti con i nostri rappresentanti. Non ci scomponiamo se un già ministro della Giustizia solidarizza con la manifestante che inneggia alla morte della Ministra del lavoro in carica, neppure se strizza l’occhiolino ai “compagni” comunisti siriani complici della carneficina impunemente condotta da Assad. Forse è lo spirito cattolico a renderci così indulgenti con noi stessi e con gli altri, chissà.

Il gemellaggio tra Milano e San Pietroburgo comincia nel lontano 1967. Il 29 febbraio scorso il Parlamento della seconda città russa ha approvato una legge che vieta la “propaganda della cultura omosessuale“. In particolare, la legge promossa da Russia unita, il principale partito di centrodestra, in nome della tutela dei minori vieta la distribuzione di materiale informativo sanzionando i trasgressori con multe che vanno da 130 euro nel caso di semplici cittadini fino 13mila euro se risultano coinvolte associazioni e organizzazioni no profit. Per capire i toni tolleranti dei promotori e le dotti basi scientifiche, pensate che nel corso di un’audizione pubblica promossa dai sostenitori alcuni sedicenti “esperti” hanno avanzato miti proposte come i trattamenti sanitari obbligatori o, in alternativa, l’isolamento per gli omosessuali. Durante il dibattito in aula invece si è arrivati a definire i gay “subumani”, applausi a gogo.

La legge in vigore ha già colpito decine di persone. La libertà di coscienza e di manifestazione vengono negate per legge. E non c’è da sperare in un aggiustamento presso la Corte costituzionale russa, che lo scorso gennaio ha sancito la legittimità costituzionale di una legge simile approvata dalla città di Ryazan.

Sennonché Milano è gemellata con San Pietroburgo, non con Ryazan. E a ritenere inopportuna questa alleanza sono un folto numero di intellettuali e attivisti per i diritti degli omosessuali, in testa l’associazione radicale Certi diritti, che insieme al consigliere comunale Marco Cappato ha predisposto una mozione per revocare tale gemellaggio. La mozione è stata depositata il primo marzo scorso. Perché il sindaco Pisapia la tiene in un cassetto? Che cosa si aspetta ad approvarla?
Per accelerare i tempi, diciamo così, Certi diritti ha deciso di lanciare una campagna in occasione del quarantacinquesimo anniversario della firma di quel gemellaggio. Hanno già aderito all’iniziativa personalità come Moni Ovadia (che su youtube spiega le ragioni della battaglia), Lella Costa, la Compagnia dell’Elfo e molti altri.

Che dire? Speriamo che Pisapia se la cavi, non gli auguriamo una gaffe à la Ford. Il diavolo è  nei dettagli, meglio ricordarselo di questi tempi.

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Annalisa Chirico

Annalisa Chirico è nata nel 1986. Scrive per Panorama e cura il blog Politicamente scorretta. Ha scritto per le pagine politiche de "Il Giornale". Ha pubblicato "Segreto di Stato – Il caso Nicolò Pollari" (Mondadori, pref. Edward Luttwak, 2013) e "Condannati Preventivi" (Rubbettino, pref. Vittorio Feltri, 2012), pamphlet denuncia contro l’abuso della carcerazione preventiva in Italia. E' dottoranda in Political Theory a alla Luiss Guido Carli di Roma, dove ha conseguito un master in European Studies. Negli ultimi anni si è dedicata, anche per mezzo della scrittura, alla battaglia per una giustizia giusta, contro gli eccessi del sistema carcerario, a favore di un femminismo libertario e moderno.

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