Meno caserme, più soldati: così cambierà la Difesa con il piano Renzi
Paracadutisti della Brigata Mobile e del Col Moschin in addestramento. Foto Ansa
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Meno caserme, più soldati: così cambierà la Difesa con il piano Renzi

"Le Forze Armate devono essere ripulite dalla palude di militari-burocrati". Le prospettive del settore secondo il generale Costantino, ex comandante della Brigata Paracadutisti Folgore

In Italia ci sono 450 caserme ma ne basterebbero 15. Gli attuali costi di gestione sono insostenibili e oggi non riusciamo a fare fronte alle spese per tenerle in funzione e spostare mezzi e personale in giro per l’Italia. A pronunciare queste parole è stato il Capo di Stato Maggiore, Claudio Graziano nel novembre 2012. Circa due anni fa. Claudio Graziano, generale dell’esercito, in passato al comando della missione per la pacificazione del Mozambico nel 1992, quella  per la Nato a Kabul nel 2005 e quella in Libano  dal 2004 al 2007, all’epoca fu ancora più preciso: La dismissione di 450 caserme potrebbe dare risorse pari nel tempo a 4-5 miliardi di euro e creare un’occasione di sviluppo per il Paese”.

A distanza di poco più di quindici mesi, il neo Ministro della Difesa Roberta Pinotti, parla nuovamente di razionalizzazione dei costi, chiusura delle caserme e vendita di immobili inutilizzati. “Il ministero della Difesa è pronto a fare la sua parte per i risparmi e la spending review, in particolare a tagliare il personale e a chiudere 385 caserme, per poi vendere gli immobili- spiega il ministro Pinotti - entro un mese arriverà in Consiglio dei ministri anche un provvedimento ad hoc e in contemporanea sarà allestita una task force attiva 12 ore al giorno per dare risposte a enti locali e privati interessati dalla vendita degli immobili”.  

Generale Piero Costantino, ex comandante della Brigata Paracadutisti Folgore, le forze Armate italiane sono presenti in numerose missioni all’estero. Questa razionalizzazione come cambierà la difesa del nostro Paese in ambito geo-strategico?
“Le Forze Armate sono lo strumento politico internazionale delle mani del Governo e sono lo specchio delle ambizioni della politica e quindi dello stesso Governo. Non investire nelle Forze Armate significa non avere ambizioni a livello internazionale. Investire non vuol dire solamente stanziare fondi ma anche operare cambiamenti che possono coincidere anche con razionalizzazioni e tagli. Forse è importante chiedersi: qual è stato il livello di ambizione internazionale dell’Italia negli ultimi 25 anni? Direi molto scarsa. L’Italia ha partecipato, nell’ultimo ventennio,  alle missioni internazionali  non perché fosse convinta dell’importanza delle operazioni ma solamente per le pressanti richieste provenienti da organi internazionali e da partner di primaria importanza. Purtroppo, nonostante la razionalizzazione o ottimizzazione necessaria della ‘macchina’ delle Forze Armate, in Italia manca la lungimiranza e l’ambizione politica. Così è stato in passato ed è in questo momento. Dunque, la difesa del nostro Paese non cambierà affatto in ambito geo-strategico perché non è cambiata la mentalità e il livello di ambizione del nostro Paese”    

Il ministro Pinotti ha spiegato che è necessario riscrivere un nuovo Libro Bianco. Considerando gli sviluppi politico militari dei Paesi del nord Africa  e  dunque l’importanza crescente del bacino del Mediterraneo a livello mondiale, di che tipo di Difesa avrà bisogno il nostro Paese?
“Di una difesa “preventiva”. Il Mediterraneo è da sempre un luogo strategico e adesso più che mai è un bacino ad elevata instabilità dovuta ai cambiamenti politico-militari che sono in atto nei paesi del nord Africa, quindi è necessario che l’Italia possa svolgere al meglio il ruolo che ormai da anni sta svolgendo ovvero quello di avere un ruolo fondamentale nella stabilizzazione di quest’area. La razionalizzazione anticipata dal Ministro non può che fare bene alle Forze armate perché andrà a ‘ripulire’ quella palude impiegatizio-burocratica che è presente al suo interno e che grava fortemente su tutta la struttura. Sono necessari i militari, non gli apparati costosissimi che siedono negli uffici”  

La ‘razionalizzazione’ riguarderà non solo gli uomini anche gli armamenti. Al centro dell’interesse del Governo l’acquisto degli F-35 e non solo. Quanto inciderà in termini di “sicurezza” questo piano di razionalizzazione?
“Inciderà sicuramente sull’acquisto degli armamenti ma non sarà niente di drammatico e di drastico. Le operazioni che verranno svolte nei prossimi anni non vedranno, presumibilmente, i nostri militari impegnati in guerre come quella che si potevano ipotizzare fino agli anni Ottanta  ovvero tra due blocchi contrapposti, ma solamente in un ruolo di difesa preventiva. Quindi gli armamenti attuali sono più che sufficienti per svolgere appieno la difesa del nostro Paese. E’ inutile rincorrere le ultime tecnologie come vorrebbe l’Aeronautica e la Marina Militare, chiedendo al Governo investimenti in aerei di ultima generazione e navi di superficie e sottomarine se poi non vi è il coraggio, da parte del Governo, di utilizzarle perché manca l’ambizione .  Quando in Afghanistan si sparava e chiedevamo l’utilizzo degli aerei per proteggere i nostri militari,  al Governo dell’epoca è mancato il coraggio di utilizzarli. Quindi, mi domando che senso abbia investire milioni di euro in tecnologie che non saranno mai usate”  

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Nadia Francalacci