Finmeccanica, Luttwak: Ci vuole realismo, non manette
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Finmeccanica, Luttwak: Ci vuole realismo, non manette

Da Panorama in edicola il 21 febbraio L’affaire Finmeccanica ripropone un quesito: è possibile concludere affari internazionali senza pagare commissioni più o meno opache? L’economista Edward Luttwak conosce bene la realtà indiana, l’attuale ministro della Difesa A.K. Antony lo ha …Leggi tutto

Da Panorama in edicola il 21 febbraio

L’affaire Finmeccanica ripropone un quesito: è possibile concludere affari internazionali senza pagare commissioni più o meno opache? L’economista Edward Luttwak conosce bene la realtà indiana, l’attuale ministro della Difesa A.K. Antony lo ha reclutato in un brain trust di studiosi internazionali per supervisionare l’applicazione di un pacchetto di riforme anticorruzione. Secondo Luttwak, in determinate aree del mondo le cosiddette “tangenti” sono l’unico modo per entrare in mercati ricchi ma corrotti. L’alternativa è restarne esclusi.

Professore, i compensi per agenti locali e mediatori sono da qualificarsi come “tangenti”?

Nella maggior parte dei casi i mediatori non fanno alcun tipo di mediazione. Il mediatore locale è una figura inventata perché di fatto è colui che raccoglie le tangenti per il principe. Non svolge alcun servizio e naturalmente pretende una percentuale sulla somma da consegnare al destinatario.

In quali aree del mondo le “mance” sono una via obbligata?

In molti Paesi. L’unico luogo però dove insieme alle tangenti ci sono anche molti soldi è il mondo arabo. Nel settore degli armamenti gli americani non pagano tangenti perché concludono contratti “GtoG” (“Government to Government”), col risultato che nei Paesi arabi non c’è il venditore americano, ma il BoeingF15, per esempio, è venduto all’Arabia Saudita dall’ufficio della forza aerea americana stanziata in quel Paese. Gli europei sono entrati in questo mercato proprio perché pagano tangenti, altrimenti i Paesi arabi interessati ad avere la protezione militare americana comprerebbero quasi esclusivamente dagli Stati Uniti.

Il caso Finmeccanica è scoppiato in India. Anche lì si vende solo con tangenti?

In India non c’è alcun bisogno di pagare tangenti, ma occorre velocizzare la lentissima macchina burocratica. La legge non consente di inserire delle commissioni nel contratto commerciale. Si pagano fees agli agenti locali che si occupano dei numerosi adempimenti burocratici. Del resto, conviene di più assumere un gruppo locale – riconoscendo dei compensi modesti, non certo milionari – piuttosto che caricare l’ufficio Finmeccanica a New Delhi di mille ulteriori addetti.

L’India però non è stata esente da scandali per corruzione. Il caso Bofors, che colpì persino il primo ministro Rajiv Gandhi, è ancora impresso nella memoria collettiva.

Proprio sulla scorta di quegli episodi l’India ha avviato una profonda svolta. L’attuale ministro della difesa, ribattezzato “Saint Antony”, si è avvalso anche di consulenze internazionali di alto livello per riformare la burocrazia nazionale. Oggi ai funzionari è persino vietato partecipare anche solo a una colazione senza pagare il conto. Molte donne sono state inserite nell’alta burocrazia.

Tornando a Finmeccanica l’India ha cancellato i contratti per i 12 elicotteri Agusta.

I contratti non sono stati cancellati ma sospesi, nel frattempo gli indiani stanno acquisendo elementi di conoscenza sull’accaduto. Quel che è certo è che, se tangenti sono state pagate, non sono arrivate né al ministro né al viceministro . Le avranno intascate persone esterne senza influenza sull’acquisto.

L’inchiesta su Finmeccanica si inserisce in una sequela di iniziative giudiziarie che hanno colpito nel profondo il tessuto industriale italiano.

Ho notato la spregiudicatezza di diverse operazioni. Mi riferisco al caso Eternit: la tragedia dell’amianto non colpì solo l’Italia, ma soltanto in Italia un’intera industria è stata criminalizzata. Penso alle accuse di omicidio nei confronti dei vertici della Thyssenkrupp, al caso Ilva e naturalmente all’Eni. Le assicuro che all’estero si rimane esterrefatti di fronte a certe esorbitanze giudiziarie. Tutti sanno, per esempio, che non è possibile operare in Algeria senza pagare mance al colosso pubblico Sonatrach.

Quali sono gli effetti invisibili di questa carrellata giudiziaria?

A parte il forte impatto economico, c’è un effetto disincentivante per gli investitori esteri impauriti dall’arbitrio e dalla volatilità della giustizia italiana. Ne consegue poi un gravo danno di reputazione per imprese che devono competere su mercati internazionali, si insinua l’idea di una presunzione di colpevolezza verso gli italiani: se ce la fanno è perché hanno pagato. Si può decidere, come ha fatto il Giappone, di esportare tutto tranne armamenti. Oppure scegliere la formula americana GtoG. Altrimenti un’impresa come Finmeccanica, per la quale la domanda italiana non basta, deve necessariamente esportare e pagare mance.

E’ vero che in Francia c’è una diffusa tolleranza verso le mance estere?

E’ vero, i francesi si preoccupano esclusivamente di evitare il “back flow”, ovvero che le tangenti tornino in patria a rimpinguare le tasche di funzionari e ministri francesi. Infatti, per i sottomarini venduti al Pakistan, lo scandalo ha investito politici di primo piano accusati di aver intascato retrocommissioni.

Nel Regno Unito invece è l’esecutivo a dettare la linea.

Quando nel 2006 Scotland Yard informò pubblicamente che c’erano prove delle immense tangenti versate dalla British Aircraft Corporation per vendere cacciabombardieri all’Arabia Saudita, il primo ministro Tony Blair annunciò in una conferenza stampa che quell’inchiesta doveva essere interrotta in nome dell’interesse nazionale. Blair disse chiaramente che con gli arabi non è possibile prendersi il lusso di applicare la legge, e fu bersagliato dalle critiche dei moralisti. Negli Stati Uniti sarebbe stato impossibile  perché il ramo giudiziario è nettamente separato dall’esecutivo.

Quali sono le pene negli Stati Uniti?

In base al “Foreign Corrupt Practices Act” l’azienda che paga mance è sanzionata con multe per corruzione e per il necessario falso in bilancio. Le persone, che materialmente prendono parte o sono anche solo al corrente della condotta illecita, pagano con la prigione dai cinque anni in su, e ci vanno il giorno dopo la pronuncia della sentenza di condanna.

In Italia invece è più facile finire in galera prima del processo. L’ex presidente diFinmeccanica Giuseppe Orsi è stato tra i protagonisti di una vera e propria retata nazionale.

Queste persone  dovrebbero essere portate dinanzi a un magistrato e dovrebbero poter pagare una cauzione per tornare a casa. Tenerli dentro è una forma di tortura giudiziaria. Non mi risulta che Orsi vada in giro a uccidere. Le presunte prove sono contenute in grandi strutture burocratiche difficilmente accessibili per uno nella sua posizione, e comunque esistono misure meno invasive in grado di controllare la mobilità delle persone. In Italia invece prevale lo spirito giacobino dei magistrati. Così alla tortura di processi interminabili a causa di magistrati che anziché accelerare rallentano, si unisce la tortura della galera ingiustificata.

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Annalisa Chirico

Annalisa Chirico è nata nel 1986. Scrive per Panorama e cura il blog Politicamente scorretta. Ha scritto per le pagine politiche de "Il Giornale". Ha pubblicato "Segreto di Stato – Il caso Nicolò Pollari" (Mondadori, pref. Edward Luttwak, 2013) e "Condannati Preventivi" (Rubbettino, pref. Vittorio Feltri, 2012), pamphlet denuncia contro l’abuso della carcerazione preventiva in Italia. E' dottoranda in Political Theory a alla Luiss Guido Carli di Roma, dove ha conseguito un master in European Studies. Negli ultimi anni si è dedicata, anche per mezzo della scrittura, alla battaglia per una giustizia giusta, contro gli eccessi del sistema carcerario, a favore di un femminismo libertario e moderno.

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