Femminicidio: "Non vi chiamo uomini, perché non lo siete"
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Femminicidio: "Non vi chiamo uomini, perché non lo siete"

Lettera aperta di Carla Ilenia Caiazzo, scampata alla furia dell'ex, ai maschi che credono di essere proprietari di una donna

L’ultimo caso è stato quello di Vania Vannucchi, uccisa con il fuoco il 4 agosto. Nel 2016 sono state 76 le donne ammazzate da ex compagni o ex mariti. Panorama ha chiesto un commento a Carla Ilena Caiazzo: il 1° febbraio scorso, a Pozzuoli, Carla (38 anni) è stata vittima di un tentativo di omicidio da parte di Paolo Pietropaolo, cui aveva appena annunciato il suo desiderio di chiudere la relazione. Lui l’ha cosparsa di alcol e le ha dato fuoco. La donna, ustionata sul 40 per cento del corpo, era incinta. La sua bambina, Giulia, è stata salvata con un parto cesareo.


Non dimenticherò mai le sue ultime parole prima delle fiamme e dell’inferno: "Fammi vedere, fammi vedere come riderai ancora!". Ricordo soltanto che ho provato a sentire dentro di me la mia bambina, la mia Giulia. È soltanto grazie a lei se sono ancora viva, è solo per lei che non ho ancora smesso di lottare. Oggi la mia anima è ferita più del mio corpo. E ogni volta che sento di un’altra donna innocente che paga con la vita il semplice fatto di aver smesso di amare una persona, non riesco a capacitarmi del perché il non volere più una persona al proprio fianco debba esporre una donna alle pene dell’inferno.
Non vi chiamo uomini, perché non siete uomini.Voi che non sapete amare, proteggere, accudire. Voi che non conoscete neppure la strada della compassione, voi che avete perso tutto e vi è rimasto soltanto l’uso della forza come mezzo di annientamento. Voi che marcite nel vostro stesso odio. Voi che approfittate dell’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni che dura giusto il tempo dell’indignazione, per poi svanire e lasciare spazio al vuoto in attesa della prossima vittima e del prossimo giro di valzer. Leggo spesso che occorre denunciare prima che il mostro entri in azione. Vero, verissimo, ma che succede dopo la denuncia? Chi assiste e protegge la donna che ha trovato il coraggio di ribellarsi? La verità è che la donna viene lasciata sola, abbandonata, in attesa che il mostro si rifaccia vivo molto più cattivo di prima.
Sono sempre di più quelli che assegnano le colpe alla società in cui viviamo. Non sono d’accordo. Perché in questo modo si finisce per assolvere gli unici veri responsabili. Perché di fronte a chi ammazza, sfigura con l’acido il viso di una donna o brucia il suo corpo, non si può e non si deve parlare di società malata. Perché dentro la nostra società ci siamo anche noi donne, e non dobbiamo essere accomunate a persone del genere. Quello che noi abbiamo vissuto sulla nostra pelle non è una questione di umanità, ma di una sua parte che non ha nulla a che vede con il genere umano. C’è un denominatore comune tra chi umilia anche solo verbalmente una donna, chi picchia una donna, chi violenta una donna, chi la uccide, ed è il possesso: sei mia, sei di mia proprietà. E faccio di te quel che mi pare. Mi vuoi lasciare? Io ti anniento. Ma non mi accontento, ti umilio con una dimostrazione di forza e di potere. Infierisco. Non mi basta ammazzarti. Ti devo anche far soffrire.
Che cosa posso dire a questi esseri disumani? Crescete, perché allo stato attuale siete delle mezze persone. Non siete neppure capaci di stare da soli. E dove non vi bastate, infierite, perché avete perso su tutti gli altri campi. Avete perso sul terreno della discussione, dell’intelligenza, del ragionamento, dell’indipendenza. L’unica cosa che vi rimane sono i muscoli. Che cosa posso consigliare a questi esseri inutili? Curatevi? Ammazzatevi prima di fare del male agli altri? A me interessa soltanto che non vi avviciniate più a qualsiasi altra donna del mondo. Perché non mi importa nulla di voi, mi interessa soltanto che non venga fatto altro male a nessun’altra donna. Io intanto guardo Vincenzo, il mio nuovo compagno... e sento che può esserci una speranza per tutte.
Carla Ilenia Caiazzo

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