Expo, una storia italiana
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Expo, una storia italiana

Le dimissioni di Pisapia sono solo l'ultimo di una vicenda iniziata male e (forse) finita peggio

L’organizzazione dell’EXPO 2015 di Milano è la classica storia all’italiana nata male e che, con ogni probabilità, rischia di finire anche peggio. Naturalmente, nessuna persona capace di intendere e di volere e che risieda in questo sventurato Paese può augurarsi anche solo lontanamente una simile iattura. Tuttavia, sia gli indizi che soprattutto i fatti, sembrano portare verso questa triste conclusione.

Per ritrovare l’ultimo giorno in cui si è registrata una buona notizia in merito alla manifestazione, bisogna, addirittura, risalire all’ormai lontano e, potremmo dire anche dimenticato, 31 marzo 2008, data dell’assegnazione dell’evento alla città da parte del BIE (Bureau International Expositions ).

Sono solo quattro anni ma sembra passato un secolo da quando, un po’ come in quelle foto sbiadite che si ritrovano nei cassetti, il sindaco di allora di Milano, Letizia Moratti, Pdl; il Presidente della Provincia, Filippo Penati, centrosinistra; il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, Pdl; il presidente del Consiglio, Romano Prodi, Centrosinistra, sventolando il tricolore, cantavano vittoria per la straordinaria conquista dopo una sfida all’ultimo sangue con la temibile avversaria turca, Smirne. Gli ottomani di casa nostra erano riusciti nell’impresa di respingere l’assalto dei veri Ottomani. Scene di giubilo e dichiarazioni roboanti tipo: “Con il gioco di squadra si vince”, e altre amenità di questo tipo che, come al solito, vengono rispolverate ogni qualvolta in Italia si riesce a portare a termine qualcosa di normale.

Dei protagonisti sorridenti di quell’immagine è rimasto il solo Formigoni, ultimo immarcescibile e inossidabile speranzoso di portare concludere la missione un po’ come il pianista sul Titanic. Di tutti gli altri si è persa ogni traccia avendo abbandonato la nave per tempo, chi per un motivo chi per un altro, prima che questa affondasse. Sulla resistenza del Celeste al timone dell’EXPO, però, sono in molti pronti a scommettere sulla sua breve durata.

Finita l’ubriacatura iniziale dovuta alla strepitosa vittoria, sono cominciate le polemiche e, soprattutto, è iniziata l’interminabile scia di dimissioni da parte di tutti coloro che hanno avuto a che fare con il progetto.

Archiviato il governo Prodi ed eletto il governo Berlusconi il primo a saltare è stato il manager Paolo Glisenti, voluto dalla Moratti come amministratore delegato, e che aveva contribuito alla vittoria, ma costretto a dimettersi dopo meno di un anno perché non gradito al nuovo esecutivo che nel frattempo aveva vinto le elezioni. Al suo posto viene nominato l’ex ministro dell’Innovazione Lucio Stanca che decide di fare le cose in grande. Sede della società al Palazzo Reale, mega stipendio e doppio incarico, parlamentare e amministratore delegato. Polemiche infinite, attacchi da destra e da sinistra fino all’esautorazione formale dall’incarico da parte della presidente della società, EXPO S.p.A., Diana Bracco. Durata dell’incarico 14 mesi e dimissioni a giugno 2010 con queste parole: “Un’improvvisa e infondata contestazione del mio operato e quindi una manifestazione del venir meno della fiducia della società nei miei confronti”.

Come diceva Gino Bartali l’è tutto da rifare. Dopo appena due anni si deve ricominciare da capo e trovare una persona che riesca a guidare questa complessa macchina. Passano pochi giorni dall’abbandono di Stanca e viene nominato dal consiglio di amministrazione della società Giuseppe Sala, manager rispettabile e stimato da tutti. Ma i problemi per l’EXPO non finiscono anzi. Trascorrono altri dodici mesi e a Milano si svolgono le elezioni. A uscire vincitore è il centrosinistra guidato da Giuliano Pisapia. Il 14 giugno la Moratti rassegna le proprie dimissioni da commissario dell’EXPO. E, siccome noi viviamo in un Paese veramente strano, ecco che invece di risolvere i problemi preferiamo raddoppiarli e così i primi di agosto vengono nominati due commissari: Giuliano Pisapia e Roberto Formigoni. Come in un film già visto le dichiarazioni da parte di tutti sono a dir poco bibliche “nutriremo il pianeta”.

La vicenda è diventata, però, come uno tsunami che tutto travolge e tutto distrugge. E’ la volta dell’assessore alla cultura Stefano Boeri con delega proprio all’EXPO. A novembre del 2011, infatti, è il suo turno. Dopo una forte polemica per alcune decisioni del sindaco e commissario Pisapia, quest ultimo decide di sottrargli la delega dell’evento. Nel frattempo in Italia è arrivato un nuovo governo, è quello dei tecnici guidato dal prof. Mario Monti che ha il compito di far quadrare i conti. Se prima con Tremonti non era arrivato un euro, ora con il prof. Monti l’impresa diventa ancora più ardua, anzi impossibile e infatti non si vede il becco di un quattrino. Fatto sta che l’ennesimo commissario, Giuliano Pisapia, decide di rassegnare le dimissioni.

Questo è solo quello che ha riguardato le nomine dei vertici, non considerando tutto il resto come la questione dell’organizzazione vera e propria a cominciare dalla scelta del sito, dall’acquisto dei terreni, dalle spese di gestione e chi più ne ha più ne metta.

Mancano meno di tre anni all’inaugurazione e il rischio di assistere a una “fiera campionaria con qualche tocco di etnico” come aveva sostenuto il presidente del consiglio comunale, Basilio Rizzo, nel novembre scorso si fa sempre più concreto.

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Sabino Labia

Laureato in Lettere all'Università "Aldo Moro" di Bari, specializzazione in "Storia del '900 europeo". Ho scritto tre libri. Con "Tumulti in Aula. Il Presidente sospende la seduta" ho raccontato la storia politica italiana attraverso le risse di Camera e Senato; con "Onorevoli. Le origini della Casta" ho dato una genesi ai privilegi dei politici. Da ultimo è arrivato "La scelta del Presidente. Cronache e retroscena dell'elezione del Capo dello Stato da De Nicola a Napolitano" un'indagine sugli intrighi dietro ogni elezione presidenziale

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