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Black bloc: perché ha fallito il nostro apparato di sicurezza

Si sapeva da settimane che gli antagonisti europei avrebbero scatenato la guerra contro Expo: ma politica e magistratura hanno guardato dall'altra parte

Per Lookout news

In America li chiamano “gli esperti del lunedì”, intendendo con questo termine i commentatori improvvisati che analizzano le partite di football americano col senno di poi. Il termine è naturalmente dispregiativo, essendo lapalissianamente troppo facile analizzare un evento dopo che questo è avvenuto. Il problema principale dei disordini di Milano del primo maggio 2015, è consistito proprio nel fatto che c’erano tutti gli elementi a disposizione degli inquirenti per prevedere nel dettaglio cosa sarebbe accaduto, e ciò molto tempo prima che l’evento si verificasse.

 Nei primi giorni di aprile, Lookout News scriveva in proposito: “Nel mese di marzo il livello di attività dell’anarco-insurrezionalismo italiano ha registrato un netto decremento rispetto ai mesi precedenti. Esiste la concreta possibilità che la stasi operativa sia dovuta a una fase di riorganizzazione clandestina che il movimento antagonista italiano, in collegamento con altri gruppi europei, avrebbe avviato in vista dell’inaugurazione dell’Expo di Milano che aprirà le sue porte il prossimo 1 maggio. La presenza a Milano il giorno dell’inaugurazione, di decine di capi di stato stranieri e la visibilità mondiale dell’evento potrebbero essere ritenute dagli antagonisti la vetrina ideale per provocare disordini e violenze”.

 Non serviva la scienza. Bastava anche solo leggere i principali siti antagonisti, come ad esempio Informa-azione.info, per capire che la galassia antagonista europea si stava preparando molto disciplinatamente a fare quel che hanno fatto il primo maggio, e cioè a mettere a ferro e fuoco Milano e a tentare di rovinare (se non di impedire) l’inaugurazione dell’Expo.

 Per tradizione consolidata, i terroristi e gli eversori non dicono in anticipo cosa faranno, ma spesso ci spiegano con largo anticipo cosa hanno intenzione di fare. Lungo tutto il 1977, le Brigate Rosse scrissero di voler “attaccare, colpire, liquidare la Democrazia Cristiana, asse portante della ristrutturazione dello Stato e della controrivoluzione imperialista” finché, nel marzo del 1978, in coerenza lineare con questa affermazione, rapirono e poi uccisero il presidente della Democrazia Cristiana.

 

Cosa si poteva fare nelle settimane precedenti
Per questo, oggi non sembra più opportuno analizzare cosa è stato o cosa non è stato fatto il primo maggio durante gli scontri, mentre è importante capire cosa non è stato fatto nelle settimane precedenti. Non convincono le teorie del governatore della Lombardia, Roberto Maroni, secondo il quale occorreva chiudere le frontiere italiane, sospendendo Schengen, il giorno in cui s’inaugurava un’esposizione universale aperta a tutto il mondo. Questo sarebbe stato un non-sense per la natura stessa dell’evento. Dire invece che si potevano prevenire le devastazioni bloccando i soliti noti italiani e i loro compagni transalpini nei giorni precedenti, è invece tutta un’altra cosa.

È mancato, infatti, un sistema di prevenzione globale e in questa defaillance una parte della colpa non può non essere ascritta anche a quello che il Corriere della Sera ha descritto come un inceppamento nell’ingranaggio del sistema giudiziario: “Davanti al giudice, il ragazzo (fermato con alcool, torcia per segnalazioni e la mazza da baseball, ndr) sostiene di essere solo un «artista». Il magistrato gli crederà. È su storie come questa che s’è inceppato il contrasto preventivo all’«attacco» del Primo maggio” scrive il giornale di Via Solferino.

 

Il riferimento è ai magistrati milanesi che hanno rifiutato l’espulsione di quei black block stranieri con precedenti penali, fermati dalla polizia e trovati in possesso di tutto il corredo tipico della guerriglia urbana. Credere che in quella circostanza dei passamontagna servissero davvero a evitare “le irritazioni cutanee prodotte dall’uso prolungato degli spray”, non solo è parso stridente con la realtà, ma potrebbe addirittura aver convinto alcuni agenti di polizia dell’inutilità di fermare, perquisire e bloccare i black block nei giorni precedenti la manifestazione. Con il risultato che le maglie della sicurezza si sono ulteriormente allentate, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

 

Il ruolo della polizia
Per circa un’ora, lungo un tratto di strade milanesi, qualche centinaio di violenti si è scatenato. La polizia li ha controllati a distanza, avendo delle priorità da salvaguardare. Da un lato, consentire al corteo pacifico di manifestare senza problemi e senza essere coinvolto nelle iniziative violente. Dall’altro, scongiurare il pericolo che i black block portassero la guerriglia urbana a Palazzo Marino, alla Scala e in Piazza del Duomo. Da questo punto di vista, la strategia sembra aver funzionato. Ciò che non ha funzionato è stata invece la tutela di case, banche, automobili lasciate sguarnite e alla mercé dei vandali.

 Si è trattato probabilmente di un compromesso, purtroppo per i milanesi al ribasso, che tuttavia sembra aver funzionato se il giorno dopo ventimila cittadini si sono rimboccati le maniche e, invece di protestare contro la carenza dei controlli di polizia, hanno ripulito le strade devastate con la dignità e l’orgoglio cui l’altra capitale d’Italia ci ha fortunatamente abituato.

 

Il ruolo dei servizi segreti
Un altro discorso riguarda l’intelligence. Pur non avendo nessuno di noi accesso ai dossier riservati dei nostri servizi segreti, appare chiaro che gli anarchici e gli antagonisti - provenienti da tutta Italia e da tutta Europa - hanno potuto viaggiare e operare a piacimento, perché dall’interno dei loro gruppi non sono filtrate notizie attendibili. E come mai non sono filtrate? Per la mancanza d’infiltrati.

 Come noto, una rete d’intelligence non si costruisce dalla sera alla mattina: ci vogliono tempi lunghi, collegamenti con i servizi stranieri e molto coraggio operativo. Ma di tutto ciò non si è avuto il minimo sentore e non se n’è vista alcuna traccia. I casi sono due. O non si è voluto agire per una ragione specifica che attiene a una strategia superiore oppure l’intelligence non aveva informazioni a disposizione per mancanza di operativi sotto copertura.

 Al punto che, a due giorni dal caos milanese, ecco cosa scrivono gli antagonisti, ancora su Informa-azione.info, irridendo proprio i servizi di sicurezza: “Poche cose in questo mondo ci fanno ridere così tanto come la scena di tutti quei cittadini milanesi che scendono in strada per ripulire, o come una ragazza che si fa un selfie con una macchina bruciata… ma ogni epoca ha il suo ridicolo, questo il nostro… Insomma avete voluto la vostra festa? La vostra bella inaugurazione? Beh... anche noi. Alla faccia di tutti quelli che si riempiono la bocca di democrazia, infiltrati e violenza. E qui non serve entrare nello specifico. Ancora credete che ci siano gli infiltrati? Ancora credete che questo mondo vada solo sistemato? La democrazia è questa, e prima o poi ci soffocherete dentro. E chi crede che ce ne sia una migliore è ancora più sognatore di chi invece vuole l'insurrezione. Ci vediamo sulle prossime barricate...”.

 Inquietante, vero? Varrebbe la pena di tenerlo a mente, a cominciare dalle autorità, quando sarà il momento di stilare il calendario delle prossime “manifestazioni calde”.

ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Disordini a MIlano il giorno dell'inaugurazione di Expo 2015, Black Bloc all'attacco nella zona di via Carducci, Piazza Cadorna, Via De Amicis, 1 maggio 2015

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Luciano Tirinnanzi