Yemen: i colloqui di pace sono tutti in salita
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Yemen: i colloqui di pace sono tutti in salita

Nonostante il cessate il fuoco stabilito a Ginevra, l'avanzata di Isis e Al Qaeda nel sud del Paese non incontra ostacoli

Per Lookout news

Non sono iniziati con i migliori auspici i sette giorni di cessate il fuoco entrati in vigore in Yemen a partire dalla mattina di oggi, martedì 15 dicembre. L’intesa, raggiunta in Svizzera a Ginevra nell’ambito dei colloqui coordinati dall’ONU tra le delegazioni del governo yemenita del presidente Abdrabbuh Mansour Hadi e dei ribelli sciiti Houthi, è stata infatti preceduta di poche ore da nuovi scontri che rischiano seriamente di compromettere il proseguimento dei negoziati.

 Questa notte la coalizione araba ha infatti dato notizia dell’uccisione di diversi soldati yemeniti e sudanesi e di due ufficiali degli eserciti di Arabia Saudita ed Emirati, le forze del Golfo in prima linea nella guerra contro i ribelli sciiti sostenuti a loro volta dall’Iran e dalle milizie rimaste fedeli all’ex presidente Ali Abdallah Saleh. I soldati sarebbero stati colpiti dal lancio di un razzo in un’area di Taez, provincia strategica situata nella parte sud-ovest dello Yemen, affacciata sullo stretto di Bab el-Mandeb che collega il Golfo di Aden al Mar Rosso.

 Se la notizia dovesse trovare conferme, si tratterebbe di uno degli attacchi più pesanti subiti dalla coalizione negli ultimi mesi, ormai di fatto impantanata in questo conflitto reso ancor più critico dalla presenza sempre più ramificata di cellule di AQAP (Al Qaeda nella Penisola Araba) e Stato Islamico soprattutto nel sud dello Yemen. Tant’è che sono in molti a sostenere che il fresco annuncio della formazione di una nuova alleanza militare islamica da parte di Riad sia da collegare non tanto alla volontà di contrastare in modo più efficace i gruppi jihadisti che controllano aree vastissime di Siria e Iraq, quanto piuttosto all’intenzione di garantirsi ulteriori rinforzi e di chiudere nel più breve tempo possibile la pratica yemenita.

 Nell’insieme questi aspetti pongono pertanto dei forti dubbi sulle sorti di questo accordo. L’unica buona notizia, per il momento, è che all’Organizzazione Mondiale della Sanità sarà consentito probabilmente già nella giornata di oggi di inviare forniture sanitarie e personale medico in alcune aree dello Yemen. Per venire realmente a capo di questo conflitto, che dal marzo scorso ha causato quasi 6mila morti, oltre 27mila feriti e altre decine di migliaia di sfollati, servirà che le trattative in Svizzera producano accordi di ben altra sostanza.

 

La minaccia di ISIS e AQAP in Yemen
Nel conflitto yemenita, da terzo incomodo la componente jihadista è ormai diventata a tutti gli effetti protagonista principale. Lo dimostra la recente uccisione rivendicata dallo Stato Islamico del generale Jaafar Mohammed Saad, che solo due mesi fa aveva assunto la carica di governatore della provincia di Aden. Il suo omicidio, sommato a quelli dell’alto funzionario dell’intelligence yemenita Aqeel al-Khodr e del giudice Mohsen Alwan, sono segnali inequivocabili della graduale perdita del controllo dell’area da parte della coalizione araba.

È difficile decifrare al momento gli equilibri di forze tra ISIS e AQAP (Al Qaeda nella Penisola Araba) ad Aden e in altre province del sud dello Yemen. AQAP al momento controlla parti della vasta provincia sud-orientale di Hadramawt, compreso il capoluogo Mukalla. Mentre cellule di ISIS sarebbero concentrate soprattutto nella città di Aden, nei distretti di Tawahi, Mualla, Dar Saad, Sheikh Othman e Mansura.

Ciò che è certo è che ISIS ha sfruttato l’occasione per attirare i riflettori mediatici internazionali nel momento in cui AQAP ha negato di essere responsabile degli ultimi attentati contro alcune moschee a Sanaa. Ma ciò non basta per avere delle sicurezze sulla reale identità e sulla consistenza delle cellule yemenite che hanno dichiarato di essere affiliate a ISIS.

 Diversi analisti yemeniti sostengono che nell’analisi del fenomeno ISIS in Yemen sia anzitutto fondamentale distinguere ciò che lo Stato Islamico è in Siria e Iraq da ciò che sta emergendo in Yemen. Altri invece si sono spinti oltre dichiarando che ISIS in Yemen potrebbe addirittura essere una copertura utilizzata dall’ex presidente Saleh per creare confusione e colpire più facilmente i lealisti e guadagnare terreno ad Aden.

 Secondo fonti della sicurezza yemenita, citate da Middle East On Line, in Yemen ISIS è invece una minaccia reale. Sia lo Stato Islamico che AQAP starebbero infatti reclutando centinaia di combattenti della Resistenza Popolare che non sono stati integrati nell’esercito e nelle forze di polizia nelle province di Aden, Daleh, Abyan, e Lahj.

 

L’unica buona notizia, per il momento, è che all’OMS sarà consentito già oggi di inviare forniture sanitarie e personale medico in alcune aree dello Yemen

Quella in corso nel sud dello Yemen sarebbe dunque una vera e propria disgregazione delle forze lealiste. Per mandare un segnale di stabilità, recentemente il presidente Hadi è tornato ad Aden – divenuta di fatto capitale del Paese considerato che Sanaa è nelle mani degli Houthi – per visionare di persona le operazioni militari organizzate per riprendere il controllo di Taez. Ma le ultime sue mosse tradiscono un nervosismo sempre più palpabile ai vertici del suo governo. La nomina di cinque nuovi ministri, tra cui l’ex funzionario di Saleh Mohammed Hussein al dicastero dell’Interno, non sarebbe stata concordata da Hadi con il primo ministro Khaled Bahah. E le stesse aperture nei confronti dei movimenti separatisti del sud, con la nomina di Idrous Gasim a nuovo governatore di Aden, appaiono più come una mossa da ultima spiaggia piuttosto che come una scelta di lungo respiro.

 

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