Yemen guerra Arabia Saudita
AFP/Getty Images - 20 giugno 2018
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Guerra Yemen-Arabia Saudita: la battaglia finale

300mila i bambini che rischiano di morire di fame e colera. In campo anche Usa, Francia e Russia

Si sta consumando lo scontro finale tra Arabia Saudita e Yemen, dopo anni di guerra sotto silenzio. Iniziato sull'onda lunga delle primavere arabe ed esploso nel 2015, il conflitto nella penisola arabica sta toccando il suo culmine nella battaglia per la conquista di Hodeidah, roccaforte dei ribelli Houthi che hanno preso il potere in diverse aree del Paese.

Porto strategico sul Mar Rosso, è diventato il campo di battaglia tra gli yemeniti sciiti e le forze governative sunnite, sostenute da una coalizione guidata dall'Arabia Saudita.

Sullo sfondo il più ampio scontro tra Riad e Teheran, che invece appoggia i ribelli in Yemen, e quello più velato tra Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita.

La guerra in corso si inquadra, infatti, in un più ampio teatro di scontro in Medio Oriente, che ha a che fare anche con la guerra in Siria e con gli interessi strategici anche di paesi come Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Russia e Francia.

Il tutto, però, con il rischio di una catastrofe umanitaria di proporzioni immense: sono 300mila i bambini che potrebbero morire sotto i bombardamenti delle forze aeree, di fame o di colera negli scontri intorno a Hodeidah, dove i ribelli Houthi non hanno intenzione di mollare la presa.

L'operazione "Golden Victory"

Dopo aver dato un ultimatum di 48 ore per lasciare la roccaforte sciita, gli Emirati Arabi hanno lanciato un'operazione militare che vorrebbe sancire la caduta dei ribelli Houthi, asserragliati nel porto yemenita di Hodeidah. Lo scontro è in corso, dopo che il leader ribelle Mohammed Ali Al-Houthi, come riferito dalla Reuters, ha "minacciato gli attacchi alle petroliere lungo la corsia strategica del Mar Rosso" .

Inutili i tentativi dell'Onu di evitare lo scontro finale, per scongiurare la morte di migliaia di civili intrappolati nella città. L'inviato delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, aveva proposto di istituire un "controllo neutrale" sulla città portuale, l'unico punto di arrivo di aiuti umanitari e beni di prima necessità per una popolazione già stremata da anni di conflitto.

La catastrofe umanitaria

Ad aggravare la situazione, infatti, ci sono malattie come il colera, che hanno decimato gli abitanti di molte zone dello Yemen, causando fughe di massa. La penuria di cibo si aggiunge alle difficoltà provocate dalle offensive militari a cui è strettamente legata.

A soffrire maggiormente sono i bambini: secondo l'Unicef ben 300.000 vivono nella sola città di Hodeidah e "soffrono già da tanto tempo", come spiegato dalla direttrice generale dell'istituzione, Henrietta H. Fore, che ha fatto appello alle forze in campo per proteggere le vite dei più giovani. "Senza importazioni alimentari, una delle peggiori crisi di malnutrizione al mondo non potrà che aggravarsi. Senza le importazioni di carburante, essenziali per pompare l’acqua, l’accesso all’acqua potabile si ridurrà ulteriormente, portando ad un numero ancora maggiore di casi di diarrea acuta e colera acquosa, che possono essere letali per i bambini piccoli" ha esortato la Fore.

Come e quando è iniziata la guerra

La guerra tra Yemen e Arabia Saudita è iniziata nel 2015, quando le forze saudite sono intervenute in territorio yemenita per riportare al potere il governo riconosciuto a livello internazionale e deposto nel 2015 dai ribelli Houti, sciiti. Riad guida una coalizione a maggioranza musulmana di fede sunnita, ma della quale fanno parte anche Egitto, Marocco, Oman e Sudan.

La presenza di Al Qaede in Yemen

Lo scontro nello Yemen è reso ancora più complicato dalle divisioni interne al Paese. Oltre all'area conquistata dagli Houthi e a quella rimasta sotto il controllo delle forze governative, esistono diverse zone dove invece a dominare sono milizie di jihadisti vicini ad Al Qaeda o a gruppi separatisti, specie nel sud del Paese. 

Proprio le forze qaediste continuano a esercitare una forte influenza e a mantenere il controllo di alcuni spazi. Si tratta soprattutto di seguaci del gruppo Aqap, che ha respinto anche i tentativi dell'Isis di infiltrarsi tra i combattenti. Al momento, gli uomini del Califfato si sono infatti limitati a qualche attacco terroristico suicida che ha avuto come obiettivo entrambi gli schieramenti principali opposti in campo.

Il peso dell'Iran

A preoccupare maggiormente, però, è la presenza e il ruolo dell'Iran nel conflitto. Teheran sostiene fin dall'inizio i ribelli Houthi, in chiave anti saudita. La guerra in Yemen, infatti, viene interpretata dagli osservatori internazionali come un campo di battaglia aperto tra Iran e Arabia, da sempre contrapposti.

Da questo punto di vista rappresenterebbe una sorta di estensione della guerra che si consuma da 7 anni in Siria e che vede uno scontro aperto e generale tra sunniti (l'Arabia) e sciiti (Iran).

La posizione di Usa e Russia

Fin dal suo insediamento, Donald Trump ha mostrato preoccupazione per la situazione in Yemen. A destare allarme sono le forze di Al Qaeda nella penisola arabica che rappresentano una minaccia non solo per gli stessi Usa, tramite possibili attentati terroristi sul suolo americano, ma anche per "l'alleato" saudita. Gli Emirati Arabi Uniti a inizio giugno avrebbero chiesto a Washington di aumentare i propri sforzi a supporto della coalizione araba che combatte i ribelli. Secondo il Wall Street Journal sarebbe stato sollecitato persino un intervento militare sul campo nell'offensiva a Hodeidah.

Alla richiesta non è stata data una risposta formale chiara. Secondo indiscrezioni il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, preferirebbe evitare il cosiddetto foot on ground, truppe a terra impegnate nell'assedio e nell'espugnazione del porto e avrebbe optato per incrementare l'utilizzo dei droni.

Se gli Usa si sono spesi nel sostegno contro i ribelli sciiti, soprattutto a supporto dell'Arabia Saudita, una posizione di maggiore cautela è stata mantenuta finora dalla Russia, nonostante Mosca guardi con apprensione al conflitto. Nonostante il timore di una destabilizzazione generale del Medio Oriente, il Cremlino ha evitato un intervento diretto, mantenendo anche una propria rappresentanza diplomatica presso l'ambasciata russa nella capitale yemenita, Sanaa.

L'arrivo delle forze francesi

Nello scontro in corso, che pare sia giunto al suo apice, sono coinvolti dunque anche Emirati Arabi Uniti e, di recente, la Francia. Il condizionale è d'obbligo nel caso di Parigi, perché il ministro della Difesa francese non ha voluto commentare la notizia dell'arrivo di truppe speciali a Abu Dhabi, riportata da Le Figaro. Secondo il quotidiano le truppe d'élite francesi avrebbero risposto ad una richiesta specifica di sostegno giunta proprio dagli Emirati.

La Difesa transalpina, però, si è limitata a smentire un'azione militare nella regione di Hodeidah e a precisare che "è attualmente allo studio un'azione per sminare l'accesso al porto" della località yemenita, da effettuarsi dopo la fine delle operazioni militari saudite di liberazione per "facilitare la consegna degli aiuti alla popolazione civile".

A confermare la missione francese era stato anche un funzionario degli Emirati Arabi Uniti alla Reuters, spiegando che un'analoga richiesta era stata rivolta anche agli Stati Uniti, ma con una risposta "tiepida".

L'attivismo di Parigi è però fuori discussione, come dimostrato dal fatto che il presidente francese, Macron, ha dichiarato di voler ospitare un summit proprio sulla situazione in Yemen, a fine giugno. A presiedere il vertice sarebbe l'Eliseo stesso, insieme però all'Arabia Saudita, a testimoniare la comunanza di interessi strategici nell'area.

Gli equilibri orientali

Di certo la guerra in Yemen è la cartina tornasole di un riassetto (e di uno scontro sotto traccia) nell'area della penisola arabica, con conseguenze anche in Medio Oriente. Lanciata dall'Arabia Saudita, che detiene ancora formalmente la guida delle offensive contro i ribelli Houthi, di recente ha visto gli Emirati Arabi Uniti aumentare il proprio interventismo.

Abu Dabhi sembra mirare, neppure troppo velatamente, a sottrarre la leadership a Riad, per nulla intenzionata a cedere il controllo non solo della coalizione, ma dell'area di influenza nella penisola. Gli appelli degli Emirati Arabi a Stati Uniti e Francia, infatti, perché supportino militarmente l'assedio a Hodadiah, potrebbe avere il secondo fine di accaparrarsi un nuovo porto, nonché punto strategico nel Mar Rosso. Ipotesi che il sovrano saudita Mohammed bin Salman non è intenzionato a lasciare che si traduca in realtà.

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