Turchia al voto: sta per finire l'era del sultano Erdogan?
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Turchia al voto: sta per finire l'era del sultano Erdogan?

Domenica urne aperte ad Ankara e il presidente turco trema. L'opposizione lancia l'allarme sui brogli, nel silenzio dell'Ue

Sta per finire l'era del sultano Erdogan? C'è chi ci spera, come Hasan, un militante del partito Repubblicano CHP, o come migliaia di curdi e non curdi che daranno il loro voto al giovane e brillante Selahattin Demirtas, leader del partito pro-curdo HDP. E c'è chi invece lo teme, come il manipolo di fedelissimi di Erdogan nel partito islamico AKP. La Turchia è spaccata e guarda al voto di domenica 1 novembre come a una possibile svolta. 

Le elezioni di giugno scorso sono state un campanello d'allarme per Recep Tayyip Erdogan e il suo partito. A sorpresa e per la prima volta nella storia del Paese, un partito pro-curdo ha fatto il pieno di seggi in Parlamento arrivando al 14% dei consensi. Il risultato è stato chiaro sin da subito: per la prima volta in 13 anni l'AKP del padre-padrone Erdogan non aveva i numeri necessari a governare. Ecco perché da allora a oggi il presidente turco è sceso in campagna elettorale, ovviamente con i suoi mezzi sporchi.

Ma, alla vigilia del voto che potrebbe cambiare il destino della Turchia, in tanti ci credono nel fatto che il sultano verrà sonoramente punito nel segreto delle urne. E poi cosa succederà?. Andiamo per ordine. Nonostante i sondaggi "governativi" diano il partito di Erdogan in testa con oltre il 40% dei voti, il presidente sa bene che mentono. Sondaggisti da sempre proni al suo potere, che diffondono falsi dati e una falsa realtà. Chi meglio di Erdogan può saperlo? D'altronde, se il presidente turco fosse realmente così certo del successo, non si spiegherebbe il suo pugno di ferro nei confronti dell'opposizione in queste ultime battute della campagna elettorale.

La chiusura di due tv dell'opposizione del gruppo Ipek Media, colpevoli di aver criticato Erdogan e di essere vicine al clerico autoesiliato negli Stati Uniti Fetullah Gulen, che prima ha creato il leader islamico e poi ha cercato di distruggerlo, le ripetute minacce a chiunque osi non incensarlo, gli arresti senza alcun motivo di giornalisti e intellettuali. La Turchia di Erdogan a poche ore dal voto è l'inferno della libera informazione, mentre la polizia presidia i palazzi istituzionali, temendo attacchi da parte di manifestanti per i diritti umani e civili.


Istanbul. Polizia antisommossa circonda il palazzo del gruppo Ipek MediaEPA/DENIS TOPRAK

In una Turchia militarizzata da un Erdogan che teme sempre di più la fine della sua lunga era, i sondaggi reali sono dalla parte dell'opposizione. In molti credono che domenica sera il partito HDP di Demirtas supererà anche l'ottimo risultato di giugno scorso. Qualora il CHP facesse lo stesso, all'interno del Parlamento si potrebbe creare una coalizione tra i due partiti e l'AKP di Erdogan verrebbe messo all'angolo. Per questo il sultano è passato all'attacco, nel silenzio di una colpevole Ue che, per voce di Angela Merkel, gli ha persino regalato dignità democratica nel loro ultimo, contestatissimo incontro.

Gli attivisti e gli oppositori di Erdogan sanno bene che l'ultima mossa del sultano sarà truccare i risultati. Così un noto blogger, Fuat Avni, su Twitter ha pubblicato i nomi dei funzionari che prenderanno parte alle elezioni di domenica e che sono già pronti a mettere in piedi tutta una serie di brogli per portare acqua al mulino del partito islamico. La chiusura dei due canali tv vicini all'opposizione rientrerebbe in un piano di Erdogan per avere la possibilità di truccare in tutta serenità i dati che usciranno domenica sera.

Insomma, l'ultimo campo di battaglia saranno i seggi, dove l'opposizione è pronta a schierare un drappello di "controllori". Città per città, sezione per sezione. Gli anti-Erdogan già sanno che domenica avranno un ruolo importante nel vigilare sulla regolarità del voto. Ma la vera domanda è: se Erdogan venisse sconfitto, cosa succederebbe? In molti sognano il ritorno della Turchia nel consesso delle democrazie europee.

Gli attivisti vedono la luce alla fine del tunnel, ma è anche vero che - pur sconfitto - Erdogan non mollerebbe mai la presa sul potere, e avendo dalla sua le forze di sicurezza, potrebbe scatenare l'inferno. Ne abbiamo già avuto un assaggio a Gezi Park e in altre occasioni. Ricordiamoci sempre che non stiamo parlando di un leader democratico, ma di un dittatorello mascherato da statista, un bullo della politica internazionale che l'Europa e gli Usa hanno commesso il grande errore di blandire, a discapito dei turchi laici e democratici, che da 13 anni denunciano, nell'indifferenza della comunità internazionale, l'instaurazione nel Paese di Ataturk di un feroce regime confessionale. 

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Anna Mazzone