Trump Arabia Saudita
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Trump, i rischi di un'alleanza sunnita contro gli sciiti

La "Nato araba" del presidente potrebbe accrescere la tensione settaria, radicalizzare l'Iran, allontanare la pacificazione di Iraq e Siria

Cosa hanno detto il viaggio e il discorso di Trump in Arabia Saudita?

  • Toni concilianti nei confronti dell'Islam
  • Proposta di un'alleanza contro il terrorismo e l'Iran, una specie di "Nato araba"
  • "Non ci interessa parlare di democrazia"
  • Rischi: l'ostilità degli sciiti; conflitto con Teheran

Realismo politico (ed economico) e addio alla propaganda elettorale

Per Donald Trump, l’Islam è stato soprattutto un argomento di propaganda in campagna elettorale, durante la quale ha usato toni aggressivi, minacciosi e sprezzanti: come complemento alla paura del terrorismo e dell’immigrazione. Ma anche nelle prime settimane della presidenza, con i reiterati ordini esecutivi per fermare i cittadini in arrivo da vari paesi mussulmani “pericolosi” (non l’Arabia Saudita), ha giocato pesante su questi sui fattori.


Robin Wright sul New Yorker, domenica 21 maggio ci ha ricordato come nel dibattito presidenziale in ottobre a Las Vegas Trump avesse attaccato l’Arabia Saudita: “Questa è gente che spinge i gay giù dai palazzi” disse. “Questa è gente che uccide le donne e tratta le donne in modo orribile, eppure voi (riferito ai democratici in generale e a Hillary Clinton in particolare n.d.r.) prendete i soldi da loro”.

"Il nemico sono i terroristi e non l'Islam"

Domenica 21 maggio 2017, invece, davanti a una cinquantina di leader di paesi mussulmani riuniti a Riad, la capitale dell’Arabia Saudita, ha usato una retorica conciliante con l’Islam, cercando di allontanare l'impressione che nella Casa Bianca prevalga la convinzione che si sia dentro un conflitto fra religioni o civiltà.
Il nemico, ha detto Trump a Riad, sono i terroristi. In questo senso, sono state parole simili a quelle usate dai predecessori, Obama e Bush jr: "questa è una battaglia fra criminali barbari che cercano di cancellare la vita umana e le persone pacifiche, tutto in nome della religione". Siamo di fronte, ha aggiunto, a "una battaglia fra il bene e il male".

Trump si è anche preoccupato di evitare l'implicazione che l'Islam e l'estremismo siano sinonimi. Ha parlato di "estremismo islamico", "islamisti" e "terrore islamico di ogni tipo":

"That means honestly confronting the crisis of Islamic extremism, and the Islamists and Islamic terror of all kinds. And it means standing together against the murder of innocent Muslims, the oppression of women, the persecution of Jews, and the slaughter of Christians."

Non ha invece citato il "radical Islamic terrorism," che era una delle sue locuzioni preferite durante la campagna elettorale; anche se gli è sfuggito "islamico" al posto di "islamista" che, riferisce The Hill, era quel che conteneva il testo del discorso preparato.

Nella visione di Trump, insomma, i paesi mussulmani (sunniti) dovrebbero sostenere la stabilità e la moderazione e affrontare in modo militare l'estremismo.

Non importano la democrazia e i diritti civili

In cambio, promette di cementare un'alleanza militare, una specie di "Nato araba", che combatta l'islamismo e contrasti l'Iran e gli alleati sciiti. Trump ha anche promesso di non badare alla democrazia, ai diritti civili e alle difficoltà economiche di parti della società di questi paesi.

Questioni sulle quali invece Obama aveva insistito parecchio, almeno nei discorsi pubblici, irritando e preoccupando non poco gli alleati sauditi e e gli altri autocrati, anche per il diretto sostegno alle primavere arabe e ai processi di liberalizzazione (almeno a parole). Obama si rivolgeva anche alle condizioni di molti giovani spesso isolati dalla disoccupazione (attorno al 30% quella giovanile anche in paesi come l'Arabia Saudita) che diventavano oggetti della radicalizzazione e andavano a ingrossare le file dell'Isis e di Al Qaeda in tutto Medio Oriente.

Affari con le armi

Trump, uomo d'affari, non ha nemmeno provato a nascondere che in questa alleanza gli Stati Uniti dovrebbero guadagnarci la loro parte, vendendo armi, creando posti di lavoro negli Stati Uniti, oltre che in termini di sicurezza. Armi che arriverebbero a prezzi scontati, ha promesso il presidente. Attività alla quale si sta dedicando alacremente il genero Jared Kushner, che dovrebbe convincere la Lockheed ad abbassare i prezzi.

Il rischio di guerra con l'Iran

Le ombre che il discorso proietta sono numerose. La più preoccupante è la scelta di forzare il confronto con l'Iran in tutta la regione, argomento al quale i sauditi - che vedono in Teheran una minaccia alla loro egemonia sulla regione - sono molto sensibili, e quindi compiaciuti.
Questo rende più probabile un vero conflitto armato - per interposti attori già avviato da anni in Yemen, per esempio - e potrebbe complicare la pacificazione dell'Iraq, il raggiungimento di tregue plausibili in Siria.

L'atteggiamento di aperta ostilità nei confronti dell'Iran complica poi la vita ai "moderati" di Teheran, che temono gli Stati Uniti mettano in discussione il trattato nucleare, dando un colpo durissimo all'appena rieletto Rohani. Senza contare il potenziale esplosivo di Hezbollah - alleato dipendente in tutto e per tutto dall'Iran - sempre minacciosamente pronto negli attacchi a Israele e le possibili reazioni di quest'ultimo.

(Fonti: The New Yorker, The Guardian, The Hill)

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Luigi Gavazzi